LA CASA STA STRETTA AD AUTISTICI E AD ALTRI DISABILI GRAVI
IL MONDO DELLA DISABILITÀ NELL’ERA DEL CORONAVIRUS: TRA FRAGRANZA DI VITA ED EMPITI DI EMOZIONI
La casa sta stretta agli autistici. Si sapeva anche prima che scoppiasse una guerra inopinata e memorabile, come ogni conflitto, con l’atroce nemico che gira nell’aria, come mai è accaduto prima, mietendo vittime con un’empietà capace di ridurre al silenzio, almeno lì per lì, gli eserciti implacabili, irregolari di ridicoli “saputoni”. Lo ignorano ancor oggi solo ed esclusivamente le persone che badano – sotto sotto – al proprio orticello e basta, fingendo – male – interesse per le tribolazioni altrui. Chi, tradendo lo spirito dell’arguto Enzo Jannaci, sostiene che preferisce vivere sano e morire malato anziché vivere malato e morire sano.
Chi, pur ostentando quarti di nobiltà e una vasta conoscenza delle cose, offende, oltre alla propria intelligenza, ammesso che ce ne sia una davvero fulgida e prodiga di ragionamenti proficui, soprattutto l’ordine naturale delle cose. A cosa serve disquisire di arte ed economia, di politica e filosofia, dei massimi sistemi, dietro cui si cela la paura di conseguire i minimi risultati, se viene prosciugata l’umanità insieme al valore dell’umorismo? Oltre agli autistici, ci sono altri disabili gravi nelle stesse condizioni. L’avvenire di queste meravigliose creature, in quanto tali esse sono tutte, belle e brutte, lontano anni luce dalle azzardate ed empie banalità scintillanti della propaganda, è, a dir poco, molto incerto.
Siamo al secondo giorno della fase 2, post lockdown. Cosa succederà? Per comprenderlo appieno, ed ergo farlo comprendere a quei pochi ma fedeli lettori, sulla medesima falsariga dei divulgatori estranei all’impasse delle manchevoli discipline di fazione, ho voluto raccogliere la testimonianza di due politici dagli schieramenti ideologici diversi. Che convergono sullo stesso punto. Non un punto di riferimento. Bensì – parafrasando una persona che non sta su Wikipiedia ma manda a carte quarantotto l’alterigia della maggior parte di quelli che ci stanno – un riferimento per ogni punto. Questa persona si chiama Fausta Leopardi (nella foto con la sorella Donatella).
È una disabile fisica che gestisce una disabile mentale. Ed è romana. Munita perciò d’ironia. Nella sua accezione migliore. Che si eleva ad autoironia. Invece di tralignare in sarcasmo aggressivo e mera auto-indulgenza.
La disabile mentale grave si chiama Donatella. Ha 54 anni. Ed è la sorella di Fausta. Di 6 primavere più grande. E se ci viene pure la rima, va bene. Va assai meno bene la coltre d’indeterminatezza che avvolge un contesto sconosciuto ai più. Che non deve essere giudicato. Bensì approfondito con dovizia di particolari. Il fatto che il più delle volte accada esattamente il contrario strappa in primo luogo franche risate. Che fanno bene allo spirito. Prendere una posizione netta al riguardo, tirare in ballo le forze del governo, insensibili o sensibili, addentrarsi nelle impuntature pro o contro, i vaccini sì, i vaccini no, le note discipline di fazione, le procedure fondate sulla giustizia, le denunzie, le asprezze, le ipocrisie, basate sulla furbizia levantina, che nessun virus spazza via, e chi più ne ha, più ne metta, allontana implacabilmente e irrimediabilmente dal cuore della faccenda.
Che conta più del cervello, della materia grigia che si smuove sbattendo poco la lingua (Jo Polito docet) in impeti ed empiti di emozioni schiette, ma altresì nei silenzi calcolatori. Esistono persino gli sbagli salutari. I latini li riassumevano con l’adagio Felix Culpa. Uno riguarda senz’altro il sottoscritto. Aver giudicato, sulla base di un’analisi fredda, tutta cervello, in modo serioso (d’altronde mi chiamo Serriello: nomen omen), il film d’impegno civile Rain Man di Barry Levinson è stato un errore. Che ha messo a tacere il cuore. Rivederlo, su sprone gentile di Fausta, che lascia ad altri l’impaccio di cadere nel ridicolo involontario cercando d’influenzare il prossimo ritenuto, magari a torto, meno avvertito, è stato una scoperta.
Dustin Hoffman (nella foto con Tom Cruise) impersona Raymond Babbit, storpiato in Rain Man dal fratello minore Charlie in tenera età, in maniera solo apparentemente fredda. Ossia col cervello. In realtà, traendo partito dal lavoro dell’attore su sé stesso appreso studiando, ha usato il cuore. Non il cervello. Le abitudini dell’autistico Raymond, che l’incarognito fratello Charlie, impersonato con notevole abilità dal belloccio di turno Tom Cruise sfrutta, per carpire la sua parte di ambìta eredità, non costeggiano alcun tipo di banalità.
