Il Pantheon e i suoi segreti
Quanti passeggiando per le vie del centro di Roma non si sono mai fermati ad ammirare una delle più magnifiche opere erette dagli antichi romani: il Pantheon, unica opera che nonostante i secoli, è giunta pressoché intatta fino ai giorni nostri.
Eretto tra il 27 e il 25 a.C. dal console Agrippa, prefetto dell’imperatore Augusto, ebbe nei secoli importanti e imponenti ristrutturazioni. Originariamente era un piccolo tempio dedicato alle divinità romane, eretto non casualmente in quel luogo, in quanto la tradizione vuole che Romolo, durante una tempesta, fu portato nell’Olimpo e glorificato, come riporta anche lo storico Svetonio.
Nell’80 d.C. l’imperatore Domiziano lo riedificò a seguito di un violento incendio che lo aveva danneggiato. La sua forma attuale è da attribuire però all’imperatore Adriano che decise di seguire personalmente i lavori dando anche un tocco di eclettismo unendo la caratteristica struttura cilindrica romana al pronao di stampo prettamente greco.
L’intenzione dell’imperatore era di edificare il nuovo Pantheon come un tempio per tutti gli Dei, un gesto che oggi potremo definire ecumenico anche per quei cittadini dell’Impero romano che non adoravano le divinità di Roma.
Per questo progetto scelse come architetto, anzi lo “ereditò“ da Traiano, Apollodoro di Damasco che aveva lavorato a Roma fin dal 91 d.C, ed era certamente tra i più grandi della sua epoca.
Con grande generosità, Adriano sul timpano del pronao non mise il suo nome, ma quello del suo primo costruttore Agrippa, come si legge ancora la dicitura latina: “Lo costruì Marco Agrippa, figlio di Lucio, console per la terza volta”.
Il Pantheon, ancora oggi, è il monumento romano che ostenta i primati più numerosi: intanto è l’unico che si è conservato in ottimo stato, ha la cupola in muratura più imponente nella storia dell’architettura, considerato anche l’antesignano dei moderni luoghi di culto ed è stata l’opera dell’antichità in assoluto più copiata e imitata.
Michelangelo la considerava addirittura opera di angeli e non di uomini. Eppure in questa magnifica costruzione c’è qualcosa che non torna, anzi, mette in dubbio la grandezza degli architetti e degli ingegneri romani.
Il noto studioso di Roma, Armando Ravaioli, si chiedeva «Quanti in piazza del Pantheon, oltre che al più grandioso, più significativo e meglio conservato dei monumenti romani antichi, dedicano un’occhiata ai muri degli edifici, o alla sua sommità?» e aveva ragione. Con non poca fatica, essendo molto in alto, quasi occultato dal frontone sulla piazza, si può rilevare l’errore degli antichi architetti.
Proprio dietro al pronao, ci sono le tracce visibili di un altro frontone, più sollevato di quello attuale di circa tre metri e il suo vertice sfiora la cornice superiore del tamburo.
Una differenza non da poco, ma perché due frontoni?, forse ci sono stati dei ripensamenti nella costruzione o un errore madornale?
Tante solo le ipotesi in merito a questo errore, se di errore si può parlare. Tra queste una riguardante le scarse doti di calcolo degli antichi romani in merito al peso delle rocce di granito utilizzate per la costruzione. Le pietre provenivano dalle famosissime cave di Assuan, con cui si realizzavano le colonne dei templi, ma non era forse robusto e adatto a sorreggere il peso di edifici mastodontici.
O ancora si pensa all’eventualità che forse l’errore veniva proprio dalle cave da dove arrivavano pietre più piccole del previsto. Sono tantissime le supposizioni ma nessuno ha mai affrontato la questione.
Opera mastodontica la cui cupola è la più grande al Mondo realizzata in cemento armato, e ornata con 28 decorazioni a cassettoni, numero non casuale in quanto considerato all’epoca perfetto, che si rimpiccioliscono man mano che si arriva al tetto, è nota per un’altra caratteristica che la rende unica nel suo genere: l’oculo al centro.