IL MISTERO SULLA SCOMPARSA DI SARA PEDRI
Desideriamo parlare di SARA PEDRI, giovane ginecologa originaria di Forlì, scomparsa misteriosamente il 4 marzo 2021 all’età di 31 anni senza lasciare alcuna traccia, dopo aver inviato una sua lettera di dimissioni all’Ospedale Santa Chiara di Trento, ove lavorava.
La nostra Redazione ha svolto una breve ricerca sulla rete e, salvo errori, le ultime notizie su questa inquietante e probabilmente tragica vicenda sono state rintracciate in un articolo recentemente pubblicato martedì 8 ottobre su “Il Corriere del Trentino”.
Il mobbing crea un ambiente di lavoro altamente stressante, in cui l’individuo si sente costantemente sotto attacco o minacciato. Ciò può portare a livelli elevati di stress cronico, che se non gestiti correttamente, possono sfociare nel burnout. La vittima del mobbing può iniziare a sentirsi sopraffatta, demotivata ed incapace di affrontare le sue responsabilità lavorative. Questo stato di esaurimento emotivo, fisico e mentale è quello che caratterizza il burnout.
Il burnout causato dal mobbing non è solo una questione individuale, ma può anche avere un impatto significativo sull’intero ambiente di lavoro. Può portare ad un calo della produttività, ad un aumento dell’assenteismo e ad un clima lavorativo negativo. Inoltre, può alimentare un circolo vizioso: il mobbing può causare il burnout e il burnout può rendere l’individuo più vulnerabile al mobbing, poiché le sue risorse per affrontare lo stress e per difendersi sono esaurite.
È quindi fondamentale che le Aziende, in particolare quelle che erogano servizi per la Salute, studino sia il mobbing che il burnout per promuovere un ambiente di lavoro positivo e rispettoso, offrire supporto psicologico ai dipendenti, fornire formazione sulle competenze di gestione dello stress ed intervenire rapidamente in caso di comportamenti mobbizzanti. Le vittime del mobbing devono essere incoraggiate a parlare ed a cercare aiuto. Il silenzio può aggravare la situazione ed aumentare il rischio di burnout.
Il “caso” Pedri
La tragica scomparsa della Dottoressa Sara Pedri è un esempio paradigmatico dell’interazione fra Mobbing e Burn out. Ripercorriamo la tragica vicenda con le sequenze degli Atti Giudiziari.
Aggiornamento 20 settembre 2023: il 14 settembre il Tribunale di Trento ha annullato il licenziamento di Saverio Tateo, ex Primario di Ginecologia del Santa Chiara.
Secondo quando riporta “L’Adige”, il Tribunale ha anche disposto il reintegro di Tateo, condannando l’Azienda Sanitaria a pagare le retribuzioni degli ultimi due anni. Tateo era stato licenziato l’8 novembre 2021, tuttavia il Giudice del Lavoro ha stabilito che le 17 contestazioni disciplinari non configurano i maltrattamenti al personale del reparto.
L’Adige riporta anche il parere del comitato dei garanti, secondo cui le ripetute argomentazioni difensive relative alla complesse criticità cliniche e organizzative affrontate, alla necessità, in quanto responsabile dell’unità operativa, di conseguire e mantenere determinati risultati, nonché all’esigenza di assicurare ai pazienti cure adeguate e tempestive, non giustificano il contestato mancato rispetto delle norme disciplinari e di comportamento da parte del dirigente medico.
In una nota, l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari provinciali ha fatto sapere che si terrà conto della necessità di garantire continuità alle attività dell’Unità Operativa di Ginecologia e Ostetricia dell’Ospedale di Trento, ed, al contempo, di garantire serenità di lavoro a tutto il personale medico, infermieristico, ostetrico e di supporto che nell’Unità operativa opera quotidianamente con abnegazione e professionalità (*2).
Nella nota, si prosegue, il Giudice “ha convenuto nel merito su 10 contestazioni mosse dall’Azienda” nei confronti di Tateo, contestazioni “che attestano l’avvelenamento del clima nell’Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale di Trento”. Per questo l’Azienda sta valutando se sussista la “compatibilità ambientale di un possibile ritorno” alla guida del reparto, essendo venuto meno nel frattempo “il rapporto di fiducia” tra l’Azienda e l’ex Primario.
