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Il Matrimonio e Un Cammino di Trasformazione e Comunione

a cura di Fulvio Mulieri

Esplorando la profondità  e affettiva dell’unione coniugale come risposta alla solitudine esistenziale e vocazione alla santità.

Il matrimonio rappresenta una delle esperienze più ricche e complesse della vita umana. Non è soltanto un legame affettivo o un contratto sociale, ma un cammino profondo che abbraccia dimensione ontologica e esistenziali. Esso nasce come risposta alla solitudine dell’essere umano, una solitudine che si radica nella nostra finitezza e nella consapevolezza della separazione ontologica da tutto ciò che ci circonda. In un mondo segnato dal desiderio di relazione e dalla consapevolezza della separazione, il matrimonio si configura come una risposta autentica alla condizione di solitudine, andando oltre il semplice legame tra due individui per trasformarsi in un’esperienza di comunione profonda.

Esso non si limita a essere un semplice contratto tra due individui, ma rappresenta una risposta profonda alla solitudine esistenziale dell’essere umano, una solitudine che affonda le radici nella finitezza umana e nella consapevolezza della separazione ontologica che ogni individuo vive rispetto al mondo e agli altri. L’essere umano è intrappolato in una tensione costante tra il desiderio di relazione e la consapevolezza della propria separazione fondamentale, che lo definisce come un individuo unico e irripetibile. Sebbene cerchi la compagnia degli altri, l’uomo rimane ontologicamente separato dalla loro essenza. Questo tema della solitudine esistenziale è centrale nell’esistenzialismo, dove l’individuo è descritto come un “essere-per-sé”, destinato a vivere un’esperienza di isolamento, incapace di colmare completamente il vuoto che lo costituisce, pur interagendo con gli altri. Jean-Paul Sartre, in particolare, sottolinea che questa separazione ontologica è un aspetto inevitabile dell’esperienza umana. Tuttavia, il matrimonio emerge come una risposta a questa condizione di solitudine, non solo come legame affettivo, ma come via di trasformazione reciproca, destinata a ridurre le distanze tra l’individuo e l’altro, tra l’uomo e l’universo.

In questa prospettiva, il matrimonio si configura come un cammino di trasformazione, un processo che aiuta a superare la solitudine, creando una nuova unità che va oltre il semplice legame affettivo. Esso trascende le limitazioni individualistiche, radicandosi nella visione cristiana che conferisce un significato sacramentale e teologico all’unione coniugale. Come sottolinea San Giovanni Paolo II nella *Familiaris Consortio*, il matrimonio cristiano non è solo un contratto sociale, ma una vocazione che risponde al mistero di Dio e alla chiamata alla santità. In questa ottica, l’amore che unisce i coniugi diventa un segno tangibile dell’amore trinitario che unisce il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Ogni atto d’amore tra i coniugi non è solo un atto umano, ma un riflesso dell’amore divino, eterno e indissolubile, che trasforma la solitudine in una comunione che va oltre l’individualità.

La fedeltà coniugale, secondo questa visione cristiana, non è solo una virtù morale, ma un principio ontologico che garantisce la stabilità della comunione coniugale. Giovanni Paolo II, nella *Teologia del Corpo*, descrive la fedeltà non solo come un atto di resistenza alle difficoltà, ma come una forza che elimina la paura e l’incertezza dalla relazione, permettendo all’amore di prosperare e rinnovarsi. La fedeltà, radicata nella certezza di un impegno che non è solo umano, ma che risponde anche alla fedeltà divina, diventa un atto sacro che riflette l’amore stesso di Dio verso l’umanità. Tale fedeltà rende possibile la sopravvivenza della relazione coniugale alle difficoltà, donando una stabilità paragonabile all’amore di Dio, che è senza fine e sempre capace di rinnovarsi.

