Il reperimento delle terre rare
Tutti sappiamo che i computer sono fatti di plastica, alluminio o acciaio, ma che all’interno ci sono anche elementi diversi che costituiscono il cuore dei componenti ad alta tecnologia. Questi elementi rendono i magneti più potenti, i dischi rigidi più piccoli, i laser più potenti e affidabili e rendono i nostri computer più potenti e maneggevoli. Senza questi elementi speciali non si potrebbero realizzare più gli strumenti elettronici che sono alla base della nostra società. È quindi fondamentale che questi elementi speciali siano reperibili e a costi ragionevoli. Dalla rivoluzione industriale in poi la domanda di materie prime è cresciuta continuamente e l’uomo ha usato più alluminio, rame, ferro, acciaio, fosforite, zolfo, carbone, petrolio, gas naturale, persino sabbia e ghiaia, nell’ultimo secolo che in tutti quelli precedenti messi insieme. Senza questi materiali sarebbe difficile concepire la vita moderna.
Il problema dell’esaurimento delle risorse non riguarda soltanto le materie di cui sentiamo comunemente parlare, come per esempio il petrolio, ma anche quelle su cui si basa il nostro mondo hi-tech. L’idea della sicurezza nel reperimento dei materiali è diventata una questione importante nel primo decennio del XXI secolo. Prendiamo, per esempio, l’elio, il secondo elemento più abbondante nell’universo. I suoi due isotopi stabili, elio-3 ed elio-4, sono essenziali nella tecnologia criogenica. Per utilizzare un magnete superconduttore tradizionale, la sua temperatura deve essere diminuita fino a pochi gradi al di sopra dello zero assoluto (–273,15 °C) e a tal fine serve elio allo stato liquido.
Un’analisi condotta dall’Öko-Institiute, fondato dalle Nazioni Unite, e dall’Unione Europea, ha individuato i metalli che saranno necessari per le tecnologie sostenibili del futuro, tra cui il tantalio, l’indio, il rutenio, il gallio, il germanio, il cobalto, il litio, il platino e il palladio, utili per l’elettronica “verde”, le celle solari e le batterie. Vista la riservatezza delle compagnie minerarie e dei venditori di metalli, è spesso difficile ottenere dati precisi sulla quantità di questi elementi presente sul nostro pianeta, ma è chiaro che non sono infiniti e anche che si esauriranno all’aumentare della popolazione mondiale.
Nel corso della storia sono scoppiate spesso lotte politiche e guerre internazionali per procacciarsi risorse preziose, come il petrolio, l’acqua e il cibo. Oggi, un gruppo di diciassette elementi della tavola periodica, noti complessivamente come “terre rare”, ha scatenato una bufera politica che minaccia l’industria fotonica e dei semiconduttori in generale. L’importanza di questi elementi potrebbe non apparire subito ovvia, ma elementi quali l’erbio, l’itterbio, l’ittrio, il neodimio, il tulio e l’europio sono componenti attivi essenziali di molti laser, amplificatori ottici e diodi. Sono componenti fondamentali dei laser, che oggi vengono utilizzati dappertutto, dai registratori di cassa dei supermercati come dalle navicelle spaziali. Vengono inoltre impiegati nei magneti, nelle batterie e nelle leghe leggere. Grazie alle loro proprietà fisiche e chimiche sono utili per migliorare la prestazione dei dischi rigidi, dei convertitori catalitici, dei cellulari, dei televisori e di tanto altro.
Con il progredire della tecnologia, la domanda di questi elementi aumenta. Negli ultimi dieci anni il loro uso è raddoppiato. Le auto ibride elettriche e a benzina ne contengono parecchi chili e si tratta di un mercato destinato a espandersi negli anni futuri. Nonostante il nome, le terre rare non lo sono in realtà in modo particolare. In un rapporto del 2010, la British Geological Survey le ha considerate abbondanti quanto il rame o il piombo. Il problema è tuttavia rappresentato dall’accesso e dall’approvvigionamento: la Cina ne ha quasi il monopolio dell’estrazione. Possiede il 37% delle riserve stimate del mondo, circa 36 milioni di tonnellate, ma controlla più del 97% della produzione. L’ex blocco sovietico ne possiede circa 19 milioni di tonnellate, gli Stati Uniti 13; altri depositi si trovano in Australia, India, Brasile e Malesia. Le altre fonti ancora inutilizzate, come quelle della Groenlandia, potrebbero soddisfare il 25% della domanda globale di terre rare. Anche il Sud Africa potrebbe avere ampi giacimenti, insieme al Malawi, al Madagascar e al Kenya.
Dal punto di vista estrattivo le terre rare comportano inoltre impatti ambientali e sociali. In alcuni paesi, i lavoratori impegnati nell’estrazione e nella raffinazione di terre rare sono sottoposti a condizioni di lavoro pericolose e di sfruttamento anche dei minori, con salari bassi e mancanza di protezione sociale. Ciò solleva questioni di giustizia sociale e richiede maggiori sforzi per garantire la tutela dei diritti dei lavoratori e una catena di approvvigionamento responsabile.
Le terre rare possono essere riciclate, ma a volte i materiali si disperdono a tal punto da risultare quasi irrecuperabili. Nel mondo intero vengono riciclati più di 400 milioni di tonnellate di metalli. Il National Institute for Materials Science del Giappone ritiene che nelle discariche giapponesi vi siano ancora disperse circa 6800 tonnellate d’oro (il 16% delle riserve mondiali), 60000 tonnellate di argento (22%) e 1700 tonnellate di indio (15,5%).
Anche il principio di sostituzione è importante. Negli ultimi vent’anni i monitor piatti hanno rimpiazzato i tradizionali schermi a raggi catodici nelle nostre case. Questi schermi vengono usati anche nei cellulari e in altri apparecchi. In futuro, tuttavia, si creerà un collo di bottiglia: ogni schermo ha bisogno di indio, elemento notoriamente difficile da estrarre. Nel 2002 Hideo Hosono e i suoi colleghi del Tokyo Institute of Technology hanno dimostrato che è possibile utilizzare allumina e ossido di calcio al posto dell’indio, sostituendo una sostanza rara con elementi più abbondanti, quali alluminio, calcio e ossigeno. Analogamente, catalizzatori come il platino, il palladio, il rodio, l’iridio e il rutenio vengono rimpiazzati da ferro, rame, zinco e manganese. Per superare il collo di bottiglia che ci attende, dovremmo intraprendere un’azione collettiva di recupero e riciclo che però è ancora lontana da venire. Il budget necessario alle future tecnologie per garantire uno sviluppo sostenibile rappresenta una piccola parte del PIL degli stati occidentali.
Nicola Sparvieri
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