IL SONNO DELLA RAGIONE….
un excursus da Socrate sino ai giorni d’oggi
Di seguito le piacevoli e dotte riflessioni di Guglielmo di Burra, nostro collaboratore, sul significato e l’importanza della “Ragione”.
Facilità di accesso all’informazione e semplicità di comunicazione tipica dei nostri tempi, dovrebbe favorire il ragionamento. Spesso, invece, diventa un modo per assimilare concetti preconfezionati, talvolta scientificamente, che invece di stimolo intellettuale, porta ad una apatica e pericolosa omologazione.
Sonno della ragione = Somnus Rationis
Sonno della ragione = Somnus ab Ratione
Sonno della ragione = Quies Rationis
Tre modi di essere, di vivere, che coesistono nel mondo, e in ciascun uomo. Somnus Rationis, con i mostri che il semplice istinto, non governato in maniera equa da quella facoltà che ci distingue dagli altri animali, inevitabilmente provoca.
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E’ seguendo il cammino dell’umanità che è facile scoprire questi mostri. Pur senza entrare nel merito di una rassegna storica, basta pensare a quanto accadde a Socrate, e poi a Pitagora, a Gesù Cristo e via via fino a Giordano Bruno, a Galileo Galilei, ai tanti martiri, alle maledette guerre che hanno mietuto milioni e milioni di vittime innocenti; mai sono venuti meno i deleteri effetti del Somnus Rationis, né tuttora tendono a scemare. Basti vedere, ancora oggi, il dramma delle dure battaglie che si stanno svolgendo in Ucraina, ed ancor di più, da quasi otto anni, nell’avvilente assoluto silenzio unanime dei media, nel martoriato Yemen.
Eppure, qualsiasi persona fosse interrogata su questa questione non esiterebbe a definire la Ragione strumento importantissimo della mente umana.
L’uso della Ragione è la capacità di pensare e di giudicare il più obiettivamente possibile. E ciò è essenziale non solo per apprendere a conoscere la realtà, ma anche per conoscere noi stessi, quindi per imparare a essere liberi, liberi dal bisogno, dall’ignoranza, dai pregiudizi, liberi dalle passioni incontrollate.
Sonno della Ragione è l’insensato comportamento dell’uomo, in nome del progresso, nel deturpare l’ambiente, disboscando aree, inquinando ed avvelenando aria, acqua e suolo.
Sonno della Ragione è far valere i propri diritti con la violenza, il terrorismo o con ogni prevaricazione dei diritti altrui.
Sonno della Ragione è negare giustizia all’Uomo.
Sonno della Ragione è professare un “ipse dixit” di qualsivoglia genere e imporlo ad altri.
Sonno della Ragione è quando ad un Uomo venga imposto il silenzio con la paura, o con la violenza, o lo si condizioni nel modo di pensare e di vivere, modificandone le capacità di critica.
“Rara felicità dei tempi in cui è lecito pensare come si vuole e dire ciò che si pensa”, così scriveva Tacito. Effettivamente rara, dato il numero di coloro che sono stati rinchiusi nel corso dei secoli, e tuttora, in galere e manicomi, o sono stati uccisi o emarginati a causa delle loro idee non conformi a quelle del potere, che sono poi, spesso, quelle di una massa non pensante (nel senso più alto del termine), massa facilmente indottrinabile.
Questo è il mostro che tutti gli altri unisce sotto il binomio “Dogmatismo e Intolleranza”. E la sua presenza non è solo appannaggio dei sistemi totalitari, ma anche di quei Paesi cosiddetti “democratici”. Questo, perché l’intolleranza è nascosta nell’uomo stesso, nel singolo.
Non vi sarebbe la piaga del razzismo se il germe dell’intolleranza non fosse presente nell’uomo e, favorito dal Sonno della Ragione, non prosperasse. Ugualmente, non vi sarebbero divisioni di blocchi politici, né persecuzioni di ogni genere se l’Uomo si sedesse di fronte all’Uomo e ne valutasse il pensiero con la Ragione.
Se l’uomo è diverso dagli animali proprio a causa della Ragione, se gli togliamo questa facoltà cosa diventerà ? Quale futuro ci sarà riservato?
Socrate, ma non solo lui, morì per difendere il proprio pensiero, ebbe perlomeno la possibilità di morire piuttosto che accettare ciò che aveva combattuto per gran parte della sua vita. Ma quale possibilità rimarrebbe a colui che fin dalla nascita fosse incanalato nel conformismo acritico, arazionale, di un collettivismo imposto dal sistema? La felicità di quell’uomo sarà come quella del cane di Fedro, ben nutrito, con una cuccia calda, senza pensieri o preoccupazioni di sorta; ma quale felicità vera, autentica, di quella del lupo, affamato, infreddolito, braccato, ma libero di correre per le sconfinate terre della Conoscenza, del Sapere, del Dubbio. E’ il dubbio che ci incita a non accontentarci della prima visione dei fatti, del primo pensiero, portandoci ad approfondire il ragionamento senza subire condizionamenti.