Aggiornamento 16 maggio 2023: A due anni dalla scomparsa della ginecologa Sara Pedri, la Procura di Trento ha chiesto il rinvio a giudizio per Saverio Tateo, ex Direttore dell’Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale Santa Chiara di Trento e per la sua vice, Liliana Mereu. L’udienza preliminare, davanti al giudice Marco Tamburrino, è stata fissata a fine novembre.
Tra le ventuno parti offese nel procedimento sui presunti maltrattamenti in ospedale figura anche l’avvocato di Sara Pedri, ginecologa forlivese scomparsa dal 4 marzo 2021.
Aggiornamento del 3 febbraio 2023: a distanza di circa un anno si sono concluse le indagini della Procura di Trento relative alla morte di Sara Pedri, la 30enne che lavorava all’Ospedale Santa Chiara di Trento e scomparsa il 4 marzo 2021. Rispetto alle iniziali ipotesi di maltrattamenti ed abuso dei mezzi di correzione e disciplina, sono state confermate le accuse di maltrattamenti a carico di Saverio Tateo, ex primario dell’Ospedale, e di Liliana Mereu, sua vice.
Oltre alla stessa Pedri, la Procura ha individuato altre 20 parti offese, che sarebbero state sottoposte ad ingiurie, intimidazioni, atteggiamenti denigratori ed “inquisitori”, ciascuna in diversi episodi. Tra questi, la Procura ha rilevato minacce di sanzioni disciplinari a danni di ginecologhe, oltre a vessazioni non giustificate da errori professionali.
La difesa ha sempre respinto le accuse, sostenendo che i disagi di Sara Pedri fossero iniziati prima del trasferimento nella struttura di Trento.
Sara Pedri, ginecologa originaria di Forlì, è scomparsa il 4 marzo 2021, all’età di 31 anni, e da allora non se ne hanno più notizie. La sua auto è stata ritrovata a Mostizzolo, in Trentino, al confine con il Comune di Cles, dove la donna lavorava. Pedri si era trasferita in Trentino dopo aver conseguito la specializzazione a Catanzaro ed aver poi vinto un concorso all’ospedale di Cles. Pochi giorni prima di iniziare il nuovo lavoro, il reparto di Ostetricia e Ginecologia di Cles viene chiuso e riorganizzato come reparto Covid, e pertanto Sara Pedri viene trasferita all’Ospedale Santa Chiara di Trento.
Al Santa Chiara prende servizio il 16 novembre 2020 e fin da subito si accorge di un ambiente molto diverso da quello che le era stato promesso. Pedri, infatti, aveva accettato l’incarico in Trentino perché a Cles le era stato assicurato che avrebbe potuto dedicarsi anche al ramo della ginecologia in cui già si era formata, e che le interessava particolarmente, ovvero la procreazione medicalmente assistita. L’ospedale Santa Chiara invece si occupa principalmente di ginecologia oncologica, ma lì avrebbe dovuto fare solo un periodo di prova per poi essere nuovamente trasferita a Cles.
Emanuela Pedri, sorella di Sara, racconta: “Sara è arrivata al Santa Chiara sicura di sé e del suo potenziale, si è ritrovata catapultata in una ginecologia oncologica, ma questo non l’ha spaventata. Sapeva di doversi adattare ed aveva un grande senso di responsabilità. Sara è partita con la stessa determinazione, tenacia e voglia di imparare. Il suo entusiasmo non era cambiato”. Al Santa Chiara però la giovane “si è trovata di fronte un ambiente ostile, poco accogliente, tossico, che era così già da anni, ma di cui lei non sapeva nulla, non sapeva che cosa avrebbe dovuto vivere”, dice Emanuela. “Appena entrata, si è sentita dire ‘qui devi stare a testa bassa, qui devi solo lavorare’”.
