Il problema migratorio dell’Africa:
“Diplomazia e Coraggio”
DIPLOMAZIA E CORAGGIO
un’analisi di TORQUATO CARDILLI *
Da ex ambasciatore, posso riconoscere che fino ad ora, sul tema dell’immigrazione, la diplomazia classica – esautorata da iniziative politiche non ponderate a sufficienza, offensive e prive di forza negoziale, senza un piano organico – è stata ridotta a puro protocollo e cura di una fittizia immagine internazionale.
Lo stato di permeabilità delle nostre frontiere marittime da parte di migranti economici e profughi che arrivano con natanti di qualsiasi stazza, bandiera e nazionalità non è più tollerabile. L’Italia è come una comoda scialuppa in mezzo al mare che non può accogliere tutti, pena l’affondamento.
Quelli che operano per lucro criminale o per scopo politico, hanno in comune l’obiettivo del trasporto di persone destinate alla clandestinità, imbarcate a caro prezzo, come se si trattasse di una vendita di schiavi. Il corrispettivo viene incassato in anticipo prima della partenza su natanti di fortuna per una traversata verso l’Italia che può anche finire tragicamente in fondo al mare.
Oltre agli arrivi alla spicciolata ci sono quelli trasportati da barchini messi in acqua da navi madre e quelli trasportati da navi di ONG con bandiera straniera. E’ una sfida aperta al nostro paese.
Il Ministro dell’Interno poveretto, da perfetto burocrate provinciale senza visione politica, prende provvedimenti estemporanei, pensati all’istante senza che siano preceduti e poi accompagnati da azioni politiche e diplomatiche, cioè senza che sia stata elaborata una reale strategia fondata su piani operativi applicabili. Il tutto, esposto a critiche di incostituzionalità, si risolve in un fiasco tremendo come testimoniato dalla tragedia di Cutro in poi, con un danno notevole al prestigio italiano.
IL PROBLEMA MIGRATORIO DALL’AFRICA E’ ANTICO
Venti e più anni fa il Colonnello Gheddafi, che teneva il suo paese con il pugno di ferro, apriva e chiudeva il rubinetto dell’immigrazione, ogni volta che voleva strappare una concessione dall’Italia.
Nel trabocchetto caddero a piè pari tutti i governi da Berlusconi, a Prodi, a D’Alema, e ai successivi con i relativi ministri dell’interno. Nessuno di loro ha mai pensato al futuro, al riconoscimento internazionale che l’Italia è il confine meridionale dell’Europa e che gli Stati che stanno nelle retrovie hanno il dovere di sostenere con ogni mezzo quelli che stanno in prima linea, così come avviene negli schieramenti in guerra.
Quando Gheddafi minacciava un milione di immigrati, diceva la verità perché vedeva il continente ribollire con un’esplosione demografica senza controllo, ma nessuno dei nostri gli diede retta, né si preoccupò di coinvolgere seriamente l’Europa, giocando tutte le carte in mano, compresa quella del blocco delle decisioni all’unanimità.
C’è ora qualcuno che, superando i dibattiti inutili, immagina un piano a breve, media e lunga scadenza per fronteggiare, e governare un fenomeno epocale che ci sommergerà?
Il piano dovrebbe fondarsi su un mix di tessitura diplomatica e di azioni di forza, dopo aver attentamente valutato i punti chiave del problema, qui esaminato per tappe.
1.) Che cos’è l’accordo di Dublino e chi lo ha firmato?
Nel 1990 l’Unione Europea pensò di regolare il diritto di asilo e fronteggiare il problema del flusso continuo di immigrati dall’est europeo con la Convenzione di Dublino (firmata dai 12 Stati storici dell’Unione ed entrata in vigore nel 1997) in base alla quale si stabiliva che il paese che accoglieva per primo un immigrato ne diventava responsabile ai fini dell’accertamento della qualifica di rifugiato politico.
Nel 2003 la Convenzione fu trasformata nel trattato detto “Dublino II” che istituiva a livello europeo una banca dati degli immigrati con l’acquisizione delle impronte digitali, l’obbligo dei paesi aderenti di scambiarsi tutte le informazioni pur lasciando immutate le disposizioni sull’organizzazione dell’accoglienza in loco.