Quindi il ravvedimento che Tom Cruise alias Charlie raggiunge palmo a palmo non è retorico. Se per retorica s’intende scontatezza gonfiata ad arte, ampollosità inutile, prolissa. La visione con occhi diversi, se non nuovi, scevri dalle abituali lenti d’ingrandimento del recensore avvezzo a dispiegare i significati della scrittura per immagini, scovando gli aspetti più nascosti, per perdere di vista l’immediatezza espressiva, è quasi liberatoria: Dustin Hoffman ha capito che in fondo siamo tutti autistici. Ma questo già lo avevo letto da qualche parte. L’ho però compreso ora.
La Settima Arte ha affrontato il tema della disabilità in vari modi. Roberto Benigni (nella foto), l’unico degno erede di Totò e Alberto Sordi, in Johnny Stecchino interpreta un autista che guida un pulmino scolastico per handicappati cantando e facendo cantare la filastrocca Carnevale allo zoo. Che partecipò allo Zecchino d’Oro nel 1963. L’handicap rappresenta la deformazione caricaturale che spinge i critici altezzosi e i falsi esperti di cinema di poesia a voltarsi dall’altra parte. Come fecero molti tromboni con Totò. Temendo di risultare meno intelligenti promuovendo le battute di grana grossa al posto delle elucubrazioni teoriche condite con citazioni retoriche. Con empatia zero.
Di empatia è, viceversa, ben provvisto Fabio Pompili, molto attivo in passato in campo organizzativo ed economico nel fashion, che ha esteso il cognome in Rossini per rendere omaggio alla Madre scomparsa. Così terrà vivo lo spirito della Donna che lo ha generato in tutte i film girati tra America e Italia in chiave underground. Uno, il cortometraggio Onda anomala, ha vinto il premio Rai Cinema al. Un altro, intitolato Super Federico (nella foto la locandina), l’ha girato con una macchina presa poco fashion. Tuttavia attenta a cogliere l’aura contemplativa. Che, secondo Alberto Moravia, distingue la poesia dal poeticismo. Ed è un momento di poesia vedere interagire Fabio, attore-regista nel ruolo di Paoletto, in coppia con Federico. Affetto dalla Sindrome di Down. Il Dante di Benigni in Johny Stecchino non si accorge della presenza della mafia in Sicilia perché è ingenuo come Tom Hanks in Forrest Gump. Paoletto non vede la disabilità di Federico perché è empatico. Qualunque discorso sulla cifra stilistica adottata, benché degna di nota, cede il passo al bisogno di umanità ed empatia.
Essere empatici non vuol dire sentirsi in odore di santità. I santi talora hanno perso le staffe, preservando sempre la virtù dell’ironia. L’empatia serve a fare informazione, ad anteporre l’aletheia, ossia la verità dei fatti, alle bufale proficue. O fake news che dir si voglia. Serve a chi fa politica con la pulizia nel cuore. Che non è un termine per i Baci Perugina.
Barbara Funari (nella foto), coordinatrice dalle idee chiare del Partito politico Democrazia Solidale, è sensibile sulle difficoltà patite dall’Urbe riguardo la questione dei rifiuti, dei trasporti, prima del distanziamento sociale dovuto all’ardua lotta contro il Covid-19. È sensibile adesso sui disagi patiti nei reparti nosocomiali dove vengono ricoverati i pazienti a rischio, sulle risorse ospedaliere necessarie ad accorciare il gap tra i posti letti in terapia intensiva e gli ammalati ventilati con macchinari specifici.
I morti nelle care homes, o per dirla chiara le case di riposo, gli operatori che prestano lì i loro servigi, tra mille difficoltà, la disabilità provata dal distanziamento sociale non la trovano né indifferente né impreparata. Tutt’altro: è sensibile. Il suo punto di vista è oggetto di ampia riflessione.
1). D / È vero che la casa stava stretta agli autistici pure prima? R / È evidente che la sospensione di tutte le attività di cura e riabilitazione per chi vive con la sindrome dello spettro autistico sta creando un disagio enorme. E questo disagio le famiglie e le persone autistiche lo vivono nell’isolamento della propria casa, non credo sia “la casa” il nemico da combattere, ma l’assenza dei servizi territoriali in questo momento di emergenza.
2). D / Il presidente di Anffas Onlus – Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale, Roberto Speziale, riferendosi al rischio di contagio dovuto alla fragilità dei disabili nelle strutture residenziali, ha parlato del dovere di scongiurare un eccidio. È un’esagerazione?
R / Guardiamo cosa è successo nelle RSA (Residenza sanitaria assistenziale); purtroppo le cifre dei decessi in Italia sono tali da ricordare i numeri di stragi ed eccidi: non la ritengo un’esagerazione.
