Intervista ad Aldo Ciaccio, cantautore italiano, che racconta i progetti dell’associazione “Tota Pulchra”
Il cantautore italiano, Aldo Ciaccio, parla dell’associazione di promozione sociale “Tota Pulchra”, nata nel 2016. Racconta che la stessa vuole dare spazio ai giovani talenti e agli artisti più bisognosi, organizzando iniziative culturali d’ogni tipo.
Calabrese di origine, Ciaccio, amico di artisti come Umberto Tozzi, Pupo, Albano, Morandi, Toni Esposito, esordì come cantautore decenni fa dopo varie attività ed esperienze imprenditoriali. Nel ’99 ha scritto la canzone (titolo in inglese e testo in italiano) “I love You, Jesus cries“.
Tota Pulchra sta progettando iniziative di approfondimento, dialogo interreligioso e interculturale, per creare un ponte tra cattolici italiani e congolesi, Roma e Kinshasa. “Sul piano musicale – precisa Mons. Gervais – sarà importante la partecipazione di Aldo Francesco Ciaccio, cantautore, musicista e artista figurativo”.
Aldo, dove ha debuttato questa canzone, così centrale nel tuo impegno di musicista?
“L’ho cantata la prima volta la Vigilia di Natale del ’99 nella chiesa di Forcella (il popolare quartiere di Napoli): è un pezzo che rappresenta un sincero omaggio a Cristo, simbolo non solo di amore universale, ma di empatia, di comunicazione con tutti, di dialogo interreligioso e interculturale, di capacità di accettare gli altri, contro i muri dell’odio e dell’intolleranza”.
Oggi vivi molto modestamente, a contatto quotidiano con la povera gente, come è nata, questa scelta di vivere direttamente l’impegno cristiano?
“Dopo varie vicissitudini, ho deciso da anni di dedicare la mia vita soprattutto a Cristo, cercando di far capire al mondo qual è veramente il suo messaggio: dopo Forcella così, nel 2000 portai la canzone a Vienna, dove ebbi l’appoggio di un grande del pianoforte, Willi Schneider, e registrai il pezzo all’HM, l’equivalente austriaco della SIAE. Decisi, allora, di portare “I love you, Jesus cries” in giro per il mondo.
Tanti artisti, in questi 20 anni, avrebbero voluto comprarla: io non ho mai voluto cederla, ma non ho mai incassato neanche un centesimo da essa, e chiedo che qualsiasi provento economico che ne derivi sia usato solo per soccorrere la povera gente. Da Vienna ho iniziato veramente a girare il mondo, sempre con questa canzone e altri miei pezzi”.
Quali sono state le tappe di questo tour?
“Dal 2001 in poi, ho portato la mia canzone in Albania, Germania, Svizzera e Francia. Tornato a Napoli, maturai l’idea di portare il brano anche negli USA”.
Non dimentichiamo che proprio negli USA, negli anni ’70, si era riaccesa fortemente – con effetti in tutto il mondo – la religiosità popolare: con la storica “Jesus revolution”, di cui più note espressioni erano state l’opera rock e il film “Jesus Christ Superstar”…
“Esatto: il 31 gennaio 2003 partii per New York, da dove iniziai, come sempre da solo, a girare in tutti i locali del New Jersey, registrando anche molti dischi. In seguito, sventato il tentativo di un produttore di impadronirsi della mia canzone (grazie a un mio ricorso appunto all’HM di Vienna), passai altri 11 mesi in tour tra New York, Miami, Filadelfia, Las Vegas e, ad ottobre 2003, Atlantic City, con Tozzi e Anna Oxa”.
Come hai iniziato a portare “I love You, Jesus cries” nelle chiese?
“Nel 2004, in coincidenza, e anche conseguenza, direi, con una tappa essenziale della mia vita, la fine del rapporto con la mia compagna Maria (durato 12 anni), decisi che una canzone del genere andava portata in tutte le chiese italiane”.
Nelle nostre chiese, in effetti, il bisogno di fare musica, come genuina, popolare espressione di religiosità non si è mai attenuato: con gli sviluppi negli anni ’70, come la celebre stagione delle “Messe rock”, come è andata?
“In occasione della Befana 2005, fu un grande successo a Piazza Navona: il Rettore di S. Agnese in Agone, Mons. Giovanni Battista Todescato, mi chiese di cantare “I love You…” in chiesa a mezzanotte. Poi andai alla Maddalena, in Sardegna, alla comunità casa d’accoglienza di Don Domenico da Gordes, mi esibii in occasione del XXVIII Festival dei due Mari”.
E le altre tappe nelle chiese d’ Italia?
“Sono andate molto bene: dopo la Sardegna, Roma, Ponza, Bologna, Firenze, Torino, Catanzaro, ancora Napoli e Milano. Nel 2006, altro momento importante fu una presenza in RAI a “I fatti vostri”, la trasmissione condotta da Giancarlo Magalli: che mostrò anche le pagine del quotidiano “America Oggi” dedicate a quello che era stato il mio successo negli USA”.
Come vivi oggi e qual è la reazione del pubblico, specialmente dei bambini, ai tuoi brani, anzitutto a “I love You, Jesus cries”?
“Dal 2012, tornato a Roma, ho iniziato un percorso di strada e vivo sotto i ponti. Ho iniziato a cantare appunto nelle chiese romane (regalando, inoltre, oltre 2500 dischi con la mia canzone e altri miei pezzi). A parte un breve ritorno in Albania nel 2017, quando, in occasione della visita di Papa Francesco, l’arcivescovo di Tirana-Durazzo, Mons. Frendo, scrisse per me una lettera di benemerito al Pontefice.
Attualmente suono la chitarra a Piazza S. Maria in Trastevere, e vivo sotto Ponte Garibaldi. Il pubblico apprezza molto “I love You”, specialmente i bambini dai 2 ai…90 anni! Appunto perché è una canzone che parla sinceramente di Cristo”.
Quali sono gli ultimi tuoi progetti?
“Il mio desiderio, oggi, partecipando al progetto di Tota Pulchra per il Congo, è andare a cantare la mia canzone, a rischio anche della vita, proprio in questo Paese. Per questo chiederò un visto a Papa Francesco.
Vorrei poter contribuire a cambiare una situazione davvero inconcepibile, per far sì che più nessuno, in Congo, debba sentirsi in colpa per essere cristiano. Aggiungo che quando, poco prima di Natale, ho presentato la mia canzone, con Tota Pulchra, ai responsabili della Comunità congolese a Roma, e al figlio dello stesso ambasciatore del Congo Kinshasa, il pezzo è stato molto apprezzato: tanto che vorrebbero proporre “I love You, Jesus cries” proprio come inno della Comunità cattolica congolese”.