Dublino II fu firmato da Berlusconi e ratificato dal parlamento italiano a larga maggioranza con i voti dei partiti di governo senza che nessuno comprendesse che con quel voto si consegnava l’Italia all’immigrazione selvaggia controllata da schiavisti delinquenti.
A luglio 2013 il trattato fu ribattezzato Dublino III (ma la Danimarca se ne tirò fuori) per alcune leggere modifiche delle regole sui centri di raccolta e di identificazione. Esso fu firmato da Letta. Ancora una volta, pur in presenza di flussi continui in Italia di africani e persino di asiatici, non si fece nulla per chiedere con forza la modifica sostanziale del trattato e di imbastire dei programmi di cogestione europea del fenomeno dell’immigrazione.
Nel 2015 la Germania sospese temporaneamente e unilateralmente la validità del trattato di Dublino per far fronte al problema dell’accoglienza dei profughi siriani; nessuno dei partner europei mosse un sopracciglio, né il nostro Governo approfittò dell’occasione per tirarsi fuori o per chiedere sostanziali modifiche. Al contrario pur essendo il suo superamento incluso nei programmi elettorali dei vari partiti, l’Italia non ha mai formulato uno straccio di proposta, né ha minacciato la sospensione o la denuncia del trattato fino a quando l’UE non avesse affrontato sul serio il problema dell’immigrazione dall’Africa.
E’ noto che Renzi, pur di ottenere dall’UE la flessibilità sul deficit per regalare gli 80 euro, si impegnò a prendere tutti i naufraghi soccorsi, senza alcuna proposta costruttiva che non fosse basata sull’accoglienza, sulla quale hanno pure lucrato le organizzazioni criminali.
Di fronte all’arroganza ed alla perfidia di stati partner, solidali a parole, ma di fatto concorrenti in tutto, bisognerebbe che il nostro governo si ribelli all’umiliazione dell’Italia, considerata la pattumiera d’Europa.
2.) Chi è il responsabile politico del disastro immigratorio?
Da dove viene l’ondata immigratoria? Principalmente dalla Libia. Chi è stato il responsabile della totale disarticolazione del paese? Il trio dei vincitori della II guerra mondiale, membri permanenti del Consiglio di Sicurezza: Stati Uniti, Francia e la solita Gran Bretagna, grazie anche alla debolezza italiana che non ha osato difendere i suoi interessi e il suo onore. E’ a loro che va chiesto il conto per aver destabilizzato un paese ed un continente e aver danneggiato direttamente gli interessi italiani.
I vari Berlusconi, Napolitano, La Russa erano consci delle conseguenze che avrebbero scatenato sull’Italia non opponendosi alla guerra contro Gheddafi, legato all’Italia da un trattato di mutua assistenza militare firmato proprio da Berlusconi?
L’ASSENZA di CORAGGIO, soprattutto del Presidente del Consiglio nell’onorare l’impegno liberamente sottoscritto e ratificato dal Parlamento e nel resistere alle pretese dell’alleanza anglo-franco-americana, equivale al comportamento di un traditore che si è macchiato del reato di fellonia.
3.) La politica del fatto compiuto
La storia ci insegna che in politica estera, quando è in gioco il principio dell’influenza geostrategica o la minaccia ai vitali interessi nazionali, se falliscono le trattative diplomatiche, data l’incapacità dell’ONU, che di solito interviene solo a difesa degli interessi degli Stati Uniti, di fare rispettare le regole internazionali, si ricorre alla politica del fatto compiuto.
Forse che Israele non occupa abusivamente dal 1967 la Transgiordania, Gerusalemme Est, le alture del Golan? Quale è stata la reazione della comunità internazionale all’occupazione americana di Panama e di Grenada? Quali le conseguenze giuridiche e politiche della guerra alla Serbia, dell’invasione dell’Iraq e poi dell’Afghanistan durata 20 anni?
Gli Stati Uniti non hanno esitato a fare guerre, invasioni o a bombardare facendosi coprire da delibere postume di ONU e Nato, cioè a motori già accesi (Iraq, Afghanistan, Sudan, Libia) o a fomentare rivolte (Venezuela, Siria, Ucraina) o a imporre sanzioni giugulatorie (Venezuela, Iran, Russia) o restrizioni daziarie e commerciali (Cina e Europa).