3). D / In cosa consiste in termini pratici l’impegno di Democrazia solidale per porre l’accento sui dispostivi di protezione necessari a pazienti e operatori?
R / Nello specifico della Regione Lazio con il lavoro del Cons. regionale di Demos Paolo Ciani, che è anche vice-presidente della commissione affari sociali e sanità abbiamo in ogni occasione istituzionale e non ricordato l’aspetto decisivo dei DPI (Dispositivi di protezione individuale) nella cura soprattutto delle persone più fragili come nelle RSA, ma anche per far ripartire dove la famiglia sia d’accordo in sicurezza per utenti e operatori i servizi di assistenza domiciliare. Allo stesso modo abbiamo chiesto che venissero reperiti i DPI anche per la distribuzione ai senza dimora… ora ancora più isolati ed esposti nelle nostre città, tramite le associazioni di volontariato che se ne occupano.
4). D / L’aiuto di chi fa informazione, senza dare troppo peso ai partiti presi e agli schieramenti ideologici limitati, serve?
R / Sicuramente oggi i mezzi di informazione rivestono un ruolo decisivo perché vengano divulgate il più possibile le informazioni corrette in termini di salute per la prevenzione del contagio, ma allo stesso tempo possono svolgere una parte altrettanto importante in questo periodo di distanziamento sociale per divulgare temi, racconti e storie della nostra società. Penso ad esempio al lavoro di grande umanità che ha svolto l’Eco di Bergamo nel ricordare quotidianamente le vittime del Coronavirus, una consolazione per i loro cari che non hanno potuto neanche dargli un ultimo saluto.
5). D / I tamponi potrebbero risolvere. Ma ancora non sono previsti. I dubbi di chi assiste a casa i disabili aumentano. Molti agnostici si domandano il motivo per cui non si fanno i tamponi agli operatori. La sua opinione?
R / C’e voluto il tempo necessario per validare scientificamente tutta la strumentazione diagnostica disponibile e attrezzare i laboratori per gli esami perché senza quelli i tamponi sono inutili, ora con la fase 2 è necessario effettuare il maggior numero di test alle categorie a rischio innanzitutto.
6). D / I disabili pagano le tasse. Ma vengono trattati da cittadini di serie b. Perché?
R / Di solito non amo utilizzare questo tipo di espressioni che in qualche modo tendono a generalizzare i problemi e non aiutano a risolverli. Le persone disabili e le loro famiglie subiscono da anni il problema di servizi di assistenza poco efficaci e molto spesso mai integrati nei vari aspetti della presa in carico sociale e sanitaria. Questo periodo lo ha messo, tragicamente, ancora più in evidenza, credo che per costruire una società migliore per tutti bisogna per forza partire dai più fragili, faccio un esempio: io credo che il fatto di non aver mai affrontato seriamente a Roma il tema dell’abbattimento delle barriere architettoniche per le persone disabili è anche uno dei motivi per cui ci troviamo con una città che ha strade e marciapiedi quasi inaccessibili anche per i “cosiddetti normodotati”. Non ci sono cittadini di serie A e B, ci sono cittadini più fragili se sapremo occuparci di loro staremo meglio tutti.
7). D / Le proposte di rimodulazione che ricevono le famiglie in questi casi sono un modo elegante per non definirli tagli?
R / La rimodulazione per funzionare deve partire prima di tutto dall’ascolto degli utenti dei servizi e dai loro caregiver, se non si può rimodulare per esigenze oggettive dei diretti interessati i comuni devono accantonare i fondi per i servizi domiciliari di quelle persone da utilizzare superata la quarantena dando servizi aggiuntivi, basti pensare che ci avviciniamo al periodo estivo e i bisogni di assistenza aumenteranno.
8). D / Il vecchio servizio copriva 240 giorni all’anno di 9 ore (8. 30 – 17.30). La fase 2 è avviluppata nell’esitazione? Cosa si può fare per rendere il ritorno alla previa prassi meno esitante?
R / Sono convinta ci sia bisogno di ripartire dall’ascolto delle persone disabili e dei loro caregiver (è un termine anglosassone; significa “coloro che si prendono cura”; indica le persone come Fausta Leopardi; chi assiste un parente affetto da una malattia cronica), andrebbe attivato in ogni Comune del Lazio e a Roma in ogni Municipio un gruppo di lavoro dedicato a sentire telefonicamente e a cadenza settimanale tutti gli utenti già presi in carico, ma anche quelli (tanti) delle liste di attesa. Se si riparte dai reali bisogni delle persone sono convinta si possono mettere in campo “vecchie” e nuove risposte di assistenza che potrebbero anche rappresentare un modello per il futuro dei servizi al di là dell’emergenza Covid.