Ma non basta usare la Ragione da sola, bisogna utilizzarla appropriatamente senza dimenticare che l’uomo possiede anche, e non in secondo piano, il sentimento.
Sonno della Ragione può anche essere inteso come Somnus ab Ratione.
Vi è larga parte della gente che considera la Ragione non come uno strumento importante dell’Uomo, ma come unico strumento in suo possesso, se non come un fine a sé bastevole.
In realtà è necessario rendersi conto che la Ragione è solo il primo scalino verso quella conoscenza assoluta che non siamo in grado di raggiungere, almeno per ora, ma alla quale dobbiamo necessariamente tendere, scalino basilare, importante, “conditio sine qua non”, per giungere alla conoscenza superiore, ma pur sempre primo scalino.
La scienza, così come è intesa dalla maggior parte delle persone, non è in grado di spiegare ogni cosa, ci fornisce sempre più dati sulla realtà materiale, ma poco o nulla ci dice dei piani di esistenza non esplorabili con comuni mezzi di misurazione. Il piano psichico, da tutti ormai accettato, di quale oggettiva misurazione è suscettibile? Ma non per questo, è forse meno reale e presente, nella nostra vita, della forza gravitazionale.
Le stesse scoperte scientifiche sono state in molti casi favorite, non solo da anni di fatiche e di studio, ma anche dalla intuizione. Pochi, ritengo, conoscono la storia della scoperta del meccanismo dell’anello benzenico da parte del chimico tedesco Kekulé (segnerà l’inizio di una lunga e complessa ricerca che troverà il suo epilogo nella meccanica quantistica. Una scoperta che sarà alla base di una vera e propria rivoluzione industriale a cavallo tra ‘800 e ‘900).Tantissime ore di lavoro per risolvere un problema che appariva insolubile, poi, d’improvviso, nella mente appare chiara la soluzione. Kekulé racconta di aver avuto una specie di visione mentre fissava le fiamme del caminetto. Racconta di aver visto un uroboro, ovvero un serpente-drago che si morde la coda, formando così un anello. Quella visione gli avrebbe suggerito di chiudere la molecola del benzene ad anello, invece di lasciarla aperta. (Insomma, Kekulé sfruttò il potere del “drago” per proteggere il suo segreto e tutto riconduce in qualche modo a quanto accade di questi tempi nelle stanze dei nostri Palazzi di Governo: i “draghi”, esperti banchieri, custodiscono tesori e conquistano poltrone, chiudendo così il cerchio. Chiedo scusa per la digressione allusiva da cui non ho potuto sottrarmi). Chi di noi non ha mai provato la meravigliosa sensazione di benessere dell’intuizione?
Del resto, il permeare la nostra esistenza di pura razionalità ci conduce inevitabilmente ad uno stallo. Abbiamo elaborato la teoria del “Big Bang”, abbiamo cercato di misurare le dimensioni dell’universo, viaggiamo nello spazio, abbiamo collegato tutto il globo alla rete internet, abbiamo costruito molecole organiche in laboratorio, forse un giorno riusciremo anche ad assemblare un uomo, ma la domanda che si pose il primo uomo : “Perché?”, “Chi al principio?”, rimane fondamentale, insoluta. Con la sola Razionalità non potremo mai avvicinarci alla verità assoluta.
Anche senza prendere in considerazione quanto ho appena detto, e volendo rimanere legati alle necessità contingenti dell’uomo è facile vedere quale aberrazione può produrre il Sonno favorito dalla esasperazione della Ragione: esigenze quanto mai legittime, che necessitano di soluzioni anche a breve termine, come il fenomeno dell’emigrazione, il controllo demografico, il problema energetico, la questione dell’inquinamento ambientale e del clima, la pandemia, l’arretratezza economico sociale dei Paesi in via di sviluppo, diverrebbero nel migliore dei casi, mezzi male utilizzati per fini meramente egoistici, come già accaduto in tempi non troppo remoti per l’incremento demografico, abilmente stimolato dalle Chiese (recentemente anche dal Papa Bergoglio), oppure come avviene in questo difficile periodo, per la crisi dei prodotti energetici, in particolare le forniture di gas e petrolio, maldestramente sfruttata e crudelmente pilotata dalla feroce politica speculativa degli USA, supportata dalla élite finanziaria.
L’eccessiva razionalizzazione non può essere considerata un bene. Se infatti non avessimo la Ragione, poco ci differenzieremmo dalle bestie. Né la nostra situazione sarebbe migliore se fossimo completamente dominati dalla Ragione, perché in tal caso non saremmo dissimili dalle macchine, in quanto finiremo col divenire un marchingegno molto sofisticato. Ma in tale evenienza, cosa ci renderebbe più competitivi rispetto ad un robot meccanico, che diversamente da noi non accuserebbe stanchezza, sarebbe più veloce nel lavoro, più facilmente riparabile? Forse un uomo la cui vita fosse facilmente prevedibile, godrebbe di maggiore felicità del cane di Fedro? Certamente no. Forse all’uomo si sostituirebbero delle macchine, abolendo così l’incognita, la meraviglia dei sentimenti quali l’amore, l’amicizia, la felicità e naturalmente anche la paura, la tristezza, lo sconforto, anch’essi sentimenti che contribuiscono a creare l’uomo. Anche in tale circostanza verrebbe ad essere eliminata la facoltà di scegliere, non sarà più libero e neppure se stesso, neanche uomo.