La perizia psicologica
In poco più di tre mesi, Sara si ammala, dimagrisce molto, inizia ad avere tremori, si isola, non è più sicura di sé e si sente terrorizzata ed incapace. A febbraio la sua famiglia la convince a tornare a casa per un po’ ed il medico di famiglia le prescrive 15 giorni di malattia a causa di un “calo ponderale e stress lavorativo” che vengono però ridotti a sette perché Sara voleva rientrare al lavoro. Mentre è in malattia la ginecologa scopre di non essere più presente nei turni del Santa Chiara e di essere invece stata trasferita a Cles, l’Ospedale dove aveva vinto il concorso. Quello che poteva essere percepito come un cambiamento positivo, assume le forme di un demansionamento. Emanuela infatti racconta che Sara non era stata trasferita nel reparto di ginecologia, ma al consultorio dell’Ospedale. Il 3 marzo 2021, il giorno prima della sua scomparsa, Sara si dimette.
Secondo la perizia psicologica condotta dalla Dottoressa Gabriella Marano, e depositata dall’Avvocato della famiglia Pedri, Sara è stata vittima di “mobbing, nella sua variante del ‘quick mobbing’, ovvero di comportamenti vessatori frequenti e costanti, posti in essere con lo scopo, quand’anche inconsapevole, e l’effetto, di violare la sua dignità di donna e lavoratrice, e di creare, intorno a lei, un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante ed offensivo” che le ha provocato un “disturbo post traumatico da stress, con sintomi ricorrenti riconducibili anche al criterio della depersonalizzazione”.
Dagli appunti ritrovati in casa, dai messaggi inviati su WhatsApp e dalle parole affidate ai familiari, al compagno ed agli amici, emerge “un dolore estremo che, nella sua mente, era diventato intollerabile, insopportabile, inaccettabile” che, si legge sempre nella perizia, “lascia presagire, con tasso di probabilità purtroppo prossimo alla certezza, che Sara Pedri si sia tolta la vita”.
“Mia sorella lamentava un disagio importante che si era espresso anche fisicamente, ma non lo nominava, non nominava mai il suo stare. Si incolpava piuttosto, diceva che lei non era capace, che non si era formata bene. Era arrivata al punto di mettere in discussione anche il suo credo, la sua identità professionale, costruita con sacrifici. L’hanno fatta sentire talmente insicura, le hanno annullato così tanto la sua identità professionale, che aveva persino paura di fare male ai pazienti”.
Emanuela riferisce che sua sorella parlava spesso di turni massacranti, dell’impossibilità di mangiare ed andare in bagno, di episodi umilianti, come quando era stata colpita sulla mano in sala operatoria ed era stata allontanata. Era difficile però capire davvero cosa stesse succedendo: “Era un ambiente da cui lei cercava di proteggersi e proteggerci”, dice Emanuela, “ed aveva paura che la sua confessione potesse nuocerle nel futuro”.
Solo dopo Emanuela ha capito le dinamiche: “In 12, 15 ore di lavoro tu non hai il tempo di mangiare? Chi lo decide questo? E perché viene fatto questo? Perché se tu lasci che una collega pranzi con un’altra collega e queste due colleghe che hanno vissuto un incubo cominciano a parlare dell’incubo, si genera un dialogo, che porta ad un confronto, che porta complicità, che porta aggregazione”. E questo non può essere permesso in determinate situazioni, affermava Sara.
Le indagini
Quando di Sara non si hanno più notizie, è proprio la sua famiglia a chiedere spiegazioni, a provare a capire cosa fosse successo in quel reparto, ed ad invitare chiunque fosse a conoscenza di qualcosa a farsi avanti. Così, dice Emanuela, “il muro di gomma” inizia a venire giù.
Dalle varie testimonianze ed accuse venute fuori nei mesi successivi alla scomparsa di Sara, si parla spesso di un clima lavorativo di profonda tensione, paura e angoscia, di urla nel reparto e minacce di provvedimenti disciplinari, di denigrazioni personali, percosse e vessazioni mortificanti da parte dell’allora primario Saverio Tateo e della viceprimaria Liliana Mereu. C’è chi ha dichiarato di aver sperato, nel tragitto verso il lavoro, di fare un incidente e rimanere paralizzata pur di non andare in ospedale, chi ha descritto la viceprimaria come una persona che “ti può rovinare”.
