A scatenare la rabbia dei manifestanti in Cina è stato l’incendio in un grattacielo di Urumqi, capoluogo dello Xinjiang, dove sono morte dieci persone.
Le autorità sono state accusate di aver rallentato i soccorsi a causa delle rigide regole contro la diffusione del virus. L’incendio sarebbe stato causato da una presa elettrica nella camera di uno degli occupanti al quindicesimo piano. Circa tre ore dopo i vigili del fuoco sono riusciti a spegnere le fiamme e a estrarre nove feriti. Sui social è stato diffuso un video che mostra un camion dei pompieri che irrora l’edificio con l’acqua da lontano a causa delle restrizioni. Centinaia di persone riunite fuori dagli uffici del Governo locale a Urumqi chiedono la fine del lockdown.
Il Governo cerca di calmare le proteste
In una conferenza stampa, le autorità locali hanno assicurato che il camion ha avuto difficoltà a raggiungere l’edificio perché la strada era occupata da veicoli in sosta. Hanno precisato che tutto l’isolato il giorno prima era stato classificato come “zona a basso rischio“. Ma secondo il quotidiano di Hong Kong, South China Morning Post, l’area di Jianxiang, dove si trovava l’edificio, non era mai stata dichiarata “zona a basso rischio”. Le autorità hanno anche sostenuto che l’incendio si è propagato perché la porta tagliafuoco era aperta. E hanno affermato che alcuni dei residenti non sono riusciti a fuggire dato che non conoscevano le uscite di emergenza.
Manifestazioni di protesta
Le foto delle vittime del grattacielo sono state esibite in rete e nelle veglie organizzate per commemorarle nelle Università di Pechino e Nanchino. Il ricordo delle vittime dell’incendio si è trasformato in manifestazioni di protesta, inedite in Cina, con slogan contro il partito comunista e il presidente. “Abbasso Xi Jinping“, “Xi dimettiti”, si sente gridare nei video che arrivano da Shanghai e che circolano in rete, nonostante la censura. Le proteste anti-lockdown, non si erano mai spinte fino a questo punto e con un coinvolgimento così numeroso di persone. “Basta tamponi, vogliamo la libertà!” è stato un altro degli slogan.
Scontri con le forze dell’ordine anche a Wuhan
Non è la prima volta che le proteste contro lo zero covid sfociano in scontri tra cittadini e forze dell’ordine. Proprio Shanghai è stata al centro delle proteste più forti, nel corso dei due mesi di lockdown a cui la metropoli fu sottoposta ad aprile e maggio. Anche a Wuhan nella città in cui ha avuto origine all’inizio del 2020 la pandemia di covid, centinaia di persone stanno manifestando per protestare contro la politica della tolleranza zero introdotta dal Governo. La gente abbatte le barriere, come è stato fatto anche a Shanghai, e scandisce lo slogan “È tutto iniziato a Wuhan, finirà a Wuhan“.
Fogli bianchi, nuovo simbolo delle proteste
Oltre Shanghai e Pechino la protesta monta anche in altre Città, come Nanchino e Qingdao, nonostante gli arresti già compiuti. Nella capitale, secondo quanto riferito da un alunno dell’Università Tsinghua 300 studenti hanno protestato mostrando fogli bianchi, nuovo simbolo delle contestazioni anti-lockdown.
I fogli bianchi, già visti a Hong Kong, in risposta al divieto della Città di usare alcuni slogan di protesta sono non solo simbolici ma anche una tattica per evitare l’arresto o violare le leggi sulla censura del Paese che colpiscono specialmente le piattaforme di social media, costringendo i cittadini ad aggirare il problema. Nelle chat room online ai manifestanti viene consigliato di portare un foglio di carta bianca. Il motore della protesta è WeChat, il social che i cinesi usano oramai per fare tutto, parlarsi e comprare il latte, e che per questo il Governo non può bloccare a meno di rischiare di paralizzare il Paese.
La politica “zero covid”
La Cina è nel pieno della peggiore ondata di contagi da covid dall’inizio della pandemia, con nuovi record segnati nei giorni scorsi. La commissione nazionale per la Sanità ha segnalato 3.648 casi di contagio da trasmissione locale: le metropoli di Guangzhou, Chongqing e Pechino sono le città dove si registrano i numeri più alti. La politica dello “zero covid” applicata in Cina punta a sradicare il virus con tamponi di massa e lockdown improvvisi. Lo stesso Xi l’ha definita “poco costosa”, nonostante le restrizioni abbiano affossato l’economia. Ha chiaramente affermato che la linea del Governo rimarrà in vigore fino a quando non sarà raggiunta la “vittoria finale“ sul virus.
Nicola Sparvieri