Già oggi si tenta questa opera di deumanizzazione e in parte con successo, attraverso la pubblicità, non solo di prodotti commerciali, ma soprattutto, utilizzando la moltitudine dei social, per trasmetterci messaggi, idee, modelli comportamentali, morali ed etici, veicolati da personaggi noti, dotati di forte carisma, nei quali la massa tende facilmente ad immedesimarsi.
Questi condizionamenti non fanno altro che produrre frustrazioni tali per cui l’uomo è facilmente preda di nevrosi, di ansie, finanche di vere psicopatie anche gravi, né potrebbe avvenire diversamente quando si cerchi di abolire ogni istinto, ogni giusta passione, e per giusta intendo non soppressa, ma mitigata dal raziocinio. Già Erasmo da Rotterdam esortò gli uomini a chiedersi perché mai Giove avesse dotato l’uomo di ragione in così piccole proporzioni rispetto alle passioni così estesamente disseminate nel corpo.
In altre parole, rispettiamo la Ragione e utilizziamola senza parsimonia, per dirigere le passioni dell’animo, per conoscere ed analizzare il reale, ma non eleviamola a novella Dea, né consideriamola perfettissimo ed esaustivo mezzo d’indagine. Che il Sentire abbia sempre posto nella nostra vita. Altrimenti il “Somnus ab Ratione” partorirà l’orrendo mostro della scomparsa dell’Umanità dell’Uomo.
Nella famosa composizione teatrale “Il flauto magico”, del grande genio della musica, Mozart, il giovane principe egiziano, Tamino, raggiungerà la saggezza solo quando si affiancherà a Pamina, fragile creatura della notte vibrante di Sentimento; fino a quel momento Tamino avrà solo la sapienza che, soltanto se aggiunta al Sentimento, può dare la Saggezza.
La Ragione ci permette, dunque, di esplorare e vagliare il Reale ma, come sopra esposto, oltre ad un certo livello risulta insufficiente. E’ a questo punto che si rende necessario il nuovo Sonno della Ragione : “Quies Rationis”. Cioè l’acquietamento della Ragione e, grazie al massimo livello di conoscenza del reale raggiunto, il lasciarci invadere dalla illuminazione intellettuale. Strumento metafisico che permette l’unione del Corpo, simbolo di materialità e di fissità, e dell’Anima, simbolo di motilità attraverso il reale, con lo Spirito, simbolo di essenzialità.
Attraverso questa unione la soggettività dell’uomo diviene sintonica con l’oggettività universale, senza però perdere le caratteristiche proprie: potrà l’uomo, allora, conoscere la Verità assoluta, non come premio concessogli dalla benevolenza di un Essere superiore, ma in virtù di quella rivelazione divina quale la intendeva Platone nella sua “Apologia di Socrate “, dove giustamente è detta “Logos”, cioè la stessa parola usata anche per definire la Ragione.
La ricerca della Verità deve seguire diversi livelli, ognuno dei quali è costituito da innumerevoli strade, ognuna giusta purché sia segnata dal dubbio, dalla tolleranza, dalla ragione, dal sentimento. Inoltre, essa non dovrà essere mai fine a se stessa, ma dovrà essere condotta avendo sempre in animo il bene dell’umanità, cioè la sua libertà. Libertà dal bisogno certo, ma più ancora libertà spirituale, che presuppone esattamente quella conoscenza superiore della illuminazione intellettuale. Ecco perché colui che crede solo in verità rivelate dall’alto, mai potrà essere libero, in quanto partecipe solo di una piccola parte della verità, essendo tutto il resto legato dal suo stesso dogmatismo e dalla sua propria intolleranza.
Non credo, con ciò, che si possa arrivare alla Verità assoluta, ma non per questo se ne deve abbandonare la ricerca. Mi piace a questo proposito citare lo psicologo e filosofo Erich Fromm: “Non è importante a qual punto del cammino cesserò di vivere, purché abbia la certezza di essermi mosso nella direzione giusta”.
Aggiungo e concludo:
Al di là dei sensi sono gli oggetti, oltre gli oggetti è la mente, oltre la mente, la ragione,
oltre la ragione, la coscienza individuale,
oltre la coscienza, il non manifesto, l’elemento primordiale non evoluto, oltre il non manifesto, lo Spirito,
oltre lo Spirito, non v’è nulla, questo è il fine, la piena consapevolezza.
Isernia, 9 aprile 2022
GUGLIELMO di BURRA