Il nostro Paese non legge abbastanza
Invitato ad un festival dell’Organizzazione Rinascimento Culturale, Piero Dorfles, giornalista e critico letterario, ha tenuto una conferenza sulla lettura. La sua opinione è che l’Italia stia vivendo un periodo di declino intellettuale: l’espansione economica, culturale e sociale che da settant’anni caratterizza il Paese non riflette il medesimo trend di crescita sul piano della lettura.
Guardando al Nord Europa si evidenzia come l’aumentata prosperità e il progresso dei Paesi abbiano avuto come conseguenza anche l’aumento dei lettori: la crescita del benessere e del Prodotto Interno Lordo è proporzionale a quella dei lettori; infatti, sostiene Dorfles, nei posti dove si legge, si vive meglio in quanto aumenta la capacità di inventiva e si hanno più strumenti per fronteggiare la complessità del mondo in cui si vive, si incentivano creatività e informazioni per lanciare nuove aziende, produrre brevetti…
I dati dicono tristemente che solo il 10% degli italiani legge un libro al mese vale a dire che il rimanente 90% o non riesce a leggere perché si annoia o perché è distratto dalla infinita quantità di intrattenimento e notizie date dalla nuova tecnologia. È opportuno però sottolineare come il lettore di Internet non è un lettore propriamente detto quanto piuttosto un fruitore delle informazioni messe a disposizione dal web perché una cosa è la conoscenza che consente di capire l’informazione ottenuta da Internet, altra cosa è il dettaglio della conoscenza che Internet offre. Quanto si legge in rete spesso è solo un’infarinatura delle informazioni che riguardano il mondo e la vita; per capire quello che c’è dietro di esse e usarle in modo consapevole, per decidere la propria vita con gli strumenti necessari, bisogna leggere di più.
La lettura di un libro è imprescindibile per produrre cultura e conoscenze ed è un processo singolare quello di chi prende un libro in mano e si appassiona ed è in grado di immedesimarsi per ore in un racconto o in un saggio, consentendo alla scrittura di diventare un’esperienza personale, qualcosa che identifica il lettore con un’altra persona in un altro mondo. Attraverso un libro infatti ci si apre a mondi infiniti, a epoche diverse, si può vivere nel passato e nel futuro; la letteratura spesso è stata capace di prevedere il corso dei cambiamenti delle società.
La grandezza della lettura è l’avere a che fare con la sostanza dell’uomo che da quando è stato in grado di comunicare ha voluto raccontare le sue esperienze: ha cominciato col disegnare nelle grotte raccontando le sue storie e poi ha ideato la scrittura e le esperienze le ha trascritte per lasciare testimonianza della propria vita. Un patrimonio straordinario: non leggere equivale a non poter usufruire di quella testimonianza, non assimilare quelle esperienze col rischio di commettere gli stessi errori del passato.
E questo è un grosso limite perché non ci si mette in relazione con la storia dell’uomo, non si affina la capacità di pensare, di andare aldilà della superficie delle cose, di rompere gli schemi dei pregiudizi, di aprire la mente per cogliere qualcosa che solitamente non si coglie… Non riflettere e non studiare, non leggere sono errori: millenni di storia in cui l’umanità ha attraversato periodi di guerre, di sopraffazioni, di ideologie che leggendo si può capire essere tramontate o fallite; solo la lettura della storia può dare consapevolezze non esperite. La cultura, la capacità riflessiva le si ottengono solo con una storia intellettuale alle spalle. Il sentimento collettivo del nostro Paese invece sembra dire che la cultura vale poco e la lettura non è strumento di progresso.
Il giornalista suggerisce poi di tenere i libri in casa, sugli scaffali, ben in vista perché ciò produce passione per la lettura e consente di rileggere i più amati: in questo senso essi sono una specie di specchio nel quale è possibile confrontarsi durante l’arco della vita, riprendendoli in mano e ripensando come si era la prima volta che vennero letti. Sono insomma uno strumento introspettivo, una straordinaria forma di autoanalisi perché dopo tanti anni il libro è sempre lo stesso ma il lettore è cambiato. È forse questa l’unica possibilità che l’essere umano possiede di rifare la stessa esperienza a distanza di tanto tempo: l’uomo non è mai lo stesso rispetto a quando lesse un certo libro per la prima volta.
I testi classici in questo senso sono molto ricchi se si è in grado di leggerci dentro; superano infatti il tempo della loro composizione, descrivono degli archetipi del comportamento umano, parlano dell’uomo con le sue luci e le sue ombre. I classici sono attuali perché c’è in essi un ribollire di vite, di esperienze, di sentimenti e di sofferenze; c’è in essi un qualcosa di eterno, depositato col tempo nella coscienza collettiva. La storia di un ragazzo che si ribella e lo fa fino in fondo, sprona il lettore che vuole combattere i luoghi comuni di un mondo banale in cui la vita si presenta, a farlo fino in fondo, capace di lealtà nei confronti dei propri desideri, delle proprie convinzioni, di quello che vuole essere.
Per esempio nei testi di Dostoevskij, chi legge sa cogliere quel che vi è dentro, senza perdersi nelle descrizioni distanti dall’attuale modo di essere e di vivere. I suoi personaggi difficilmente potranno sparire perché dentro quel modo di essere e di vivere, dentro quella spietata analisi di come sia contraddittorio il genere umano, si ha la descrizione anche dell’uomo di oggi.
Anche un racconto del tutto fantastico può avere un grande effetto; a volte i classici possono essere di questo tipo, non parlano cioè di un mondo reale ma raccontano di una esistenza completamente fuori dalle regole; quella che celano è però un’allegoria. Si pensi agli scritti di Calvino che possono sembrare fiabe ma in realtà sono testi di grande ed elevata riflessione etica espressa con la vitalità di un racconto. I libri che aprono a una visione fantastica delle cose della vita sono comunque utili perché sollevano il lettore dalla banalità del quotidiano aprendo la sua mente a nuove dimensioni.
E l’ultimo pensiero incoraggiante espresso dal giornalista riguarda le relazioni: è importante leggere libri perché si ha alle spalle un patrimonio sterminato da raccontare, sicuro strumento di fascino!
Veronica Tulli
Foto © Torino Oggi
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