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La befana vien di notte con le scarpe tutte rotte.

Non è un film questa volta e non è neanche la storia vera di Galbusera

In Italia la Befana (corruzione lessicale della parola Epifania dal greco bifanìa e befanìa) è un’anziana signora che consegna doni ai bambini in tutta Italia la notte del 5 gennaio alla vigilia dell’Epifania, così come Babbo Natale o i Tre Magi. 

Nel folclore natalizio la Befana visita tutti i bambini d’Italia alla vigilia della festa dell’Epifania per riempire le loro calze con dolciumi, frutta secca e caramelle; se si sono comportati male trovano invece le calze riempite con carbone ed aglio (morale cattolica). Essendo una brava governante, molti dicono che spazzerà il pavimento prima di andarsene. Per alcuni “spazzare via” significa spazzare via i problemi dell’anno. La famiglia del bambino in genere lascia per la Befana un bicchierino di vino e un piatto con qualche boccone, spesso regionale o locale. E’ ritratta come una strega a cavallo di una scopa che sorride spesso.

                       Nascita della befana

L’origine fu forse connessa a un insieme di riti propiziatori pagani del X-VI secolo a.C. in merito ai cicli stagionali legati all’agricoltura, ovvero relativi al raccolto dell’anno trascorso, ormai pronto per rinascere come anno nuovo, diffuso sia nel mitraismo che nei culti celtici dell’epoca

Gli antichi romani ereditarono tali riti, ritenendo che delle figure femminili volassero sui campi coltivati, per propiziare la fertilità dei futuri raccolti, da cui il mito della figura “volante”. Secondo alcuni, tale figura femminile fu dapprima identificata in Diana, la dea lunare non solo legata alla cacciagione, ma anche alla vegetazione, mentre secondo altri fu associata a una qualche divinità minore.
Un’altra ipotesi collegherebbe la Befana con un’antica festa romana, che si svolgeva sempre in inverno, in onore di Giano e Strenna (da cui forse la parola strega).

Nel centro e nord Europa la figura si richiama alla figura celtica di Perchta che è una personificazione al femminile della natura invernale e viene rappresentata come una vecchia gobba con naso adunco, capelli bianchi spettinati e piedi abnormi, vestita di stracci e scarpe rotte, aleggiando sopra i campi e terreni di notte ne propizia la fertilità, e viene festeggiata nei 12 giorni che seguono il Natale, culminanti in coincidenza con l’epifania.

                        Oggetti tipici e raffigurazioni classiche

Il fatto che porti una scopa pare sia legata ai roghi delle streghe, in cui il manico rappresentava il palo in cui la condannata veniva legata e la saggina rappresentava la catasta di legna da ardere, ma la scopa volante, era anche antico simbolo da rappresentazione della purificazione delle case (e delle anime), in previsione della rinascita della stagione. Condannata fu quindi dalla Chiesa all’inizio, l’antica figura pagana femminile fu accettata gradualmente nel Cattolicesimo, assorbendo così l’antica simbologia numerica pagana.

                                  La Befana fascista

Nel 1928, il regime introdusse la festività della Befana Fascista, dove venivano distribuiti regali ai bambini delle classi meno abbienti. Dopo la caduta di Mussolini, la Befana fascista continuò a essere celebrata nella sola Repubblica Sociale Italiana.

La prima Befana fascista del 6 gennaio 1928 ebbe un successo superiore ad ogni aspettativa, che ne decretò la riproposizione annuale, in un continuo crescendo di partecipazione. Già nel 1930 i pacchi dono distribuiti superarono i 600.000 e nel 1932 furono 1.243.351. Ciò presupponeva una macchina organizzativa enorme e capillare, in grado di raccogliere, suddividere, confezionare e distribuire le donazioni.

A partire dal 1934 dopo la caduta in disgrazia di Turati, la “Befana fascista” mutò la denominazione in “Befana del duce”, o “Natale del duce” per le zone in cui era tradizione distribuire i doni ai bambini in tale data, allo scopo di utilizzare la ricorrenza per avallare il culto della figura del Duce.