A giugno 2021, la Procura di Trento apre un fascicolo e l’Azienda Sanitaria trentina avvia un’indagine interna che però inizialmente non riscontra “collegamenti” tra la scomparsa di Sara Pedri ed “i fatti accaduti nel contesto lavorativo”. A luglio 2021 il Ministro Roberto Speranza invia degli ispettori ministeriali al reparto di Ginecologia dell’Ospedale Santa Chiara. Circa dieci giorni dopo, Pier Paolo Benetollo, Direttore dell’Azienda Sanitaria, si dimette. Dopo aver ascoltato circa 110 testimonianze, la commissione interna conclude i lavori e nella relazione finale stabilisce che “dalla documentazione emergono fatti oggettivi ed una situazione di reparto critica che rendono necessario, a partire da lunedì 12 luglio, il trasferimento del primario”, a cui era intanto stato imposto un periodo di ferie forzate, e della Vice-Primaria.
Ad ottobre 2021, il Comitato dei Garanti, chiamato per valutare l’indagine interna e la richiesta di licenziamento di Tateo da parte della Commissione disciplinare dell’Azienda Sanitaria dell’Ospedale di Trento, ha confermato “molteplici fatti di indubbia e rilevante gravità supportati da una cospicua documentazione”.
Nel novembre 2021 l’allora primario, che insieme alla viceprimaria Mereu si è sempre dichiarato estraneo alle accuse, viene licenziato. Tateo e Mereu vengono indagati per “maltrattamenti ed abuso di mezzi di correzione e disciplina” e la Procura di Trento individua 21 parti offese, tra cui la stessa Sara Pedri, e richiede l’incidente probatorio per nove testimoni. La forma dell’incidente probatorio, che si svolge a porte chiuse, è stata scelta per evitare la vittimizzazione secondaria che poteva scaturire dal dover ripetere, e dunque potenzialmente rivivere, più e più volte la propria testimonianza.
Le testimonianze, le denunce, il sistema
Emanuela Pedri spiega che il motivo per cui tante professioniste hanno deciso di parlare solo ora è probabilmente dovuto al fatto di aver notato un cambiamento. “Quando vedi che si smuove qualcosa”, dice Emanuela, “che l’agire tempestivo di una famiglia ha in qualche modo sensibilizzato il sistema – non importa quanto, ma lo ha sensibilizzato al punto da rendere ciò che è successo un caso sociale nazionale – allora ti senti improvvisamente tutelata e protetta. Il muro di gomma tirato su dalla paura che ha rallentato e bloccato la denuncia, e che ha portato tante donne professioniste a vivere in quella situazione, è stato pian piano sgretolato”.
“La denuncia”, continua Emanuela, “avviene solo se garantisci protezione e la protezione deve darla il sistema”.
Dal reparto di Ginecologia del Santa Chiara di Trento, tra il 2016 e il 2021, sono andati via 62 operatori sanitari tra medici, infermieri ed ostetriche, e la situazione era già stata al centro di un’interrogazione al Consiglio della Provincia Autonoma di Trento. Già prima della scomparsa di Sara Pedri c’erano state comunicazioni ed esposti all’Azienda Sanitaria, ma, come spiega Emanuela, le dipendenti “lo hanno fatto all’interno di un contenitore in cui non sono state ascoltate e credute”. Anzi, Tateo veniva riconfermato ogni cinque anni: l’ultima volta nel novembre 2020 con un punteggio “pienamente raggiunto” in ogni ambito della valutazione, compresa la gestione del personale per aver “creato le condizioni per lo sviluppo di raggiunto forme di collaborazione e di partecipazione multi-professionale fra tutti i collaboratori”, aver “distribuito in modo equilibrato i carichi di lavoro tra tutti i collaboratori”, aver “avuto cura dello sviluppo delle capacità professionali di tutti i collaboratori”.