Similmente, anche se a piccolo cabotaggio, Francia e Inghilterra hanno partecipato, coinvolgendoci, alle invasioni dell’Iraq, dell’Afghanistan, al bombardamento della Serbia, della Siria e della Libia. Scopo? Senza apparentemente avere nulla da guadagnare hanno fatto finta di proteggere quelle popolazioni infliggendo loro terrore e morte e danneggiando direttamente gli interessi dell’Italia.
4.) Chi sono i trafficanti di esseri umani e quali le nostre complicità?
Non v’è dubbio che il traffico di esseri umani si fonda su una solida organizzazione criminale, con ramificazioni nel nostro ed in altri paesi europei. Le milizie libiche, composte da delinquenti al soldo di chi paga di più e delle tribù locali, sono spietate nei metodi e nella massimizzazione dei profitti. I loro centri di raccolta sono vere prigioni e luoghi di tortura in cui ogni giorno l’abuso contro la dignità umana diventa la routine. Per l’organizzazione dei loro traffici si riforniscono di telefoni satellitari, di gommoni, di motori, di pezzi di ricambio, di salvagenti ecc. e consegnano allo scafista (spesso un emigrante improvvisato pilota) il prontuario dei numeri telefonici da chiamare in Italia per i soccorsi. Da chi comprano queste attrezzature che non possono essere prodotte in Libia e quali canali finanziari usano per movimentare i loro ingenti profitti illeciti? Possibile che nessuno sappia fare un calcolo banale moltiplicando il costo del biglietto di traversata di 3.000 dollari a persona per il numero di migranti fatti partire e realizzare quante centinaia di milioni di dollari vengono canalizzati dalla criminalità?
5.) Chi sono gli immigrati?
Dei miserabili che partono dalla Libia si sa tutto, ma ancora non si parla abbastanza dello schiaffo al nostro onore inflitto dal dittatore tunisino che, dopo averci illuso insieme alla Von der Leyen e a Rutte sulla cooperazione per fermare le partenze, vedendo che l’indomani della firma del memorandum (di cui si era fatta garante Meloni) non sono arrivati i soldi, incautamente promessi, ha fatto partire deliberatamente ondate di profughi dichiarando che la Tunisia non intendeva essere la guardiana dei confini d’Europa.
Non solo, ma oltre a svergognare il nostro primo ministro che si era sforzato di indurre l’Europa a concedere aiuti, ha anche rifiutato il permesso di far arrivare una delegazione europea con ciò seppellendo con tonnellate di sabbia, il famoso memorandum e il futuribile piano Mattei.
I migranti provenienti dalla Tunisia sono giovani robusti, privi di documenti, dall’incerto paese d’origine, non sempre rispondente a quanto dichiarato dagli interessati, molti dei quali si fanno passare per minorenni per godere della speciale protezione che vieta il respingimento e il rimpatrio. Stranamente non sono tutti miserabili. Hanno pagato almeno 3.000 dollari ciascuno agli aguzzini prima dell’imbarco, vestono qualche capo firmato, sono muniti di cellulare, che però non viene sequestrato dalle nostre autorità di frontiera per le indagini sui contatti e sulla provenienza.
Ogni barcone ha la garanzia di riuscire a impietosire gli italiani con i cosiddetti scudi umani di donne incinte, stuprate e rese gravide durante la prigionia in Libia o in Tunisia, di cui i carcerieri vogliono sbarazzarsi, insieme ai bambini piccoli che creano solo problemi.
6.) Quale è il ruolo dei servizi segreti?
E mai possibile che l’intelligence italiana più quella alleata non sappia chi sia a tenere in piedi questa rete del crimine (che parte dal Sahara, dal Niger, dal Senegal, dalla Nigeria, dal Sudan), in quali paradisi fiscali finiscano i milioni di dollari derivanti dal traffico di uomini, e che non sappiano chi fornisce i gommoni, i motori, i giubbotti, i rifornimenti, le coordinate di navigazione ecc.?
E’ mai possibile che gli europei e gli americani con una presenza sul posto di centinaia di uomini in divisa e dello spionaggio, con rilevamenti radar, satellitari e con i droni non riescano ad individuare in anticipo i punti di imbarco del litorale libico e tunisino?Inoltre, data la collaborazione con le Marine militari di quei paesi, fornite di nostre vedette e di addestratori, è credibile che le Guardie costiere non siano al corrente delle fasi preparatorie di ogni partenza che scruta le condizioni meteo per cogliere il momento propizio per la messa in acqua dei natanti?
