Il referendum non è una gara sportiva. È una cosa seria, è una riforma costituzionale
Ludi cartacei? No grazie,
preferiamo la rappresentanza parlamentare !
Stelio W. Venceslai
Non è una gara sportiva il referendum. È una cosa seria, anche se mal presentato, mal discusso e pochissimo illustrato. È una riforma costituzionale. Una cosa importante, da maneggiare con attenzione. Ogni riforma è un tentativo per ottenere qualcosa, a volte un miglioramento, più spesso un peggioramento. Una proposta del genere non si può liquidare con un Sì o con un No. È un modo cretino di risolvere l’incertezza sottostante dei partiti che propongono tali modifiche. Si rivolge al popolo. Basta che dica SI’ e tutto va bene. Se dice NO? Si dimette il Parlamento? No, il Parlamento continuerà nei suoi intrighi alla faccia del popolo sovrano “che non avrà capito”.
Il ricorso alle urne è semplice e sbrigativo. È anche costoso ma, a questo punto, un miliardo in più o in meno non significa nulla per un Paese indebitato a sangue come il nostro. Una goccia nel mare.
La questione è se tutto ciò abbia un senso.
Mai, come in questo periodo, la gente è stata così sfiduciata nei confronti della classe politica, della burocrazia, del sistema sanitario, di quello giudiziario e di quello scolastico. Il fatto che la maggioranza dei partiti politici al governo e all’opposizione sia concorde sulla riforma del Parlamento dovrebbe indurre al sospetto. Forse questa riforma conviene a loro, ma non alla gente comune, che va a fare la spesa tutti i giorni dal fornaio e fa la fila, con le mascherine, davanti ai supermercati.
Mai, come in questo periodo, il Paese è così diviso, tra i credenti nel sistema, perché ci mangiano (più o meno un milione di persone) e tutti gli altri, invece, che non ci mangiano o mangiano a stento per conto loro, temendo il futuro.
Scaricare sugli ignari la responsabilità di questa riforma è cosa vile, soprattutto perché non è previsto un quorum. Troppo pericoloso. Nell’ignoranza e nell’indifferenza passa tutto e su questo conta la nostra classe politica. Un’astuzia da bricconi.
Il Movimento 5Stelle ha fatto di questa sua proposta di riforma l’ennesima battaglia “ideologica”. L’ultima, forse, visto che le altre le ha perse o ridimensionate tutte. A proposito, che fine hanno fatto i navigators? Prendono lo stipendio e stanno a casa. E le famose Sardine? Fanno i baccalà? Il sistema è inamovibile, incollato alle poltrone, saldato dagli inciuci, eterno, come Lukashenko. Un paragone che può sembrare impossibile, ma mica tanto.
Che la maggioranza di governo, ricattata da 5Stelle, proponga al popolo il Si è comprensibile. Incomprensibile, invece, è l’atteggiamento dell’opposizione. Sono, almeno sulla carta, tutti favorevoli al SI. Una vera ammucchiata con interessi diversi, tutti sospetti, alla faccia del popolo bue. Questa concordia nella stessa truffa non va dimenticata dagli elettori.
In realtà, si tratta di un colpo di Stato sommerso che prelude all’istituzione formale di un’oligarchia politica in spregio ai principi democratici introdotti dalla nostra Costituzione, spacciando il tutto per un risparmio di bilancio. Di molto migliore sarebbe stata una proposta per abolire il CNEL, un organismo costituzionale totalmente inutile che macina miliardi dal 1948.
Al sistema democratico usuale si tende a sostituirne uno a democrazia “diretta” (da chi?) del tipo piattaforma Rousseau, che è lo strumento con il quale i 5Stelle, invece di fare congressi, come tutti gli altri, decidono o sembrano di decidere.
Dai sondaggi sembra che i consensi al No tendano a salire. Trasversalmente, i partiti all’origine favorevoli sono divisi al loro interno. Circolano messaggi sulla rete ambigui e disinformanti, addirittura incollando pezzi di protesta contro l’ex riforma di Renzi alle argomentazioni contro il caso di cui si discute oggi.
Forse questo è il segno di una diatriba fra gli stessi 5Stelle, molti dei quali non sono convinti della fondatezza della proposta che hanno a suo tempo approvato. Non a caso nelle Tribune televisive Lega, Fratelli d’Italia e lo stesso PD sono assenti, per presunti impegni pregressi.
Questo referendum avrà, molto probabilmente, un esito pasticciato. Nelle Regioni dove si voterà per le amministrative chi si recherà a votare compilerà la scheda del referendum. Nelle altre Regioni l’affluenza sarà molto scarsa. Sarà facile nel populismo imperante e nella generale indifferenza ostile verso il sistema politico raggiungere il consenso. Gli assenteisti saranno più colpevoli del solito perché in una votazione a semplice maggioranza si assumeranno una responsabilità maggiore per il loro disinteresse su una questione così importante come quella relativa alla modifica della nostra Costituzione
Legare le votazioni referendarie a quelle regionali è stato un altro sottile modo del sistema per far passare la proposta a maggioranza semplice. Per questo un’informazione capillare diventa necessaria per evitare un altro vulnus alla nostra Costituzione.
Seguirà poi una legge elettorale, l’ennesima, su base proporzionale, che già tanti danni ha fatto al Paese, permettendo associazioni temporanee d’interessi. Poi, un giorno, si voterà. E torneremo alle ammucchiate di comodo. L’ipotesi di un governo e di una maggioranza stabili, in tal modo, è sempre più remota.
D’altro canto, ci sono troppi quattrini in arrivo, in prospettiva, perché l’attuale classe dirigente se ne vada senza resistere fino all’ultimo, con le unghie e con i denti.