9). D / Francesco Villanova, il sindaco di Salve, in provincia di Lecce, ha autorizzato, in vista dell’agognata ma insicura fase 2, la fruizione della costa salentina ai bambini autistici e non residenti nel Comune di pertinenza. Se la casa gli stretta, la spiaggia gli starà larga?
R / È un provvedimento in emergenza. Giusto per questa fase. Lo stiamo proponendo pure noi a Cassino con l’assessore di Demos. Ma la prefettura non accorda l’autorizzazione. Credo che dovremmo aprire subito il Parco Baden Powell o la Villa comunale ai bambini con bisogni educativi speciali e ai disabili gravi. Con ingressi controllati e su prenotazioni. Con la necessaria supervisione degli educatori.
10). D / L’occhio di riguardo nei confronti della disabilità mentale non rischia però d’isolare la disabilità fisica?
R / Don Milani (nella foto) in “Lettera a una professoressa”, scritta dai sensibili ragazzi della scuola di Barbiana, sostiene: «Non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali».
«La scuola: un ospedale che cura i sani e respinge i malati». Questo è un altro celebre adagio riferito alla scuola dell’inobliabile Don Milani. La scuola digitale, oggi, a dispetto della community di esperti e dei materiali didattici fruibili per tutti con le piattaforme, sembra continuare ad anteporre l’educazione dei sani a quella dei malati. Il focolare domestico costituisce un riparo che se cionondimeno traligna in prigionia manda a carte quarantotto gli sforzi compiuti per gestire determinate problematiche anteponendo il calore dei sentimenti alla freddezza di qualsivoglia calcolo. A fare i conti a mente, senza calcolatrice, a una velocità astrale, l’autistico geniale impersonato da Dustin Hoffman in Rain Man era senz’altro capace. Al punto da lasciare a bocca aperta l’opportunista fratello attaccato al dio denaro. Spingendolo a sfruttarne il talento per sbancare i tavoli da gioco nei casino di Las Vegas. Ma sono le sue crisi, gli attacchi di panico, di rabbia, di disperazione quando rifiuta di prendere l’aereo, quando si fa prendere le convulsioni, perché rischia di non vedere il suo programma televisivo preferito, perché le abitudini che lo calmavano cedono spazio al subbuglio dei mutamenti di rotta, impossibili da capire o da mandare a memoria, come i dialoghi di Gianni e Pinotto, che fissano i princìpi essenziali e scartano la fuffa.
Antonio Fioroni (nella foto) lo sa bene. È entrato a far parte del partito politico Fratelli d’Italia perché persuaso che, a differenza di altri movimenti, gli desse la possibilità di essere un battitore libero. Libero dall’impasse dei condizionamenti ambientali, dall’ipocrisia dei forti coi deboli e deboli coi forti, del livellamento ugualitario fasullo, dietro cui si celano l’individualismo disgregatore e l’idolatria atea nei riguardi dei divi di cartone. Aderire al gruppo consiliare, al di là di qualsivoglia opportunità, nonché dei retropensieri di chi ragiona per partiti presi, ha significato trovare in primo luogo una linea coerente. Le famose convergenze parallele, per le quali Aldo Moro fu ucciso, riguardano l’umanità. La fedeltà al radicamento storico, alla tradizione, alla forza della consuetudine gli permette di condividere il pathos delle creature di Dio sradicate, seppur per questioni di causa maggiore, dalle loro abitudini. Antonio ama parlar chiaro, cominciando a stabilire distinguo sacrosanti, in termini inequivocabili, ed è convinto che bisogna guardare alle stime concordi, riguardo alla crisi, e all’ansia per il lockdown con realismo. E un po’ di fiducia.
1). D / Il recupero delle attività motorie necessarie ad alleviare un po’ il disagio psichico (mens sana in corpore sano) non sarà una passeggiata di salute. Il rispetto della distanza (due metri per l’attività sportiva e uno per il resto) complica ulteriormente la faccenda. Tu, Antonio, come la vedi?
R / Il futuro dei nostri disabili è tutto da definire. E non dovrebbe essere così. Va detto che nessuno era preparato a gestire l’isolamento forzato su vastissima scala e la crisi che ne consegue. A vari livelli. Parlando dell’aspetto complessivo, l’organizzazione e la realizzazione dei servizi sociali in Italia sono gestite dalle regioni. Le regole generali per la realizzazione degli interventi, sia per evitare il contagio sia per il recupero delle attività motorie per i disabili, hanno bisogno di tenere nella debita attenzione i decisor e gli operatori sociali più preparati ed esperti. I LEP (i livelli essenziali delle prestazioni) hanno una normativa nel settore dell’assistenza.
2). D / Ricade sotto la giurisdizione di Roma capitale. Un mio amico, candidato anni fa alle elezioni municipali come consigliere di Alleanza Nazionale, si adoperò per ricostruire un marciapiede col muro maestro a via Veientana. Ed emerse quest’impasse: le strade dove le automobili giravano erano di pertinenza comunale; il marciapiede rientrava nei compiti del municipio. Il rapporto tra Comune, Dipartimento, chiamato a intervenire, municipi e distretti va chiarito meglio?