7.) Quale il ruolo delle navi ONG che raccolgono i naufraghi sempre in zone antistanti l’Africa?
La legge del mare impone al comandante di qualsiasi nave (senza distinzione di bandiera, di nazionalità, di caratteristiche dello scafo), di raccogliere l’SOS o il segnale di pericolo di naufragio e di recarsi sul posto per il loro salvataggio al più presto, anche se ciò significa cambiare rotta.
Nei casi di salvataggio da parte delle ONG non si tratta di navi da diporto o navi commerciali con rotta precisa e notificata (transito inoffensivo), ma di mezzi che fanno la perlustrazione appositamente in quel tratto di mare, consci di violare la legge italiana quando entrano nelle nostre acque territoriali (transito offensivo).
E’ certamente bizzarro che le missioni navali militari italiana ed europee, concordate dal 2012 in poi (Mare nostrum nel 2013, Triton nel 2014, Sophia nel 2015, Themis nel 2018 e poi Frontex) dotate di tutti i mezzi aeronavali e di intercettazione radar e satellitari, abbiano svolto non il ruolo di dissuasori alle partenze, ma quello di attrazione occupandosi essenzialmente di salvataggio dei naufraghi da sbarcare nei porti italiani.
Possibile che centinaia di migliaia di migranti siano riusciti a sfuggire al pattugliamento militare europeo a ridosso delle acque libiche per consegnarsi alle ONG o forse i tempi e le rotte dei pattugliatori europei erano conosciuti? Possibile che le navi ONG siano sempre puntuali all’appuntamento? Chi le chiama; chi le avverte? Perché i gommoni e barconi non vengono rimorchiati dalle ONG e consegnati alle autorità italiane per la successiva ispezione, indagine, confisca e distruzione, ma vengono addirittura restituiti agli scafisti o affondati per eliminare le prove?
Un’ultima domanda: perché il Ministro dell’Interno non pubblica le cifre verificate degli arresti degli scafisti, delle loro condanne, e delle distruzioni dei navigli? Perché non pubblicizza il numero degli immigrati cui è stata negata la qualifica di profugo politico e che siano stati effettivamente rimpatriati? O al Viminale basta consegnare il foglio di via?
8.) Quali i doveri dell’Italia secondo il diritto internazionale?
Le ONG e i loro difensori sostengono che le pretese di sicurezza italiane violano il diritto internazionale. La Convenzione di Londra (Solas) per la salvaguardia della vita umana in mare del 1974, la Convenzione di Amburgo (Sar) sulla ricerca e sul salvataggio marittimo del 1979, la Convenzione ONU di Montego Bay (UNCLOS) sul diritto del mare in vigore dal 1994, impongono a qualsiasi comandante di natante di assicurare il salvataggio e l’accoglienza di naufraghi fino al porto più sicuro.
E’ noto che nella gerarchia giuridica i trattati internazionali hanno prevalenza sulle leggi e sui decreti nazionali, così come previsto dalla nostra costituzione (art.10). Ma nel caso dei ripetuti traffici delle navi ONG con bandiera straniera e proprietà di organizzazioni filantropiche possono essere invocate le eccezioni al libero passaggio previste dall’art.19 della Unclos che qualifica come offensivo il passaggio di naviglio che implichi atti di propaganda e lo scarico di persone contro le leggi di immigrazione vigenti in Italia, nonché quanto previsto dall’art. 99 di divieto di trasporto di schiavi.
Ogni trattato bilaterale o multilaterale implica l’impegno dei firmatari al suo rispetto integrale, ma può essere denunciato e interrotto quando esso non risponde più agli scopi che ci si era prefissi in origine.
Un esempio? Il presidente Trump, appena insediato alla Casa bianca, ha strappato due accordi stipulati dal suo predecessore: la convenzione di Kyoto sull’inquinamento e il trattato con l’Iran dell’uranio arricchito. Reazioni del mondo? Non pervenute.
9.) L’azione diplomatica ad ampio raggio.
La Germania è riuscita ad indurre i paesi dell’Unione a farsi carico di finanziare con un fondo di 6 miliardi di euro il presidente turco Erdogan con l’incarico di impedire l’afflusso di migranti attraverso la Turchia.
