Israele senza Pace
Considerazioni sull’inaugurazione di un’Ambasciata
Lo scorso 14 maggio Trump, per mezzo di sua figlia Ivanka, ha inaugurato la nuova sede dell’Ambasciata USA, sita non più a Tel Aviv ma nella città Santa di Gerusalemme, sperando forse che la presenza dei luoghi sacri delle tre maggiori religioni stemperasse gli attriti che esistono da tempi remoti fra Israele ed il mondo intero.
Doveva essere una semplice cerimonia, che invece si è presto rivelata una tentata sommossa ed infine una farsa, che, per quanto stupefacente, ha un enorme significato.
A Gaza infatti, già dal giorno precedente, si è ammassato lungo la famigerata striscia, contestata e teatro di continui attacchi a sorpresa da una quarantina di anni, un consistente numero di palestinesi intenzionati a passare le barriere che tenterebbero di impedire attacchi. Israele, a sua volta, ha fatto uso di lacrimogeni e operato decise reazioni che avrebbero lasciate a terra numerose vittime. Ciò che ha colpito l’opinione pubblica è stata la morte di una bambina soffocata dai fumi dei dispositivi di dissuasione. Indignate le maggiori Nazioni intorno, come la Turchia, che avrebbe allontanato l’Ambasciatore israeliano, forse per assurgere ad un ruolo sovrano nei rapporti con gli Stati mediorientali musulmani. Di contro l’Ambasciatrice della Palestina Dra Mai Alkaila ha a sua volta duramente attaccato Israele, per aver occupato territori palestinesi e quel giorno ucciso inermi cittadini.
Ma più tardi le vittime si sono rialzate: era un mezzo per richiamare l’attenzione del mondo sulla situazione di quegli Stati. Solamente alcuni manifestanti, appartenenti alla Organizzazione politica e militare Hamas, sarebbero effettivamente stati uccisi dalle contromisure israeliane: la bambina, poi, sarebbe già morta prima dell’ azione di difesa, ed i genitori avrebbero fatto passare il suo decesso non per crisi cardiaca da patologia, ma per i gas adoperati.
Logicamente le alzate di scudi internazionali si sono subito placate, ma resta la considerazione su questo vulcano mai spento, sempre in procinto di esplodere, come è la terra fra Israele e Palestina. La terra, laggiù, è di ambedue: non si può pensare nè dall’una, nè dall’altra parte di invadere, rubare case e terre, uccidere, fomentare guerre internazionali.
Rivedere la storia per capire i moventi di questi sordi o conclamati conflitti è risalire al Pleistocene, da allora luogo di commerci, di relazioni, di arte e di progresso, come mostrato nel Museo di Storia di Gerusalemme . Cosa ha portato quelle popolazioni, di razze simili, di lingue simili, a lottare aspramente fra loro? L’istinto di conservazione contro l’inedia, che peraltro spesso produce invece alleanze, o una sorta di primato da raggiungere, ma agli occhi di chi, ed a quale fine?
Non erano culture, erano civiltà, Civiltà del Libro, Civiltà della Scrittura, dell’arte, alleate di altre Civiltà mediterranee; quella Palestinese, nella persona dei Fenici, più di quella Israeliana più concentrata sulla propria scienza religiosa. Mosè, se l’egiziano >M’s> voleva dire figlio, forse era stato adottato dal Faraone: ciò dimostra che non tutti gli uomini in quel luogo erano nemici. Poi è possibile che un Dio possa assegnare terre, e solo ad un gruppo di Sue creature, quando tutti gli uomini si dicono e, più importante, si sentano Suoi esseri, e, come dice la stessa Bibbia, per lo meno quella che è possibile leggere, abbiano le loro terre?
L’Imperatore Tito ha sconfitto le popolazioni ebraiche, distrutta Gerusalemme, portato il Candelabro a Sette Bracci, la Menorah, a Roma: i conflitti, però, in quella striscia proprio che ora si chiama Gaza ed anche più estesa, i dissidi fra famiglie e gruppi non cessavano mai, e Tito era un uomo pacifico, fra i migliori della Storia. La locale perenne fibrillazione risvegliava gli appetiti di molti Re assoluti, solleticati dalla bellezza mediterranea, ed era un rischio continuo. La Menorah, come la statua di Uni, ed altri Dei, è stato portato a Roma perchè a Roma si potesse adorare qualsiasi Dio, tutte le religioni erano accettate, considerate, rappresentate, i Romani non erano razzisti, non erano assolutisti come le genti nel Medioevo, corrotti da un Cristianesimo diventato Potere ed organizzato sulla base del Primo Comandamento che, a ben pensare, non è quello che si dice sia, ma: Amatevi, come Io vi ho amato.
Forse è questa la ragione delle lotte: il Potere, agognato da chi si sente superiore, non si sa bene a chi, pertanto si spera ferventemente che tutto finisca, che ognuno abbia la sua casa in pace, la sua terra, il suo focolare, ed Allah, e Jahvè, e Cristo, nomi di un Unico benefico e paterno, che solo questo vuole da gli uomini.
Marilù Giannone