R / Ti racconto un episodio che ritengo indicativo in tal senso. A maggio 2019 il Comune di Anguillara annunciava l’affidamento di gestione della cittadella socio sanitaria. Le preoccupazioni riguardo un taglio del monte orario è stato confermato quando si è potuto vedere nettamente che l’orario di uscita venne anticipato in prima fase alle 14.30 – anziché 17.30 – con il contentino di una mezza giornata il sabato che le famiglie non avevano richiesto. Dopo le famiglie hanno ottenuto una proroga del servizio fino al 15 settembre in attesa di un accordo. Le famiglie hanno ricevuto 4 proposte di rimodulazione – per non dire taglio – del servizio a loro dedicato. In una prima fase Sindaca e assessore sembrarono stupite di quanto le famiglie e le opposizioni facevano loro presente. Promettendo di prendere in carico la problematica e risolverla quanto prima. Il 17 luglio in consiglio comunale è stata approvata una mozione che chiedeva di ripristinare il vecchio orario. E mentre tutto sembrava risolto, è arrivato l’ultimatum in cui l’amministrazione toglieva anche il sabato concesso decidendo che gli utenti tornassero tutti a casa alle 15.30. Se l’ultimo utente torna a casa massimo a quell’ora, l’uscita dalla cittadella avviene molto prima. La cosa più grave è che tutta questa situazione – se ci fosse stata la volontà di ampliare la platea di assistenza – avrebbe richiesto soli 20.000 € in più da stanziare. Quindi non esiste neanche la scusa evergreen del “non ci sono i soldi”. Inoltre non è stato interpellato il distretto Asl 4.3. Infatti la gestione dei servizi sociali è gestita tramite distretti che vedono la compartecipazione di Regione e comuni definiti per ambiti territoriali. Questo ente ha a disposizione fondi che su richiesta dei singoli comuni possono essere erogati per l’ampliamento dei servizi secondo un piano sociale di zona che prevede interventi di questo genere. Quindi non solo c’erano i soldi. Ma addirittura potevano essere richiesti da un altro ente senza attingere a ulteriori risorse comunali. Il disconoscimento di fronte a queste problematiche, acuisce sofferenza e solitudine che accompagnano chi vive il dramma della disabilità.
3). D / I disabili sono dei contribuenti. Tu e Fausta Leopardi concordate appieno al riguardo. Questo vuol dire che la percezione deve cambiare: loro non chiedono attenzione né pietà. Ma solo il rispetto dei loro diritti. A chi fa politica prendendo decisioni risolutive in un verso o nell’altro (mi riferisco al Movimento Cinque stelle) ha ben presente i diritti? E i valori, invece, che riguardano la salvaguardia della Famiglia e, in un certo senso, l’armonia dello spirito?
R / Gli utenti che usufruiscono dei servizi della cittadella socio sanitaria pagano la totalità dei voucher ricevuti, nessuno regala loro niente. Si può tranquillamente affermare che gli utenti sono i soci di maggioranza dell’azienda cittadella. Tagliare senza accordo questo servizio è stato uno schiaffo in faccia aggravato dalla fragilità delle persone che hanno colpito. I protagonisti di questo schifo dovrebbero, se ne fossero in grado, farsi un bell’esame di coscienza e come minimo chiedere scusa ai disabili e alle loro famiglie. Più che di politica qui si parla di umanità. Qualità che è mancata di pari passo all’onestà intellettuale, io sono certo che durante il percorso decisionale l’amministrazione si rese conto dell’errore ma abbia continuato a tenere il punto solo per partito preso. Ammettere gli errori è una dote rara.
4). D / Il ripristino del vecchio orario è frutto di una battaglia lecita che hai combattuto per un principio. Quale?
R / Per giustizia. La qualità dell’azione politica si misura in primis per come tratta i suoi cittadini più fragili. È stata una battaglia che ho combattuto mettendo in gioco tutto me stesso perché ci credevo e ritengo paradossale che nessun membro dell’allora maggioranza sia stato in grado di comprendere la grandezza dell’ingiustizia che stava avallando. Ad oggi la battaglia è persa, ma spero di avere la possibilità con la prossima amministrazione di ottenere l’assessorato ai Servizi Sociali e ristabilire la giustizia che queste famiglie meritano.
5). D / Nell’ambito del distretto come ti prefiggi di comunicare senza intoppi tra emittente e destinatario per sopperire a problemi di questo tipo?