            Il fantoccio esposto nel giorno dell’Epifania

Il nome “Befana“, inteso come il fantoccio femminile esposto la notte dell’Epifania era già diffuso nel dialettale popolare del XIV secolo, specialmente nelle terre dell’antica Etruria e di fatto in tutta l’Italia dell’epoca

Una versione religiosa invece racconta che i Re Magi in viaggio per Betlemme avessero chiesto informazioni sulla strada ad una vecchia, e che avessero insistito perché lei andasse con loro a portare i doni al salvatore. La vecchia rifiutò, ma poco dopo, pentita, preparò un sacco pieno di doni e si mise in cerca dei Magi e del bambino Gesù. Non trovandoli bussò ad ogni porta e consegnò i doni ai bambini sperando di potersi così far perdonare la mancanza.

                           Carattere e aspetto fisico

  1. La Befana richiama la tradizione religiosa di Santa Lucia, che dispensava doni ai bambini prima di lei, come faceva San Nicola prima dell’avvento di Babbo Natale. Non è dunque cattiva, è solo infastidita con gli adulti e scorbutica con chi non le aggrada perché tenta di fare il furbo; ma con i bambini si mostra indulgente e comprensiva, una nonnina piena di attenzioni e regali.
  2. Non si tratta di una bella donna, giovane e accattivante, ma, al contrario, di una vecchina rattrappita dagli acciacchi dell’età e dal freddo, con pochi denti, il volto grinzoso e talvolta, ma non sempre, un naso molto prominente per enfatizzarne la vecchiaia e la poca beltà dovuta all’età anagrafica. L’aspetto da vecchia deriva da una raffigurazione simbolica dell’anno vecchio: una volta davvero concluso, lo si può bruciare, così come accadeva in molti paesi europei, dove esisteva la tradizione di bruciare dei fantocci vestiti di abiti logori, all’inizio dell’anno. Per ripararsi adeguatamente la Befana indossa gonnoni lunghi, lisi e rattoppati in maniera allegra; spesso indossa il grembiule. Usa inoltre calzettoni pesanti antifreddo e scarpe comode, ma non stivali alla guascone molto più adatti alle streghe delle fiabe. Sulle spalle a volte ingobbite ha sempre uno scialle di lana pesante e colorata e non un mantello svolazzante.
  3. Non bisogna confondere la Befana con le streghe della tradizione anglosassone. Una Befana vera, infatti, non ha il cappello a punta, usa invece esclusivamente un fazzolettone di stoffa pesante (la pezzóla) o uno sciarpone di lana annodato in modo vistoso sotto il mento.

  4. Ha una scopa, usata spesso per appoggiarsi o per volare brevemente. Nell’immaginario, la Befana cavalca la scopa al contrario delle raffigurazioni di streghe, e cioè tenendo le ramaglie davanti a sé. Anche in questo, dunque, l’iconografia specifica della Befana non è totalmente assimilabile a quella delle streghe.

  5. Altro frequente errore di “immagine” della Befana è quello relativo al sacco dei doni: in realtà la vera Befana porta i suoi regali e il suo carbone e aglio in sacchi di iuta sfatti e slabbrati che assumono la forma di calzettoni enormi, o nelle gerle di vimini, dipende dalla territorialità e dalla tradizione del luogo dove si festeggia.
  6. Secondo la tradizione orale, la Befana consegna regali ai bambini buoni o carbone e aglio ai bambini birichini. Il Carbone o anche la Cenere – da antico simbolo rituale dei falò inizialmente veniva inserito nelle calze o nelle scarpe insieme ai dolci, in ricordo, appunto, del rinnovamento stagionale, ma anche dei fantocci bruciati. Nell’ottica morale cattolica dei secoli successivi, nella calze e nelle scarpe veniva inserito solo il carbone e/o l’aglio come punizione per i soli bambini che si erano comportati male durante l’anno precedente.

Foto wikipedia                                                                ©Spuntarelli Francesco

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