Sandra Morano, Ginecologa e Coordinatrice Area-Formazione-Femminile Annaao- Assomed, ha dichiarato: “La cosa che mi ha scandalizzato è come sia stato possibile un episodio del genere verso una persona così giovane, in un ospedale pubblico nel civilissimo Trentino, dove da una parte c’era una situazione ‘normale’, che permetteva che accadessero cose simili, e dall’altra si è creata una cortina di ferro semmai qualcuno avesse voluto od ha provato ad agire o lamentarsi. Questo silenzio, questa omertà in un posto pubblico è inconcepibile”. Ed aggiunge: “Mi ha colpito la relativa insicurezza di un luogo che dovrebbe rappresentare invece il massimo della sicurezza, un luogo di cura, per una giovane donna lavoratrice”, in un sistema come quello sanitario in cui sono proprio le donne “a costituirne l’ossatura”.
Morano definisce anche “raccapricciante o contradditoria che ci fosse anche un’altra donna presunta autrice di questi trattamenti. Lungi da me fare dell’antifemminismo”, ma anzi “per guardare al caso da tutte le angolazioni, proprio da parte di persone femministe”. Sono piuttosto i femminismi infatti a dire che l’appartenenza ad un genere non assicuri un approccio diverso, più inclusivo ed accogliente.
Quello che sta venendo fuori dalle indagini e dalle testimonianze sul caso di Sara Pedri è un quadro di sospetti abusi di potere ed un sistema gerarchico che sopravvive e si fa leva su dinamiche tossiche reiterate. A questo proposito, una collega della ginecologa scomparsa ha dichiarato che Tateo e Mereu “avevano i loro fedelissimi, magari a loro volta sottoposti allo stesso trattamento in passato. Perché andavano a cicli, ti prendevano di mira. I più deboli cercavano protezione: una volta ottenuta, non si comportavano allo stesso modo dei vertici, al massimo facevano la spia”.
La responsabilità di ciò che è successo secondo Morano non è però imputabile solo alle singole persone del reparto sospette autrici dei maltrattamenti, ma anche a tutta la struttura che vi sta dietro: i problemi e gli esposti presentati nei mesi e negli anni precedenti “venivano tacitati perché quello che faceva testo era che il primario portava guadagni all’azienda, che ne rispettava i canoni aziendali”.
Morano parla di “potere monocratico” dei dirigenti di azienda che “dipendono solo dalla politica che li ha messi lì” e di una Sanità che ha assunto una “organizzazione aziendalistica, nata con le migliori intenzioni”, ma che poi “nell’intreccio con politica ed economia, diventa letale”.
“Queste cose succedono tutti i giorni, continuano a succedere”, dice ancora Morano, ma “purtroppo, siccome si inquadrano sempre sul piano individuale, non si riesce ad avere lo sguardo di insieme”.
La ginecologa lamenta anche il fatto che nel settore sanitario non si parli abbastanza di ciò che è successo a Sara Pedri e nel reparto di ginecologia del Santa Chiara di Trento: “Mi ha sconvolto la mancanza di empatia, di solidarietà, il non vedere la voragine che abbiamo davanti. È inammissibile che dei colleghi non parlino di questa cosa”, se non come “caso particolare, di fragilità” e “che ciò che è successo venga derubricato a caso individuale”.
“Si è parlato molto, e secondo me sbagliando, della fragilità della persona”, dice Morano, aggiungendo che “storicamente, si parla da sempre di fragilità delle donne”.
Lo spiega bene anche Chiara Volpato, Psicologa e Professoressa ordinaria di Psicologia Sociale presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, nel suo libro “Psicosociologia del maschilismo”.
Nella vita quotidiana le credenze sessiste si traducono in pratiche e strategie che hanno la funzione di […] individuare nel gruppo dominato il capro espiatorio su cui scaricare responsabilità e colpe in momenti di particolare difficoltà e, soprattutto, di giustificare i comportamenti negativi presi nei suoi confronti. La più comune di tali strategie […] concerne l’attribuzione di tratti stereotipici che collegano le donne al corpo, all’emotività, all’irrazionalità […].
Una variante più sottile e moderna di tale strategia si riconosce nella tecnica della psicologizzazione, che definisce un’appartenente al genere femminile mediante l’impiego di caratteristiche psicologiche che spiegano il suo comportamento non in riferimento a ragioni o cause razionali, ma a tratti di personalità, come la fragilità, l’emotività, la passionalità, la scarsa razionalità.