R / Il distretto è un’articolazione territoriale ottimale che ha come scopo l’organizzazione di servizi sociali in maniera equa in base alle esigenze dei singoli territori. Cercherò di ricordare a ogni singola persona con cui mi confronterò questo semplice concetto. Per comunicare senza intoppi si deve avere qualcosa da comunicare. Non deve essere una gara a chi ottiene di più, le richieste devono essere funzionali alle esigenze dei territori. Questo settore della pubblica amministrazione si differenzia dal resto perché ha risorse disponibili, normative ben scritte e procedure chiare. Sta nella capacità e il buon senso dei singoli interpreti far funzionare il sistema.
6). D / Le ditte e le cooperative erogano servizi dedicati ai disabili che vanno vagliati dagli appalti. Il codice deve essere snellito? R / Vanno sicuramente snelliti i tempi e modificati gli standard economici che obbligano un bando di gara. Parliamo di una procedura troppo ingolfata e piena di step che rallentano la macchina amministrativa. La ciliegina sulla torta è che nonostante tutto non viene garantita l’imparzialità del risultato finale.
7). D / Cominciare a uscire, e a far uscire, equivale a cominciare a uscire dall’impasse?
R / Sai, Massimiliano, qui il problema principale non è quanto e come possono uscire, perché nei casi più estremi si tratta di persone che hanno già nella normalità problemi di mobilità. Il punto centrale è che in questa fase sono bloccati i servizi a loro dedicati, sono fermi per mancanza di sicurezza e tutele. La Regione Lazio ha garantito la prosecuzione dell’assistenza domiciliare ma senza prevedere tutele e protezione agli operatori sanitari che dovrebbero girare casa per casa ad assistere persone che hanno già patologie, sono immuno-depresse e in molti casi sono in età avanzata, quindi le categorie che per eccellenza sono esposte al contagio. Tant’è che le famiglie hanno rinunciato a questo servizio e da quasi due mesi sono isolate e senza aiuti, quindi non è la passeggiata in più a risolvere o alleviare le difficoltà di queste famiglie, il problema vero è l’aver interrotto un piano terapeutico e l’erogazione dei livelli minimi di assistenza che queste persone necessitano.
Fausta Leopardi si è intesa con Antonio Fioroni sul piano umano. Con buona pace dei colpi di gomito, degli ammiccamenti di chi ride sotto i baffi, in quanto la pensa allo stesso modo, e porta l’acqua al proprio mulino, lei non parla a nuora perché suocera intenda. Le canta in faccia. Sul muso, come si suol dire nella Città Eterna. Nel 1988 ha lasciato l’Urbe per andare a vivere ad Anguillara. Trovando una collocazione immediata in un microcosmo fatto anch’esso di contraddizioni ma altresì di gioia, semplicità ed emozioni legate al territorio. Col lago che riverbera l’altalena di stati d’animo intensi ed eterogenei, la voglia non di stupire, di sbalordire, di spaccare il mondo, bensì d’imparare a stare al mondo. E spingere, nel confronto tra i rappresentanti del cuore e i portavoce del cervello, ad ascoltare ragioni lapalissiane. Fondate sull’esperienza concernente la disabilità. Gestita, dopo la dipartita dei genitori, nel cosiddetto “dopo voi”, con impegno, costanza, col sorriso sulle labbra, con immancabili momenti di scoramento. Sconfitti, grazie a Dio, uscendo di casa ad ammirare il Creato.
La casa è un riparo inattaccabile. Ci mancherebbe! Ciò nondimeno uscire in sicurezza manda a carte quarantotto i concetti spettrali, le iniziative malferme, il conto che la Dea bendata chiede, per rimettere “a paro”. Fausta richiama alla mente Tom Cruise. Quando nel ruolo di Charlie Babbit, dopo aver anteposto la materia sullo spirito, entra nel mondo del fratello. L’egemonia dello spirito sulla materia esula dagli apparati ideologici di uno Stato, dalle contese sulla legislazione, che regola l’azione dello Stato, sul diritto pubblico, sui bla bla riguardanti proprietà pubbliche o settori pubblici. L’egemonia dello spirito sulla materia attiene al territorio del privato. Ed è da lì che l’opinione pubblica può e deve trarre linfa per ripartire con cognizione di causa. E un’anticchia di probo umorismo.
1). R / Ed eccoci: facciamo i seri. Io poi ho l’obbligo del nomen omen. Ma senza fare poesia. Anche se è dura: tu di cognome fai Leopardi. Quanto conta il senso dell’umorismo per riuscire ad affrontare l’onore e l’onere di gestire la disabilità grave?
R / A fare i seri ci possiamo sempre provare, Massimiliano, ma preservando il senso dell’umorismo. Che ritengo un valore basilare. Soprattutto per non prendersi troppo sul serio. Ed evitare quindi di cadere nella rabbia, nella depressione, nella mitomania.
2). D / I puntini sulle “i” comunque in certe cose li metti eccome, Fausta.
R / Hai ragione: li metto eccome. Ma non per pedanteria. Bensì perché è giusto. E quando lo ritengo che lo sia, tiro fuori le unghie.
