Il Risorgimento della Città Eterna
I DIVERSI TENTATIVI DELLA PRESA DI ROMA
Ricorrendo quest’anno il 150° Anniversario dell’Annessione di Roma al Regno d’Italia e il Bicentenario della Nascita del Primo Re d’Italia Vittorio Emanuele II, è doveroso ricordare i precedenti tentativi di avvicinamento a Roma, verificatisi durante il processo di Unificazione Nazionale.
Nell’Ottobre del 1867 si svolgevano, a Roma e dintorni, da Villa Glori a Mentana, le gloriose gesta di numerosi patrioti italiani, accorsi da tutta Italia, a sostegno dell’Impresa di Giuseppe Garibaldi, al fine di liberare Roma dal potere temporale dei papi.
La Repubblica Romana 1849
Altri tentativi, non giunti a buon fine, malgrado lo sforzo di volontà e di sangue, si sono verificati durante il Risorgimento. Ricordiamo il lodevole tentativo della Repubblica Romana nel 1849, un esempio di unità d’intenti, di Pensiero e d’Azione. Quando volontari da tutta Italia, che avevano combattuto la Prima Guerra d’Indipendenza a seguito del Re di Sardegna Carlo Alberto di Savoia, dopo la Brumal Novara, accorsero a difesa della neonata Repubblica Romana. Giovani patrioti che combatterono fino al dono della vita. A esempio di Virtù e Valore, citiamo Luciano Manara e Goffredo Mameli.
Noi dobbiamo morire per chiudere con serietà il Quarantotto. Affinché il nostro esempio sia efficace, dobbiamo morire. (Manara)
Noi siamo da secoli /calpesti, derisi, /perché non siam popolo, /perché siam divisi. /Raccolgaci un’unica /bandiera, una speme:/ di fonderci insieme /già l’ora suonò. (Mameli)
L’ultimo Atto compiuto dal Governo della Repubblica Romana, affidato a un Triumvirato, costituito da Aurelio Saffi, Carlo Armellini e Giuseppe Mazzini, fu l’approvazione della sua Costituzione. Questo importante Documento riprende alcuni punti già presenti nello Statuto Albertino, concesso dal Re Carlo Alberto nel Marzo del 1848, motivo di elogio da parte di Goffredo Mameli, che non a caso, dedicò al Sovrano il nostro Inno Nazionale, Fratelli d’Italia, statuto rimasto ininterrottamente in vigore fino al 1946. La Costituzione Romana rappresenta un punto di riferimento importante per l’attuale Costituzione della Repubblica Italiana.
Sul Gianicolo a Roma questo evento storico è inciso nella pietra e nel bronzo dei monumenti eretti a perenne ricordo per le generazioni future.
L’Aspromonte 1862
Altro tentativo di liberare Roma e di ricongiungerla all’Italia, risale alla calda estate del 1862. Si era da poco giunti, il 17 Marzo 1861, alla Proclamazione del Regno d’Italia con Torino Capitale e con Vittorio Emanuele II, primo Re d’Italia per Grazia di Dio e Volontà della Nazione, dopo le sanguinose battaglie della Seconda Guerra d’Indipendenza e la Spedizione dei Mille.
Garibaldi e i volontari sbarcarono in Sicilia e il 19 Luglio 1862, al grido di Roma o Morte, si avviavano alla volta della Capitale. Nel 1862 il rischio di una rottura diplomatica a livello internazionale era altissimo e il Governo del Re, guidato dal Ministro Urbano Rattazzi dava l’ordine di aprire il fuoco sull’Aspromonte il 29 Agosto. I Bersaglieri e i Garibaldini, pur avendo lo stesso obiettivo e lo stesso sogno da realizzare, si scontrarono, non essendo ancora giunto il momento giusto. Garibaldi fu ferito ebbi in regalo due palle di carabina, e molti garibaldini furono arrestati, ritornando presto in libertà in seguito all’amnistia concessa per il matrimonio tra la Principessa Maria Pia di Savoia, figlia del Re Vittorio Emanuele II, e il Re del Portogallo, il 27 Settembre 1862.
Villa Glori 1867
Dopo la Terza Guerra d’Indipendenza e l’annessione del Veneto nel 1866, Garibaldi con i volontari, spinto dall’entusiasmo e dalla popolarità crescente, in seguito alle vittorie riportate in guerra, ritentò una nuova marcia su Roma, nell’Ottobre del 1867. A capo del Governo si trovava nuovamente il Ministro Rattazzi, che tentava anticipatamente di stabilire un patto con il Generale, dovendo tener conto della Convenzione di Settembre del 1864. Un accordo firmato tra Italia e Francia, che prevedeva il rispetto e la tutela dello Stato Pontificio. Garibaldi confidava nell’amico comune Francesco Crispi, al quale in una lettera dichiarava, esplicitamente, che non vi erano altre soluzioni per risolvere la Questione Romana, se non un’azione combinata tra le forze rivoluzionarie e il Regio Esercito Italiano. Crispi rispondeva a Garibaldi Ottime disposizioni […] Impossibile precipitare avvenimenti a vista di interessi internazionali impegnati. State tranquillo.
