
John F. Kennedy oggi: discorso immaginario per la pace nel 2025
Scritto da Gabriele Felice il . Pubblicato in Voci Aperte.
Introduzione
Miei cari concittadini, amici della libertà in tutto il mondo,
vi parlo oggi non come un’ombra del passato, ma come un uomo che crede ancora nel potere della visione, nell’energia dell’azione e nella forza dello spirito umano. Viviamo in un’epoca di smarrimento, dove il mondo sembra aver perso la bussola e noi stessi, come americani, talvolta vacilliamo. Ma io vi dico: è proprio in questi momenti che dobbiamo riscoprire il coraggio, la responsabilità e quella speranza incrollabile che ci ha sempre guidati.
Come dissi una volta, “chiedi non cosa il tuo paese può fare per te, ma cosa puoi fare per il tuo paese.” Oggi vi invito a guardare oltre, a vedere in ogni ostacolo una sfida, in ogni sfida un’opportunità.
Insieme, possiamo tracciare una nuova frontiera per l’America e per il mondo.
Il ruolo degli Stati Uniti: un faro di speranza
Gli Stati Uniti non sono solo una nazione: sono un’idea.
Siamo nati dal sogno che la libertà, la democrazia e l’opportunità possano illuminare anche gli angoli più oscuri della Terra.
Come una “città sulla collina,” abbiamo il dovere di essere un esempio per tutte le nazioni.
Oggi, in un mondo attraversato da incertezze, il nostro compito non è meno importante: è più urgente che mai. Dobbiamo guidare non solo con la potenza delle nostre armi, ma con la forza dei nostri valori – giustizia, uguaglianza, pace. Non possiamo permetterci di essere solo spettatori: dobbiamo essere protagonisti del futuro.
L’Ucraina: difendere la sovranità, cercare la pace
Guardate all’Ucraina. Quel che accade lì ci richiama i giorni tesi della Guerra Fredda, quando il mondo trattenne il fiato durante la crisi dei missili di Cuba. Come allora, dobbiamo stare al fianco di un popolo che lotta per la propria libertà, per il diritto di decidere il proprio destino.
Nel 1962 dissi: “Non possiamo e non permetteremo ai comunisti di cacciarci da Berlino, né gradualmente né con la forza.”
Oggi, allo stesso modo, non possiamo tollerare che l’aggressione in Ucraina resti senza risposta. Ma la pace, la vera pace, non si costruisce solo con la fermezza: richiede dialogo, diplomazia, visione. Come dissi all’Università Americana, “la pace non deve essere impraticabile, e la guerra non deve essere inevitabile.”
Sosteniamo l’Ucraina, sì, ma cerchiamo anche un cammino verso la riconciliazione.
La Cina: dialogo e cooperazione, mantenendo i valori
Con la Cina, il nostro approccio deve essere chiaro e costruttivo. Riconosciamo i suoi progressi, la sua forza crescente, ma non possiamo cedere sui principi che ci definiscono. Nel 1963 dissi: “Competizione può essere pacifica, cooperazione può essere vantaggiosa per entrambi.”
Dobbiamo trovare terreni comuni – il clima, la salute globale – dove lavorare insieme, senza mai compromettere la nostra fede nella libertà e nei diritti umani. La nostra grandezza non sta nel chiuderci, ma nell’aprirci al dialogo, forti della nostra identità.
Israele e il Medio Oriente: bilanciare sicurezza e giustizia
Guardate al Medio Oriente, dove la violenza ha ancora una volta lasciato cicatrici profonde.
L’attacco di Hamas del 7 ottobre contro cittadini inermi israeliani è stato un atto di terrore inaccettabile, un crimine contro l’umanità che non può essere tollerato in una società civile.
Israele ha il diritto inalienabile di difendere il suo popolo da tali minacce, e noi dobbiamo stare al suo fianco in questo momento di prova.
Tuttavia, la risposta di Israele a Gaza e in Libano, con il suo tragico costo in vite umane—oltre 42.000 morti a Gaza e più di 2.300 in Libano—ci impone di riflettere.
La difesa di una nazione non può giustificare la perdita indiscriminata di vite innocenti.
La proporzionalità e la moderazione devono guidare ogni azione militare, anche nelle ore più buie.
Dobbiamo riconoscere le minacce esistenziali che Israele affronta, ma anche le cause profonde di questo conflitto, come l’occupazione dei territori palestinesi.
È tempo per una risposta internazionale che porti a un cessate il fuoco e a negoziati di pace.
Come dissi una volta, “non dobbiamo negoziare per paura, ma non dobbiamo mai avere paura di negoziare.”
Solo affrontando le radici del conflitto possiamo sperare in una pace duratura, dove sicurezza e giustizia camminino mano nella mano. In questa crisi, vediamo non solo dolore, ma un’opportunità per costruire un futuro di pace e cooperazione, guidati dalla ragione e dalla moralità.
La pace che cerchiamo non è solo la fine dei conflitti, ma l’inizio di una giustizia che dia dignità a tutti. Con una diplomazia paziente e lungimirante, possiamo costruire un futuro dove sicurezza e speranza camminino insieme.
Nel Medio Oriente, il nostro impegno è complesso ma necessario. Dobbiamo garantire la sicurezza di Israele, nostro alleato, ma non possiamo ignorare la necessità di una pace giusta che riconosca i diritti dei palestinesi.
La sfida del riarmo
Guardate alla corsa forsennata al riarmo che sta travolgendo il mondo.
