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Il presidente ucraino Zelens’kyj ospite a Porta a Porta

Il conduttore di Porta a Porta, Bruno Vespa, in video, intervista Zelens’kyj sulle possibilità di dialogo tra il presidente ucraino e Vladimir Putin per far cessare la guerra tra i due Paesi. Ma questa tregua non sembra essere così semplice da decidere.

Dal 24 febbraio 2022 (primo giorno del conflitto) le perdite tra i soldati di entrambe le parti e soprattutto tra i civili ucraini sono tante. In determinati luoghi dell’Ucraina sono stati commessi atti contro i diritti umani da parte della Russia e questo è ingiustificabile. Il ritrovamento delle fosse comuni ha sconvolto il Mondo. Gli ospedali anche pediatrici, gli edifici civili non dovevano essere toccati e invece risultano rasi al suolo. La guerra porta sempre sconforto e distruzione in qualsiasi parte del Pianeta e non dovrebbero iniziare ma a volte bisogna fare di tutto per farle terminare.

È abbastanza evidente che una parte delle Nazioni del Mondo si sia schierata con l’Ucraina e il suo presidente. Attraverso le sanzioni imposte alla Russia e l’invio di armi all’esercito ucraino si è pensato di poter mettere in difficoltà il presidente Putin e, dunque, di giungere alla fine di questa guerra. Ma non sta andando come previsto. Il presidente russo vuole ottenere ciò che ha sempre bramato e per ora non ha intenzione di fermarsi. D’altro canto Zelens’kyj non sembra intenzionato a cedere su quasi nulla. Infatti, dall’inizio, anche lui è rimasto fermo sulle sue posizioni.

Nell’intervista di Bruno Vespa sono stati toccati vari temi: trattative, futuri attacchi, la situazione a Mariupol e nell’acciaieria Azovstal, sanzioni, Crimea e Dombass. È la prima volta che Zelens’kyj partecipa a un programma televisivo italiano dall’inizio del conflitto.

Fin da subito il presidente ucraino afferma di essere pronto al dialogo con Putin, ma, «non devono esserci ultimatum e i russi devono uscire dal nostro territorio: è il primo passo per parlare». In sostanza vuole il ritiro dell’esercito occupante per un confronto. Ma se Putin voleva parlare alle condizioni di Zelensky il conflitto forse non sarebbe mai iniziato.

A sostenere la sua tesi il Capo dello Stato aggiunge: «non possiamo accettare alcun compromesso sulla nostra indipendenza, sulla nostra sovranità e integrità territoriale. La questione delle trattative si complica ogni giorno perché ogni giorno i russi occupano villaggi e uccidono persone».

Poi, cambiando rotta dichiara: «Siamo pronti a fare uno scambio con i russi per salvare i vivi e portare fuori i nostri morti da Azovstal. I civili sono già stati evacuati, ora restano i feriti, non vogliamo lasciarli lì. Si farà tutto il possibile». Ma cos’è questo tutto secondo Zelens’kyj? E perché non ha iniziato quando c’erano ancora i civili a dare qualcosa? Ammesso che questo avverrà sul serio per i feriti.

Quando Bruno Vespa gli chiede del Donbass e della relativa possibilità di arrivare a forme di autonomia concordate, il presidente ucraino risponde in modo ambiguo: «Ma lì non è rimasto niente, i russi hanno ucciso, distrutto e ora chiedono l’autonomia? Noi non riconosceremo mai l’autonomia» afferma netto. Quindi non è rimasto nulla ma vuole che sia per forza suo. Forse poteva essere un cedimento almeno da considerare.

A domanda esplicita sulla Crimea, Zelens’kyj puntualizza: «non ho mai parlato di riconoscerne l’indipendenza e l’appartenenza alla Federazione russa. Anche prima della guerra la Crimea aveva autonomia, ma è sempre stato territorio ucraino. Noi abbiamo detto che siamo pronti a parlare con la Russia. Ora non possiamo deliberare una decisione sulla Crimea perché c’è la guerra, la lasciamo da parte se ostacola l’incontro e credo che questa proposta sia stata giusta». E questa precisazione sembra rigorosa e veritiera, uno Stato con autonomia non può diventare merce di scambio durante un conflitto.

Sempre durante l’intervista si passa al pensiero di Zelens’kyj nei confronti dell’Italia. «La fiducia verso la mediazione culturale dell’Italia è grande. Tramite questa cultura, il giornalismo e mass media, voi potete portare la verità alla società russa che oggi si trova nella bolla informativa costruita dal potere politico e militare russo». In realtà qui ci sarebbe molto da discutere dato che molti account social italiani sono stati bloccati perché riportavano notizie a favore delle decisioni iniziali prese dalla Russia. In un Paese dove c’è veramente la libertà di stampa questo non dovrebbe accadere, anche perché così non dimostriamo di essere migliori dei russi. E soprattutto si capisce ancor di più che, secondo i leader, ideologicamente dovremmo tutti schierarci con l’Ucraina.

Il leader ucraino si è poi detto “grato” per la decisione del Governo italiano di unirsi alle sanzioni europee: «Credo che questi passi, anche nell’ambito turistico, siano stati molto forti. Il sostegno dell’Italia è molto forte».

Elogi e belle parole anche per il premier italiano. «Draghi ha ragione, ha affermato Zelens’kyj. «Noi possiamo vincere perché stiamo combattendo per la verità e non siamo da soli. Le forze armate dei russi sono quattro volte più grandi, il loro Stato è otto volte più esteso, ma noi siamo dieci volte più forti come persone perché siamo sulla nostra Terra. Per noi la vittoria è solo restituire le cose nostre, per loro è rubare qualcosa degli altri. Non siamo in condizioni di parità, la Russia è più forte, ma il Mondo è unito intorno a noi, e sentiamo che passo dopo passo stiamo riuscendo».

Presente nell’intervista anche Papa Francesco e la scelta di far portare la Croce durante la via Crucis del Venerdì Santo a due donne, una russa e una ucraina. «Siamo molto grati al Pontefice e abbiamo fiducia in lui, ma non possiamo accettare quell’immagine di due persone che camminano una accanto all’altra tenendo le bandiere della Russia e dell’Ucraina. Per noi la bandiera russa è sinonimo di occupazione, è la bandiera sotto la quale ci stanno uccidendo». Quindi anche il Papa, che notoriamente dovrebbe essere neutrale, secondo il presidente Zelens’kyj ha sbagliato e avrebbe dovuto operare una scelta. E come si fa a chiedere la pace se si sta solo da una parte?

In ultima battuta il Capo dello Stato ucraino, interpellato da Vespa, si esprime su di sé e sulla sua famiglia. «Ci parlo al telefono, li ho visti un paio di volte, mi danno massimo sostegno. Vogliono che la guerra finisca ma che finisca con la nostra vittoria perché non abbiamo nessun diritto di perdere dopo decine di migliaia di persone uccise».

Zelens’kyj, poi, ribadisce che non è scappato. «Io adesso non sto nel bunker. Questo è il centro di Kiev e io mi trovo nell’ufficio del presidente ucraino. Ogni giorno sono qui. Poi, se suonano le sirene, ovviamente mi nascondo, come gli altri». È sempre rimasto nel suo Paese anche quando leader mondiali gli hanno offerto rifugio nelle proprie Nazioni e questo gli fa onore.

Giorgia Iacuele

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