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Il numero 40 nelle Sacre Scritture e non solo

I numeri non devono essere solo intesi come tassello per la matematizzazione del reale ossia come tassello per ridurre il reale in quantità fisiche e misurabili ma il numero ha anche una valenza sacra, come simbolo dell’ordine nel contesto culturale e religioso. Questa visione si evidenzia anche nell’interpretazione che sia le tre religioni monoteiste, che in generale le religioni e le filosofie, fanno del numero 40.

Questo numero ha un forte valore simbolico, presente nell’Antico e nel Nuovo Testamento, ove è menzionato un centinaio di volte, ma presente anche in altre religioni e filosofie di pensiero. I testi sacri delle tre religioni monoteiste riportano molteplici volte il numero 40 a rappresentare l’attesa con una connotazione di preparazione in vista di un inizio di qualcosa di nuovo, il sacrificio, la rinuncia, il digiuno, la privazione e anche la punizione. Simboleggia quindi il cambiamento profondo che segue un periodo di dura prova: questo è il motivo per cui rappresenta una rinascita spirituale a seguito di un morire a se stessi. Rappresenta il tempo delle decisioni mature.

Questi aspetti vengono vissuti ogni anno in alcune feste religiose delle religioni monoteiste, definiti tempi forti dalla religione cattolica. La Pasqua ebraica, quella cristiana e poi il Ramadan, non hanno molto in comune eppure sono precedute da un periodo di attesa, preparazione, prova, digiuno, sacrificio, rinuncia e privazione, che fanno da preludio al senso profondo di queste ricorrenze: il passaggio ad una condizione di vita nuova

Questo è un breve elenco dei passaggi in cui l’Antico Testamento lo riporta: la durata del diluvio al tempo di Noè fu proprio di 40 giorni; e 40 giorni dovette poi attendere Noè prima di sbarcare. Il profeta Elia per raggiungere il monte Oreb impiegò 40 giorni di cammino e 40 notti, digiunò 40 giorni prima di iniziare il suo ministero pubblico e rimase 40 giorni sul Monte Carmelo, dove si ritirò perché perseguitato dalla regina Gezabele. Mosé aveva 40 anni quando venne chiamato da Dio dopo l’uccisione dell’egiziano e la fuga nel deserto di Madian e per 40 anni custodì la mandria del suocero Ietro; prima di ricevere le tavole della legge trascorse 40 giorni e 40 notti sulla cima del Sinai, episodio presente anche nel Corano.

Il Filisteo Golia seminò distruzione e timore in mezzo al popolo di Israele per 40 giorni, e solo dopo venne sconfitto da David. Il sacerdote Eli fu giudice di Israele per 40 anni. Gli ebrei vagarono per 40 anni nel deserto dopo la fuga dall’Egitto perché questo era il lasso di tempo in cui si pensava che passasse una intera generazione, in modo che non entrasse nella terra promessa nessuno di quelli che era stato schiavo in Egitto, ma solo i loro discendenti. E tra l’altro gli esploratori che Mosé inviò in avanscoperta quando giunsero ai confini della Terra Promessa la percorsero per 40 giorni prima di tornare nell’accampamento, portando con loro un enorme grappolo d’uva.

Isacco aveva 40 anni quando sposò Rebecca e così pure Esaù quando si sposò la prima volta. Il popolo di Ninive fece un periodo di penitenza di 40 giorni. David fu re d’Israele per 40 anni; anche il regno di Salomone a Gerusalemme durò 40 anni. Ezechiele dovrà portare l’iniquità della casa di Giuda, sdraiato sul lato destro, per 40 giorni, un giorno per ogni anno, per espiare le iniquità degli Israeliti.

Anche nel Nuovo Testamento ritorna in più occasioni il numero 40. Gesù fu presentato al Tempio di Gerusalemme per la sua purificazione 40 giorni dopo la nascita e per 40 giorni digiunò nel deserto prima di cominciare il suo ministero pubblico. Tra la Resurrezione e l’Ascensione al cielo passarono 40 giorni e il suo corpo rimase nel sepolcro 40 ore.

Altre sono le presenze del numero 40: per esempio Buddha fece 40 giorni di digiuno nel deserto prima di esercitare il suo apostolato.

Secondo gli egiziani 40 giorni sono necessari perché l’anima venga liberata definitivamente dal corpo: dopo la morte del corpo fisico, il corpo eterico trascorre 40 giorni per risolversi nell’universo finché le particelle che lo compongono non si uniscono ai diversi elementi della natura, la coscienza rimane legata al mondo terrestre in cui si è evoluto. Per questo motivo 40 giorni dopo la morte del defunto in alcune tradizioni si esegue una cerimonia religiosa per facilitare la liberazione definitiva della coscienza dalla materialità.

Il Vangelo di Barnaba parla della fine del mondo e dice che ci saranno 40 anni di oscurità dopo i quali Dio darà la vita al suo messaggero, ai suoi angeli e a tutti gli eletti.

Anche nell’Islam la moschea di Omar è supportata da 40 pilastri. Sempre per quanto riguarda la cultura islamica i morti si piangono per 40 giorni e si dice che Maometto avesse quarant’anni quando ricevette la rivelazione da parte dell’arcangelo Gabriele.

Nell’Induismo la maggior parte delle preghiere popolari sono composte da 40 strofe. In Giappone la vecchiaia inizia dopo il compimento del quarantesimo anno di età.

Secondo Sant’Agostino il numero 40 esprime la perfezione perché la Legge è stata data in 10 comandamenti ed è stata predicata per il mondo; esso è composto da quattro parti ossia da Oriente, Occidente, Meridione e Settentrione. Poichè moltiplicando il numero dei comandamenti con i quattro punti cardinali viene 40 egli conclude che la Legge si compie attraverso i quattro libri del Vangelo.

Il numero in esame è considerato anche in psicologia dove simboleggia il tempo necessario all’essere umano per realizzare una trasformazione radicale del proprio modo di agire. Si può considerare che anche la gestazione di una donna dura 40 settimane alla fine delle quali viene al mondo qualcosa di nuovo.

Per capire il motivo per cui il numero 40 ha questi significati bisogna considerare che nell’antichità i numeri vanivano rappresentati con le lettere dell’alfabeto per cui attraverso quelle lettere si esprimevano concetti che non avevano nulla a che fare con quel determinato valore numerico. Per esempio la lettera ebraica MEM indicava il numero 40 e con la sua forma indicava anche il ventre materno e la sorgente di acqua. In tal senso il numero 40 rappresenta un periodo che racchiude un avvenimento che si prolunga nel tempo, ma è aperto alla vita.

Per questo si associa il numero di cui stiamo parlando, con un viaggio interiore e spirituale, in cui si ritorna in qualche modo alla propria essenza preparandosi a qualcosa di nuovo, a una nuova nascita. I 40 giorni diventano allora un itinerario personale e anche un percorso penitenziale: le prove sono un momento inevitabile che purificano; le difficoltà e le situazioni negative sono necessarie ma temprano lo spirito.

Veronica Tulli

Foto © Meer

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