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Italia e Germania nei rapporti internazionali dalla “Belle Époque” alla fine del globalismo

Italia e Germania
nella storia delle relazioni europee e internazionali 

di Raffaele Panico 
foto Archivio PANICO 

È stata definita età bismarckiana il periodo tra il 1871 e il 1890, l’anno delle dimissioni di Bismarck a causa di contrasti profondi con il nuovo kaiser Guglielmo II salito al regno nel 1888.

 

Guglielmo IIGuglielmo IIBismarck                                                                      Bismarck 

 

Cento anni dopo, nell’ultimo decennio del Novecento, le relazioni europee patirono un altro difficile mutamento dall’uscita di scena del Patto di Varsavia. L’Unione sovietica non si era mai avvicinata alle frontiere dell’Europa occidentale, svolgeva il suo ruolo mondiale di condominio egemone con gli Stati Uniti principalmente nell’aree terze del Mondo. Iniziava una volta finita l’esperienza dell’esercizio del potere politico post bellico tra Blocco Est, Blocco Ovest e Paesi non Allineanti, ai primi anni Novanta, il periodo del globalismo e della globalizzazione.

Nella convinzione che fosse necessario un periodo di maggiore integrazione europea con varie fasi di preparazione siamo giunti all’attuale situazione dall’istituzione della Comunità economica europea 1957. Oggi, l’ansia tedesca di partecipare alla corsa globalista e ad una presunta Weltpolitik futura è andata a scontrarsi sull’asse alpino dell’Italia. E si è mostrata con una politica di dispregio incoerente, e vedremo il prosieguo in questi giorni, giorni molto decisivi, vista la situazione di limbo delle energie degli italiani che sono poco e male rappresentati a Bruxelles.
Una politica grossolana forse corroborata dal falso miraggio di fare dell’Italia quel che si è fatto con la Grecia. Altro Paese, altra storia altro peso e misura. Non è un buon servizio per gli Stati europei che vedono interessi economici egoistici e d’inopportuna espansione. Tale visione non può non generare conseguenze difficilmente controllabili. L’obiettivo a guida tedesca in Europa per la competizione globale è centrato su una politica estera travestita dall’idea di una Unione europea, dove l’arena tedesca dovrebbe dare la svolta, tipicamente continentale. Forse tenta solo i primi passi verso una scelta che intende promuovere il tracollo economico finanziario e la tenuta sociale e via dicendo dell’Italia. Col solo evidente significato appuntato sul petto di una presunta passività di governance italiana e preparare così, il popolo italiano, a scendere a patti con l’attivismo speculare teutonico.

Decenni di amicizia italo-tedesca vanno al macero come carta moneta che non vale nulla agli occhi degli italiani. Non è così che si può accrescere la propria influenza, porre problemi complessi ad un popolo da sempre a contatto sin dai tempi remoti. Germania, al centro dell’Europa divisa in due fino al 1989, anche con la nuova capitale da Bonn riportata a Berlino, al di qua delle Alpi ieri come oggi, si trova l’Italia che è la terza Nazione per peso e importanza in termini di economia, industrie e finanze, tanto nella costituzione dell’area della CEE Comunità economica europea, quanto nell’Unione europea.
Fin quando la Germania era divisa in due e in Italia persisteva una classe politica e dirigente post bellica era possibile giocare più carte geopolitiche su più tavoli dello scacchiere internazionale. Nell’ultimo decennio del Novecento il vuoto “romano” scaturito da una doppia capitale Roma, tanto dello Stato italiano quanto del mondo cattolico cristiano, attraverso fasi convulse e trasformistiche, siamo arrivati a questi risultati dopo trent’anni di globalismo.
Oggi la presunta guida germanica dell’Europa rientra in questa sospensione del volere del popolo italiano e s’inserisce con delle richieste ormai esplicite. Gravare il popolo italiano con problemi su problemi al fine di perseguire un primato tedesco sugli Stati d’Europa. Stati e non Unione europea con una ri-divisione del continente tra ricchi e paesi poveri. Analisi grezza e poca capacità diplomatica per porre le premesse ad un mutamento della situazione senza ritorno nell’abusato ritornello “è l’Europa che lo vuole”. E con l’aggravante della supponenza di non attirarsi troppe ostilità. Operazione tra l’altro priva di giustificazione culturale e ideologica e con sfacciate richieste di fronte all’opinione pubblica italiana che è sempre stata la più europeista e attenta a quanto succede nel Continente oltre le Alpi, oltre la Manica e oltre l’Atlantico.
Il processo decisionale ai vertici dell’Unione europea mal si digerisce e capisce dal popolo italiano che ha votato sempre in massa per il Parlamento europeo di Strasburgo. La città simbolo della divisione antica pre-bellica al secondo conflitto mondiale. La città di una area contesa da sempre tra polo latino e polo germanico dai tempi del Limes Romano lungo il fiume Reno, e poi nel mezzo della Lotaringia, ereditata da Lotario il figlio erede di una terza parte dell’impero carolingio. Lotaringia, l’area latino-germanica che dall’antica Gallia Belgica, valloni e fiamminghi, l’Alsazia e la Lorena attraverso la Borgogna e l’Elvezia giungeva fino al Patrimonio di San Pietro, dopo c’era impero bizantino, poi regno del Sud Italia dai confini inalterati dai re Normanno-svevi fino al 1859. Appare confuso all’opinione pubblica italiana il Consiglio degli Stati, e i Commissari, e i Presidenti di Bruxelles, è un affare confuso e approssimativo.
Nulla di quanto promesso con la nuova moneta comune e le libere circolazioni di persone e merci e capitali nell’area Schengen è andato a buon fine in termini di miglioramento di stili di vita e qualità e benessere del cittadino comune europeo. Ben lo sappiamo. E non si capiscono le varie missioni internazionali a cominciare quelle nel Mare Nostrum il Mediterraneo con “Sophia” e adesso “Irene” come si chiama quest’ultima che dovrebbe operare in acque italiane, maltesi al nord della Libia. Esternazioni europee con forte personalizzazione di figure similari al sovranismo post Congresso di Vienna del 1815 che almeno si riferiva allora all’esistenza di centri di potere regi e imperiali, per volontà divina e semmai dei popoli come la formula del re d’Italia per grazia divina e volontà del popolo o della nazione, dato che un re può regnare su più popoli, e nazioni. Commissari, Presidenti di Bruxelles, mostrano un equilibrismo maldestro di personalità e figure complesse e dall’umore nero che ci raccomandano sacrifici.

 

“disegno anni Trenta”

 

“aquarello anni Quaranta”

 

 

 

 

 

Sacrifici che pronunciati di fatto svelano il castello di carte e sogni di gloria andati troppo oltre il Limes di guardia e sopportazione delle genti europee.

 

Certo, in Italia non aiutava, e non aiuta il gruppo dirigente del Paese, una situazione critica interna al Paese che è iniziata da un vuoto di potere iniziato con Mani pulite, tangentopoli e via scorrendo le pagine di cronache e non Storia di un popolo che vuole tornare ai giorni felici del “Miracolo economico” e abbiamo tutte le carte in regola per adoperarci secondo il motto italico memore dell’Umanesimo di “fatica senza fatica” e non con citazioni alla Winston Churchill sacrifici lacrime e sangue.

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