Inoltre, Morano critica anche la scelta di “isolare un caso” ed avanzare delle ipotesi “da parte di chi non la conosceva. Molto dipende dai gradi di sofferenza ai quali siamo esposti: chiunque diventa più fragile quanto è più alta la posta in gioco, quanto più è alto il livello di sofferenza”. Nel caso di Sara Pedri, dice Morano, “la cosa grave è che imputava a lei stessa l’incapacità a farcela, mentre invece il problema era fuori”.
Anche la famiglia Pedri ha risposto più volte ai riferimenti alla fragilità di Sara che in qualche modo hanno tentato di ridurre ad un caso singolo quello che invece, sulla base delle informazioni raccolte finora, appare più come un problema sistemico. Come racconta Emanuela Pedri il trasferimento in Trentino non è stato, ad esempio, il primo cambiamento importante affrontato da Sara perché poco dopo essersi laureata, la ginecologa forlivese si è trasferita all’Università di Catanzaro dove si è specializzata. Lontana da casa, in Calabria Sara ha affrontato la prima esperienza lavorativa in ospedale ed anche il primo lockdown, “ma lì l’hanno accolta”, dice Emanuela, “aveva formato la sua famiglia, aveva i suoi amici, si era innamorata” ed era molto amata dalle sue colleghe e stimata dalla sua tutor.
Verso l’oblio
Da quella che è l’evoluzione del Procedimento giudiziario appare chiaro che non ci sarà giustizia per la povera Sara Pedri. Una giovane dottoressa, idealista ed entusiasta del suo lavoro, ha incontrato una struttura mafiosa e criminale che, grazie ad aderenze in ogni ganglio vitale della società, ed in particolare nella Pubblica Amministrazione, è riuscita a superare ogni tentativo di legittima contestazione e risulta al momento vincente anche dopo la morte, annunciata, di Sara Pedri.
Prof. Luigi Antonio Fino –
Docente UNIBA,
Direttore Medico di Ospedale,
Igienista, Medico del Lavoro e Bioeticista
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NOTE A MARGINE
(*1) – IL “SAGGIO”, datato 19.8.2024, è leggibile anche nella sua stesura originale (CLIK qui > Mobbing e Burn out, il caso Sara Pedri.) nella cui ritrascrizione – come sopra riportata nella nostra Testata – sono state inserite alcune foto ed immagini.
(*2) – LA NECESSITA’ di garantire serenità di lavoro a tutto il Personale Medico ed Ausiliario (a prescindere da questo specifico ma, purtroppo, non isolato episodio) costituisce una delle tematiche spesso affrontate dalla Consul Press nella sezione “Salute & Sanità”.
Infatti in tale rubrica, oltre a pubblicare sia interviste di particolare interesse rilasciateci da vari Primari, Medici e Ricercatori, sia a segnalare molteplici “Casi di Eccellenza” riscontrati in varie Strutture pubbliche e private, così come varie Casi di Mala-Gestio per ingerenze politico-finanziarie, più volte la Consul Press si è schierata a fianco delle categorie dei Medici e dei loro Ausiliari, per i rischi che spesso costoro debbono affrontare nei reparti di “Pronto Soccorso” e nei Presidi di Guardia Medica, per assurdi comportamenti di alcuni stessi Pazienti, loro Parenti e/o Visitatori.
Al riguardo desideriamo rammentare due specifiche Manifestazioni Territoriali organizzate a Roma da vari Ordini ed Associazioni (FNOMCeO, OMCeO, AMAD-OvD, CSV, ecc) e precisamente: “In Ricordo di Barbara Capovani …” (8.05.23) e “Storie Ordinarie di Violenze e Mala-Sanità …” (24.03.23), nonché altre iniziative come segnalateci dalla Dr.ssa Marina Cannavò – Psichiatra e Psicoterapeuta e più volte Ospite gradita sulla Consul Press.
….E con l’occasione si desidera evidenziare come questa Testata sia ampiamente disponibile ad affiancare – con una sua partecipazione professionale e giornalistica – tutte quelle attività ed iniziative poste in cantiere da eventuali Terzi Interlocutori, purché risultino condivisibili con la sua “Linea Editoriale”, come coerentemente e correttamente esposta in home-page.
__________Giuliano Marchetti