3). D / La tigna ti ha spinto a soffiare sul collo dei garanti dei servizi e degli interventi sociali. Al fastidio dei responsabili si può rispondere scrollando le spalle. L’urgenza qual era e qual è?
R / Hai detto bene: è giusto scrollare le spalle se qualche responsabile nell’ambito della politica avverte alla stregua di un intralcio che una persona come me, chiamata, da disabile fisica, a gestire la disabilità mentale di sua sorella, lo spinga a prendersi le proprie responsabilità. Io a chi di dovere le cose glie le ho esposte con fermezza ed educazione: noi, i familiari dei ragazzi affetti da disabilità gravi, tra cui ci sono molti genitori allo stremo delle forze, abbiamo preso in autonomia la decisione d’isolare preventivamente i nostri cari. Perché sappiamo che appartengono a una categoria fragile. E dunque esposta al rischio di contagio. E ad altre cose spiacevoli. L’assistenza domiciliare, attivata una settimana dopo la nostra decisione, è stata rifiutata non in quanto poco gradita. Le ragioni vanno ricercate altrove: in un momento di emergenza perché gli organi di competenza non si sono riuniti attorno a un tavolo per trovare una soluzione appropriata? Noi abbiamo isolato i nostri figli, i nostri fratelli, le nostre sorelle sia per il loro bene sia per quello degli operatori. Gli operatori che verranno hanno fatto il tampone per vedere se sono positivi o negativi al Covid-19? La fase 2 è ancora più incerta. Nel dubbio io Donatella non la faccio uscire. O meglio opto per un’assistenza domiciliare per farla uscire ai fini di una breve passeggiata. Nessuno è chiaro. Quel che è certo è che se prima stavamo ai domiciliari, ora stiamo all’ergastolo. Con un paio di ore d’aria.
4). D / Poche ore d’aria. E anche incerte. Ed è l’unica cosa certa. Perdona il bisticcio nella costruzione della frase. Ma è voluto. Com’è il tuo stato d’animo quando ti svegli la mattina e, oltre a prenderti cura del marito e delle figlie, pensi a Donatella e al suo mondo segreto di cui, in un certo senso, sei la custode?
R / Mi alzo prestissimo, alle 05. 00, come tutte le mattine, sento sempre il solito rumore di carta che si straccia in mille pezzi, entro nel salone e trovo una faccia sorridente e soddisfatta del suo incessante lavoro. Il suo buongiorno e un tappeto di carta per terra. Faccio finta di niente, contraccambio il saluto, prendo il mio caffè, mi siedo sconsolata e ancora assonnata . Mi sento un po’ triste a vedere tutto questo, mi siedo e osservo meglio mentre lei inarrestabile e metodica continua il suo lavoro con lo stesso identico movimento e nella medesima maniera senza cambiare nulla di una virgola. Osservo, osservo, osservo. E nel farlo noto la sua serenità, la sua tranquillità, quasi soprannaturale. Allora provo tenerezza e vorrei immergermi nel suo mondo per provare tutta quella grande serenità. Amo mia sorella.
5). R / La poesia rientra nell’aura contemplativa. E lì i conti non devono tornare. Nel campo degli interventi sociali la realtà invece non va contemplata ma risolta. Si rischia però, marcandola a uomo, per così dire, d’irritare la gente. Chi?
R / Gli stessi genitori ai quali danno il contentino. O la pilloletta d’oro, come la chiamo io. Ma a me la pilloletta d’oro non interessa. Se aprono, fai conto, i parchi solo ed esclusivamente per gli autistici, e al mondo non ci sono solo gli autistici, è giusto che qualcuno li marchi a uomo. Come dici tu. Non voglio necessariamente essere io la persona preposta ad ammonirli, a esortarli a fare le cose con un certo criterio. Mi rendo conto che il buon funzionamento del sistema è una cosa complessa. Ripristinare l’economia come era prima del Covid sarà difficile. Forse impossibile.
6). D / Non è che prima l’agire economico fosse perfetto. Tutt’altro. Economia viene dal greco oikos (casa). Le casalinghe possono insegnare alle élite, o presunte tali, ad amministrare meglio lo Stato?
R / Massimiliano, che domanda! Sei bravo a porle. Va bene, dai: è il tuo mestiere. Ma sì. In un certo senso chiunque viva sulla propria pelle una situazione, come quella di dover gestire un parente disabile grave, può spingere un politico, che ignora cosa significa, ad avvicinarsi al problema. Ad amministrare quindi, in senso lato, meglio lo Stato. Inteso come casa. Hai ragione.
7). D / Come sono le persone e i ragazzi affetti dalla disabilità mentale grave? R / Sono puri. Provano affetti puri. Incontaminati. Non fremono per stare al centro dell’attenzione. Non sono snervati dalle rinunce. Non comprendono la rinuncia alla socialità. Quello no. Ed è quasi impossibile farglielo capire.
