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Immigrazione. Le ragioni dei populisti L’immigrazione vista da Daniele Scalea

L’immigrazione è uno dei temi centrali dello scenario politico attuale e soprattutto futuro. Daniele Scalea nel suo saggio Immigrazione. Le ragioni dei populisti ha affrontato proprio questo problema, partendo dalla contrapposizione tra accoglienza assoluta ed egoismo razzista; si è venuto a creare una sorta di bipolarismo manicheo perché l’argomento “è stato declinato esclusivamente in chiave morale”.

Si è arrivati al rifiuto dell’immigrazione di massa, giunto anche al governo, ma la maggior parte dei media descrive questo atteggiamento ancora come reazione irrazionale e razzista. Al contrario l’allarme popolare per la crisi migratoria è razionale e fondato su una corretta percezione che le sue conseguenze demografiche, culturali, economiche, sociali possono avere.

A prevalere, è invece la linea d’entusiastica accoglienza che si fonda sull’ideologia, riproponendo “l’utopia dell’uomo nuovo con l’immigrato al posto del proletario come strumento per distruggere l’ordine tradizionale ed erigere nuovi esperimenti d’ingegneria sociale sulle ceneri degli Stati-nazione”.

Questa è la tesi di fondo sulla quale si basa il volume, a dispetto della narrazione dominante secondo cui chi si oppone all’immigrazione di massa lo farebbe perché mosso da impulsi irrazionali di xenofobia o razzismo, in realtà vi sono ottime ragioni per criticare l’immigrazione incontrollata e la società multiculturale.

Nel testo viene anche lanciato l’allarme sul futuro demografico italiano, secondo l’Istat, infatti, già da prima della fine del XXI secolo, gli italiani “etnici” perderanno la maggioranza assoluta nel proprio paese. Elaborando i dati Istat con il tasso di crescita si ottiene che, per l’anno 2065, la componente di stranieri e/o discendenti di stranieri sarà superiore al 40%. E questo trend non vale solo per l’Italia ma è in linea con le previsioni demografiche relative a molti altri grandi Paesi “multiculturali” dell’Europa.

Ma possiamo fare qualcosa per rallentare questo flusso e limitarlo? L’autore parla di un’immigrazione sostenibile ossia che non danneggi i popoli che la ricevono, ma per far si che ciò accada, ci deve essere necessariamente una regolamentazione. Oltre al fattore quantitativo, pesa anche quello qualitativo; infatti, per quanto possibile, un Paese dovrebbe accogliere quegli immigrati che portano capacità che nel Paese stesso sono carenti e non solo lavoratori che rimpiazzano gli autoctoni perché disposti ad accettare salari minori. Infine, un altro punto fondamentale è l’integrazione stessa, gli immigrati vanno “assimilati” in modo che non si formino ghetti di singole nazionalità. Assimilare infatti significa che l’immigrato, e quindi i suoi figli e nipoti, diventano in tutto e per tutto italiani, senza sentirsi diversi, esattamente come succedeva prima che cominciasse questa incontrollata immigrazione di massa. Servono quindi politiche basate sull’interesse nazionale, sulla cittadinanza non meramente «burocratico-amministrativa» e su un’immigrazione controllata e, appunto, sostenibile per chi accoglie e produttiva per chi arriva “Si possono e si devono trovare soluzioni vantaggiose per tutti i popoli. Il nostro compreso” è la frase che chiude questo libro.

 

 

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