È una realtà che non possiamo ignorare, una minaccia che ci richiama ai giorni più bui della Guerra Fredda.
Russia, Cina e Corea del Nord hanno acceso la miccia, aumentando le loro capacità militari in modi che destabilizzano l’equilibrio globale.
Ma non dobbiamo limitarci a puntare il dito.
Come dissi nel 1963, “non dobbiamo essere ciechi alle nostre differenze, ma dobbiamo anche indirizzare l’attenzione ai nostri interessi comuni e ai mezzi con cui queste differenze possono essere risolte.”
Ogni nazione, inclusi gli Stati Uniti, ha la responsabilità di riflettere sulle proprie azioni.
Non si tratta solo di chi ha iniziato, ma di come tutti noi rispondiamo.
La pace non è un dono, ma una conquista che richiede visione e coraggio.
La guerra non deve essere inevitabile.
Definendo obiettivi chiari e gestibili, possiamo muoverci verso un futuro dove la sicurezza non sia una gara a chi ha più armi, ma un impegno condiviso per la stabilità.
Se non possiamo porre fine ora alle nostre divergenze, almeno rendiamo il mondo sicuro per la diversità.
Invito tutte le nazioni a sedersi al tavolo del dialogo, perché solo insieme possiamo costruire una pace duratura.
La corsa al riarmo è una sfida per la pace globale, ma è una sfida che possiamo affrontare con ragione, responsabilità e una visione comune.
Libero scambio: prosperità per tutti, protezione per i lavoratori
Il libero scambio è un motore di prosperità, un ponte tra le nazioni. Lo credevo nel 1962, quando firmai l’Act di Espansione Commerciale, e lo credo ancora oggi. Ma il commercio deve essere giusto. Dobbiamo proteggere i nostri lavoratori, assicurarci che i benefici della globalizzazione non vadano solo a pochi, ma siano condivisi da tutti. Come dissi allora, “il commercio è il motore della crescita, ma deve essere equo e reciproco.” È una promessa che dobbiamo mantenere: opportunità per il mondo, sicurezza per i nostri cittadini.
Democrazia e diritti: fondamenta della pace
Non c’è pace senza democrazia, non c’è progresso senza diritti umani. A Berlino proclamai: “Dove la democrazia fiorisce, prosperano pace e prosperità.” Questo è il nostro compito: difendere questi valori a casa e nel mondo, essere una voce per chi non ne ha, un faro per chi vive nell’ombra dell’oppressione. La nostra forza non è solo nei nostri eserciti, ma nella nostra capacità di ispirare, di mostrare al mondo cosa significa essere liberi.
Donald Trump e la leadership americana
Guardate al presidente Donald Trump. Il suo stile— divisivo, diretto, conflittuale a volte rozzo—ha segnato un netto contrasto con la tradizione di dignità e decoro che abbiamo sempre associato alla presidenza.
Il suo modo di esprimersi, impulsivo e provocatorio, ha sollevato interrogativi sulla capacità dell’America di guidare con l’esempio.
Come dissi una volta, “la civiltà non è un’eredità, ma una conquista.”
Dobbiamo riflettere: stiamo mantenendo gli standard di rispetto e civiltà che il mondo si aspetta da noi?
In ambito economico, Trump ha scelto un approccio protezionista, con tariffe e il ritiro da accordi commerciali.
Sebbene ciò possa aver protetto alcuni lavoratori, il costo è stato alto: il libero scambio, che sostenni con l’Act di Espansione Commerciale del 1962, è un motore di prosperità globale.
Serve equilibrio, non chiusura.
In politica estera, il suo “America First” ha spesso allontanato alleati storici, indebolendo la nostra leadership morale.
La forza dell’America non è solo nel suo potere, ma nella sua capacità di ispirare fiducia e cooperazione.
Trump ha sfidato le norme, ma la vera grandezza sta nel rinnovare le tradizioni con visione e integrità, non nel frantumarle. L’America deve rappresentare un faro di speranza, non un’ombra di discordia o, peggio ancora, motivo di instabilità e paura.
Conclusione: guardare alle stelle
Miei amici, le sfide che affrontiamo sono grandi, ma non più grandi del nostro spirito.
Nel mio discorso inaugurale dissi: “Tutte queste cose non saranno finite nei primi cento giorni. Né saranno finite nei primi mille giorni, né nella vita di questa amministrazione, né forse nella nostra vita su questo pianeta. Ma iniziamo.”
Guardiamo alle stelle, non ai nostri piedi. I limiti esistono solo se li accettiamo. Con fede nel futuro e coraggio nei nostri cuori, possiamo costruire un mondo dove libertà, giustizia e pace non siano solo parole, ma realtà.
Avanziamo insieme verso questa nuova frontiera.
“John F. Kennedy“
Questo è il mio messaggio per voi, scritto con la convinzione che il futuro non sia qualcosa che subiamo, ma qualcosa che plasmiamo. Che possiate trovare in queste parole l’ispirazione per agire, per sognare, per costruire.
– John F. Kennedy oggi: discorso immaginario per la pace nel 2025
JFK farebbe oggi un discorso del genere? Lo ritengo possibile sulla base dei discorsi, valori e azioni espressi durante i suoi 1036 giorni di presidenza. Un Presidente capace di fermezza quando necessario ma sempre ispirando ed aperto al dialogo.
E comunque, nel bene e nel male, ricordiamoci che i Presidenti passano, gli Stati Uniti restano: c’è ancora domani.
FONTI