Lo stesso ministro Rattazzi era consapevole, che solo nel caso di una sollevazione popolare a Roma, l’esercito italiano sarebbe potuto intervenire, senza violare la Convenzione di Settembre. Garibaldi intanto era tenuto sotto stretta vigilanza a Caprera, ma nonostante i rigidi controlli il 14 Ottobre riusciva a scappare. Al grido non più di Roma o Morte, lanciava un nuovo proclama Redimere l’Italia o Morire, e si avviava ancora una volta verso la Capitale, confidando in una sollevazione dal basso e in un sostegno dall’alto.
I suoi uomini fidati arruolavano ormai da mesi volontari in tutta la penisola, e a Roma i Comitati insurrezionali uniti nella guerra per la liberazione di Roma dal potere temporale dei papi, organizzavano i moti popolari, affidando a Garibaldi il comando delle operazioni. Il 22 Ottobre i giovani patrioti Giuseppe Monti e Gaetano Tognetti facevano esplodere la Caserma degli Zuavi pontifici, detta Serristori, provocando 27 vittime. Questo attentato allertò le truppe pontificie, che diedero subito inizio a un’attenta opera di vigilanza e controllo. I due giovani furono condannati a morte. La condanna al patibolo fu eseguita il 24 Novembre 1868, nonostante la richiesta di Grazia per i due carcerati, avanzata dal Re Vittorio Emanuele II al Papa Pio IX.
Il giorno dopo, il 23 Ottobre, un gruppo di oltre 75 volontari patrioti, guidati dai fratelli Enrico e Giovanni Cairoli, con impari forze, dopo una resistenza eroica, venivano sconfitti dai papalini a Villa Glori. Enrico Cairoli, valoroso combattente, morì sotto un mandorlo, con accanto il fratello Giovanni, ferito, che morirà l’11 Settembre del 1869. Dopo un anno esatto, l’11 Settembre 1870 iniziavano le operazioni militari del Regio Esercito Italiano, che coronarono il sogno di questi giovani italiani, ottenendo l’annessione di Roma all’Italia.
A Villa Glori si può vedere il mandorlo monumentalizzato. Nel 1895 sotto il Governo di Francesco Crispi, per le Nozze d’Argento tra Roma e l’Italia, venne eretta una Colonna commemorativa a memoria dell’estremo sacrificio. La Villa nel 1923 divenne Parco della Rimembranza, a Onore di tutti i caduti per l’Unità d’Italia. Ricordiamo, che ricorrendo nella memoria quello stesso ordine di giorni, dal 23 Ottobre al 3 Novembre, ossia dal tragico evento di Villa Glori, fino alla sconfitta della Battaglia di Mentana, a suo tempo se ne tenne conto. Infatti durante la Grande Guerra, nel 1917, si svolgeva la tragica disfatta di Caporetto. E non è dunque a caso, che dopo un anno esatto, volutamente proprio negli stessi giorni, nel 1918, si verificava la gloriosa Battaglia di Vittorio Veneto, che determinò la Vittoria della Guerra, con la firma dell’Armistizio il 3 Novembre e la fine delle ostilità il 4 Novembre.
Ricordiamo altri eventi fondamentali nella Storia del Regno d’Italia, che ricorrono in questi giorni, il 26 Ottobre 1860 l’Incontro di Teano tra il Re Vittorio Emanuele II e il Generale Giuseppe Garibaldi, il 23 Ottobre 1911 l’Eccidio di Sciara Sciat, (Tripoli), durante la Guerra Italo-Turca, il 28 Ottobre 1922 la Marcia su Roma, e sempre in questo stesso Arco di Tempo, la Seconda Battaglia di El Alamein nel 1942.