L’Italia, paese più esposto alla marea africana, non è stata capace di ottenere la stessa cintura di protezione e i nostri politici si sono lasciati andare a continue lamentele per essere stati lasciati soli ma non hanno avuto il coraggio di una proposta seria.
Allora, visto che la politica dei baci e abbracci in tutti questi inutili vertici a ripetizione non ha funzionato (scommetto che il vertice di domani di Granada – Tierra soñada por mí –, sarà il solito bluff parolaio), visto che gli alleati storici hanno fatto sempre spallucce o espresso ipocritamente solidarietà di fronte alle tragedie, il Governo tiri fuori il coraggio di una prova di forza per obbligare l’Europa ad una redistribuzione obbligatoria pro quota degli immigrati. Solo una presa di posizione forte potrà scrollare l’albero dell’ipocrita indifferenza.
10.) La politica della forza
Fino a quando non ci fosse nei fatti una concreta realizzazione di solidarietà europea l’Italia mettendo da parte l’atteggiamento costantemente prono e remissivo, provveda a dimostrare all’Europa e alle Nazioni Unite che non è più disposta a subire.
Se la Libia e la Tunisia non sono capaci o non vogliono fermare le partenze degli scafisti collusi con i loro poteri centrali, locali e tribali, l’Italia dovrebbe sentirsi autorizzata a applicare sanzioni contro i fiancheggiatori degli aguzzini e scafisti, dichiarare la sospensione degli accordi di Dublino, estendere temporaneamente i propri confini del mare territoriale anziché entro le 200 miglia di interesse economico esclusivo (art. 53 di Unclos) fino sulla battigia del litorale africano ed affidare agli incursori di marina, agli uomini rana, al battaglione San Marco, al battaglione Tuscania, agli specialisti del col Moschin (utilizzati solo per la parata del 2 giugno) il compito del sabotaggio sulla spiaggia di ogni natante sospettato di traffici di esseri umani.
Non ci sarà alcuno spargimento di sangue, ma il blocco delle partenze almeno per tre mesi servirà all’Italia e all’Europa per applicare severe misure di contenimento e di gestione del fenomeno.
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*Questa analisi a firma dell’Amb. Torquato Cardilli si ricollega all’articolo “Terrorismo Immigratorio” a firma Franco D’Emilio, pubblicato sulla Consul-Press in data 14 settembre. Tale analisi (redatta il 3 ottobre ed inviata alla nostra Redazione con una sua mail del 7 ottobre) rappresenta un articolato e critico approfondimento dell’Ambasciatore su tale drammatica situazione e qui di seguito riportiamo la sua mail:
” Ho letto con interesse l’articolo di un paio di settimane fa sul c.d. Terrorismo Immigratorio. Sono più di quattro anni che propongo una soluzione per costringere realmente l’Europa a farsi carico del problema con equi sacrifici per tutti.
Ero sicuro che a Granada non sarebbe stata raggiunta alcuna intesa effettiva, nonostante che qui la grancassa mediatica, sostenga il successo di Meloni che però non è riuscita a scalfire il muro tetragono di ungheresi e polacchi.
Leggo oggi sul ‘Fatto‘ che nel bilaterale Meloni-Sunak sarebbe stata raggiunta un’intesa sulla messa fuori uso con la forza delle basi di partenza degli scafisti.
Mi permetto perciò di allegare un mio contributo sulla questione “……… Un caro saluto ____________Torquato
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TORQUATO CARDILLI – classe 1942, nato a L’Aquila, brillante carriera diplomatica, già Ambasciatore d’Italia in Albania, Tanzania, Arabia Saudita ed Angola dal 1991-2009 – ha anche lungamente collaborato con la Consul Press. iniziando verso la fine del 2014 e presente con ben oltre 100 interventi.
Personalmente, ed anche a nome della Redazione, lo ringrazio per l’attenzione e la simpatia con cui segue ancora questa “Testata” e, con l’occasione, desidero invitarlo sentitamente a ritornare più frequentemente sul nostro web.
Ciò in quanto le sue analisi ed opinioni sono sempre risultate di forte interesse e sempre di particolare spessore, a prescindere se talvolta (essendo entrambi del XX anno E.F,) abbiamo tra noi polemizzato decisamente pur se cavallerescamente, trovandoci su contrapposte posizioni in merito a determinate tematiche ____________G.M.