La sessualità, nel matrimonio cristiano, assume una dimensione sacramentale che va ben oltre il semplice atto fisico. Essa è una cooperazione con Dio nel portare nuova vita al mondo, non solo come trasmissione biologica, ma come atto sacro orientato al dono di sé e alla procreazione. Giovanni Paolo II, sempre nella *Teologia del Corpo*, sottolinea che l’atto sessuale non è solo un’espressione fisica di intimità, ma deve essere sempre orientato al bene dell’altro e al bene comune della famiglia. In questa ottica, l’atto sessuale diventa un sacramento che, orientato alla procreazione, partecipa al mistero della creazione divina. La *Humanae Vitae* di Papa Paolo VI ribadisce che l’atto sessuale deve essere sempre orientato alla procreazione affinché la sessualità non perda il suo significato spirituale.

Nel corso della storia, la visione cristiana del matrimonio è cambiata, evolvendo da una concezione puramente sociale a una comprensione più spirituale e sacramentale, che il Concilio Vaticano II ha profondamente rivalutato. Il matrimonio è stato riconosciuto come una vocazione che risponde al bisogno umano di amore, comunione e salvezza, un cammino di santificazione. La *Humanae Vitae* ha sottolineato che il matrimonio è ordinato alla procreazione e alla cura dei figli, proponendo un equilibrio tra libertà coniugale e responsabilità etica, e ribadendo la sacralità dell’unione coniugale e la necessità di un amore sempre aperto alla vita. Le sfide post-conciliari, come il dibattito sulla contraccezione e sul divorzio, hanno evidenziato le divergenze tra la visione cristiana del matrimonio e le nuove sensibilità sociali. Tuttavia, la Chiesa ha continuato a difendere il matrimonio come risposta alla solitudine umana, un amore fedele, procreativo e trasformativo. In questa visione, il matrimonio cristiano continua a essere una delle risposte più potenti alla solitudine umana, offrendo un amore che non solo resiste, ma che trasforma, trasmettendo speranza e nuova vita.

Il matrimonio, quindi, non è solo una risposta ai desideri individuali, ma una partecipazione al mistero divino. Un atto che trasforma la solitudine in una comunione che si esprime nella fedeltà, nella sessualità e nella procreazione, creando una relazione che riflette l’amore eterno di Dio. Ogni dimensione del matrimonio cristiano, dall’amore che unisce i coniugi alla sessualità che partecipa al mistero della creazione, diventa una manifestazione tangibile di quell’amore divino che dà vita e speranza all’esistenza umana.

Tuttavia, il matrimonio non può essere ridotto alla sola genitorialità. Come evidenziato da numerosi autori, la genitorialità è una componente fondamentale del matrimonio, ma non esaurisce la relazione coniugale. La vita di coppia è complessa e richiede un equilibrio tra affetto, intimità, comunicazione, crescita spirituale e supporto reciproco. Non è raro che una coppia, pur non avendo figli o affrontando difficoltà nel concepirli, trovi la propria realizzazione nel sostegno reciproco e nella costruzione di un legame che vada oltre la dimensione biologica. Il matrimonio, infatti, è un cammino di reciproca trasformazione che coinvolge tutte le aree dell’esistenza, e la genitorialità, pur importante, non deve mai oscurare la qualità della relazione coniugale.

Il matrimonio cristiano è un sacramento che va oltre la dimensione biologica della procreazione. Esso risponde al bisogno di amore, di comunione e di salvezza dell’essere umano, e si sviluppa in tutte le sue dimensioni, creando una relazione che è capace di trasformare la solitudine in una comunità. La fedeltà, la sessualità e la procreazione non sono solo impegni etici, ma principi che assicurano la stabilità e la realizzazione dell’amore coniugale, che è un segno dell’amore divino che ha il potere di rinnovare e trasformare l’esistenza dei coniugi, in un cammino che va oltre la genitorialità, ma che ne abbraccia anche il mistero profondo.

“Non è bene che l’uomo sia solo” ha dichiarato il creatore, stabilendo la prima verità sull’uomo. Ma per risolvere il problema della solitudine si sarebbe potuto inserire un altro uomo, o anche una comunità di uomini. Ma invece, Dio ha voluto risolvere la solitudine dell’uomo creando un’altra persona, una donna e non un uomo, né più donne, né una comunità di uomini e donne. La solitudine dell’uomo non fu determinata dal fatto che non stesse con altre persone, ma dal suo stare senza una donna. Quindi l’uomo ha la profonda esigenza di stare con una donna e, naturalmente, anche le donne hanno bisogno degli uomini.