Un frammento del mandorlo di Villa Glori è conservato nel Museo Centrale del Risorgimento al Vittoriano a Roma. Un altro frammento fu donato dalla Società dei Reduci dalle Patrie Battaglie all’Istituto Nazionale per la Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon, la più antica associazione combattentistica, che unì in sodalizio tutti i combattenti delle guerre per l’Indipendenza, l’Unità e la Libertà d’Italia. Tra questi combattenti Benedetto Cairoli fu uno dei Presidenti di questo sodalizio, insieme a molti garibaldini e allo stesso Garibaldi. Una discendente di Garibaldi fu Guardia d’Onore, Anita Garibaldi, donna straordinaria che portò avanti la memoria garibaldina, il cui ricordo rimarrà sempre vivo nei nostri cuori. Fu Guardia d’Onore anche Augusto Armellini, figlio del triumviro della Repubblica Romana del 1849. Molti uomini illustri, che hanno fatto l’Italia e che hanno a cuore l’Unità d’Italia, sono stati e sono Guardie d’Onore. Questo sentimento Unitario sta a fondamento della Missione, che l’Istituto delle Guardie del Pantheon, dopo 142 anni porta avanti ancora oggi, mantenendo viva la memoria del processo di Unificazione Nazionale e di Casa Savoia.
CORONAVIRTUS VS CORONAVIRUS
ET FACERE ET PATI FORTIA ROMANUM EST
La Battaglia di Mentana 1867
Il 23 Ottobre, dopo i tragici fatti a Villa Glori, Giuseppe Garibaldi non esitò a oltrepassare i confini dello Stato Pontificio, sostenuto dal figlio Ciro Menotti e da migliaia di volontari. Si confidava nell’insurrezione romana, ma la popolazione nella città si organizzava con difficoltà.
L’incidente del 25 Ottobre alla Lungaretta, con l’assalto dei pontifici al lanificio Ajani, trasformato in una fabbrica di munizioni a sostegno dei rivoltosi, poneva fine e spegneva ogni possibilità e tentativo di insorgere. Ma non spegneva la fiamma della speranza, alimentata dall’estremo sacrificio dei patrioti Francesco Arquati, della moglie Giuditta Tavani e dei loro tre figli. L’esercito pontificio, sostenuto dalle truppe francesi, ormai non lasciava margini di manovra alla popolazione. Garibaldi era in attesa di un segnale che non arrivava, né dal basso, né dall’alto.
In quei giorni il Governo del Regno d’Italia fu affidato al Generale Menabrea, che non poteva intervenire militarmente, per non rischiare la rottura diplomatica internazionale. Il Re Vittorio Emanuele II prendeva posizione contro la spedizione, una decisione difficile, ma inevitabile. Schiere di volontari, eccitati e sedotti dall’opera di un partito, senza autorizzazione mia né del mio Governo, hanno violato le frontiere dello Stato […] depositario del diritto della pace e della guerra, non posso tollerare l’usurpazione. A Civitavecchia erano sbarcate le truppe francesi al comando del Generale De Failly, inviate da Napoleone III per proteggere contro gli attacchi di bande rivoluzionarie il Santo Padre e il Trono Pontificio.
Il Primo Re d’Italia non aveva scelta, non si poteva mandare a morire il fior fiore della gioventù italiana. A quel punto le fila dei volontari garibaldini si assottigliarono, ci furono molte diserzioni e contrasti sul da farsi. Il Generale, in questa difficile situazione mise in atto un’attenta strategia militare. Il 3 Novembre a Mentana avveniva la battaglia decisiva, con impari forze sia d’uomini, che d’armi. L’esercito franco-papalino con i fucili a ripetizione chassepots sconfisse l’esercito di volontari male armati. Garibaldi allo stremo delle forze ordinò la ritirata. Al Passo Corese il Generale silenzioso incontrò il Colonnello Caravà, già suo soldato, e pronunciò queste parole Colonnello, siamo stati battuti, ma potete assicurare i nostri fratelli dell’esercito che l’onore delle armi italiane fu salvo.
Per il Decennale della Battaglia di Mentana, sul sacro suolo che vide svolgersi l’epico evento, nel 1877, per volontà della Società dei Reduci dalle Patrie Battaglie fu eretta l’Ara-Ossario, al fine di custodire i resti degli oltre 300 caduti nell’eroico tentativo di prendere Roma. Nel 1905 fu inaugurato il Museo Garibaldino di Mentana, a memoria delle gloriose gesta, ivi verificatesi.
Nel 1898, con Regio Decreto, venne ufficializzata l’impresa. Fu concesso anche a questi audaci combattenti il riconoscimento di Liberatori di Roma, così come era stato fatto per i soldati del Regio Esercito Italiano, che avevano portato a compimento l’Impresa dell’Annessione di Roma al Regno d’Italia il 20 Settembre 1870.
ADDIO ROMA, ADDIO CAMPIDOGLIO.
CHISSÀ CHI E QUANDO A TE PENSERÀ!
(Garibaldi)
Massimo Fulvio Finucci e Clarissa Emilia Bafaro