La bellezza dell’amore tra un uomo e una donna è qualcosa che tutti abbiamo nel cuore, e non c’è bisogno di sottolinearne il fascino profondo che suscita. Per i giovani, è una motivazione formidabile per superare gli ostacoli che si frappongono all’autonomia economica e all’emancipazione dalle famiglie di origine. Vivere insieme alla persona che si ama e fondare una famiglia in una casa propria è da sempre la spinta decisiva a sviluppare una personalità autonoma e indipendente in qualunque individuo.

Ad esempio, i fidanzati che si preparano al matrimonio partono carichi di speranze e desiderano evitare ogni insuccesso, ma risulta chiaro che l’unione tra un uomo e una donna, se non si alimenta, perde la sua essenza e molto del suo fascino. Nessuno vorrebbe mai che “l’amore finisse” o che la relazione si fermasse per scoprire che “l’amore è finito”. Ma quale è questa “benzina” necessaria per far andare avanti il rapporto? La Chiesa cattolica offre una risposta decisiva a questa domanda. Nel rito della celebrazione del matrimonio, il celebrante pone agli sposi due domande cruciali:
 “Siete disposti a essere fedeli sempre (nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia) e ad amarvi e onorarvi tutti i giorni della vostra vita?”
“Siete disposti ad accogliere responsabilmente e con amore i figli che Dio vorrà donarvi ed educarli secondo le leggi di Cristo e della Chiesa?”

Il fatidico “sì” a queste domande costituisce il fulcro delle promesse matrimoniali, pronunciate davanti al celebrante e ai testimoni. Queste promesse sono il contenuto stesso del matrimonio e devono essere dichiarate liberamente e consapevolmente dagli sposi, pena la nullità del matrimonio stesso.

Considerando questi concetti di fedeltà e procreazione, si può riflettere sul fatto che non siano esclusivi del matrimonio religioso, in particolare cattolico, ma comuni anche a una unione di amore intesa in senso generale. In effetti, quale uomo, sinceramente innamorato, non desidera un’unione per la vita con l’amata, senza mai lasciarsi? E chi non vorrebbe, nella stabilità affettiva di una relazione sincera, avere dei figli da amare e curare? Tutti sentiamo che l’amore vero è per sempre, non pone condizioni, non ha limiti, e che la finalità del rapporto di coppia non è solo quella di stare bene insieme, ma anche di proiettare questo amore verso l’esterno, verso gli altri, i figli, o, chi non può averne, verso un impegno verso il prossimo.

Nel matrimonio cristiano, le promesse di fedeltà e procreazione si radicano nell’atto stesso di unione coniugale. Esso è il vero alimento del matrimonio, la “benzina” necessaria per far muovere tutta la relazione. Il sacramento matrimoniale contiene la comunione tra i coniugi e il perdono reciproco, e la Chiesa cattolica stabilisce che l’aspetto unitivo e quello procreativo non debbano mai essere separati, come evidenziato nell’enciclica *Humanae Vitae* di Papa Paolo VI. Il matrimonio cristiano, quindi, non solo orienta la sessualità alla procreazione, ma pone l’amore tra i coniugi come fondamento della relazione, capace di crescere e di rinnovarsi attraverso la fedeltà e l’apertura alla vita.

In un’epoca in cui il matrimonio viene spesso ridotto a una questione sociale o biologica, è fondamentale ricordare che la sua vera essenza è spirituale. Il matrimonio cristiano, con la sua dimensione sacramentale, ci invita a vivere un amore che trascende la dimensione fisica della procreazione, diventando un atto di sacrificio e di apertura al dono reciproco. La fedeltà, la sessualità e la procreazione sono solo alcuni degli aspetti che alimentano una relazione coniugale duratura, che è chiamata a crescere e rinnovarsi continuamente. Alla fine, il matrimonio si configura come una vocazione alla santità, un cammino di trasformazione reciproca che risponde alla solitudine esistenziale, rendendo la comunione tra i coniugi un riflesso dell’amore eterno di Dio.

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