8). R / Non ci piove. Il professor Giulio Tarro (nella foto), celebre virologo che ho avuto modo d’intervistare alla libereria romana Hora Felix, parlando in maniera compiuta dei disturbi dello sviluppo intellettivo, dice che bisogna prendere provvedimenti adeguati. Perché è come se ci fossimo imbarcati sul Titanic. Io condivido. Tu? R / Sì. E non sono le condivisioni di Facebook. Qua non parliamo dei “like” che solleticano inutilmente l’ego. Bensì d’idee chiare e ponderate, e di esperienze ed emozioni condivise. Dal Titanic, vorrei scendere. Ma in sicurezza. Su una scialuppa di salvataggio stabile. Che non affonda.
9). D / La comunicazione dà una mano a non affondare o è un aglietto con cui consolarsi? R / Dipende. Se l’informazione, intesa come capacità di comunicare al lettore, a chi ascolta pure, qualcosa che non sa, ma dovrebbe sapere, non è un palliativo. O un aglietto con cui consolarsi. Se si ferma in superficie, neanche consola.
10). D / A volte gli amici sostengono che batto sempre sullo stesso chiodo. Ma è vero che, per quanto riguarda i bambini, e gli adulti rimasti bambini, a causa dell’irrompere in età evolutiva di un deficit “indrucchillo”, come lo chiama mio Padre, per le funzioni di adattamento, la materia, per chi dovrebbe risolvere, o almeno occuparsene, prevale sullo spirito? R / Indrucchillo?
11). D / Significa figlio ‘ndrocchia. È un modo di dire ideato di sana pianta da parte sua per indicare la furbizia o l’insistenza in modo bonario. La mia famiglia paterna è cilentana d’origine. R / Chiaro, allora. Per rispondere alla tua domanda, altrimenti invertiamo i ruoli e l’intervistatrice divengo io, per me il Dio denaro purtroppo se la comanda. Se ne fregano dei genitori che hanno la responsabilità della carne della propria carne soggetta a deficit. Dovuti da fattori genetici o ambientali. Ma quello che realmente conta sfugge in continuazione. I motivi d’incertezza e di stress sono tanti. Una marea. Ma l’amore vero, quello non dichiarato a ciance, spinge ad andare oltre gli ostacoli. A buttare il cuore oltre l’ostacolo. Ma fino a dove è possibile farlo. Dopo serve un aiuto. Ed è legittimo chiederlo. Solo che le risposte sono sbagliate. Ci stanno lavorando male. O per aggiustare solo ed esclusivamente gli interessi loro. Che è la stessa cosa. Aprire la spiaggia a una categoria sì e un’altra invece no, per esempio, cosa vuol dire? C’è chi ha più bisogno del sole e dello spazio per muoversi degli altri? C’è chi non ne ha bisogno per niente o chi non ne ha diritto?
12). D / Viene in mente Aldo Fabrizi (nella foto col Principe Antonio de Curtis in arte Totò) che in “Guardie e ladri“, dinanzi a Totò che gli dice di tenere famiglia, gli replica: «Perché io non ho famiglia? Perché i miei figli non portano le scarpe? Perché io non c’ho una casa che pago la pigione? Perché quello che serve alla famiglia tua non serve alla famiglia mia?». I discorsi troppo tecnici – sia in rapporto alle cifre sia sui dialoghi multidisciplinari riguardo approcci scientifici, umani e politici atti ad affrontare problemi diversi a seconda delle condizioni socio-culturali – sono deleteri? R / Massi, da una parte lo sono e dall’altra non lo sono. Spiegare le cose difficili in modo semplice aiuta. Qualche volta risolve. Complicare le cose semplici può divenire irrecuperabile. Se apriranno, per tornare all’esempio precedente, stabilimenti per gli autistici e stabilimenti per le altre persone fragili, affette in modo diverso dall’incapacità di partecipare in modo completo alla vita sociale senza un aiuto, faranno delle divisioni. Basate sul discernimento dettato dalla sensibilità o dai diktat del dio denaro? A me la risposta sembra facile. I sovvenzionamenti. In questi casi i polemisti parlano di fenomeni distorsivi. Pensare male è peccato? Si va vicino alla verità? Sono interrogativi difficili? C’è un Fondo Sociale Europeo che se ne occupa. Poi ci stanno le associazioni. E i destinatari hanno diritto alla parola?
13). D / Abbiamo fatto ancora a cambio con le domande. A parte le battute, per non avvertire l’indignazione, dare voce a chi non ce l’ha, ma dovrebbe avercela, è giusto. È un diritto. Asia Argento, in “Perdiamoci di vista” di Carlo Verdone, nel ruolo di una disabile non mentale bensì fisica a causa di un sinistro automobilistico, afferma: Gli incidenti sono la cosa più democratica del mondo: possono accadere a chiunque. La democrazia è un’arma a doppio taglio che genera idola tribus? R / Il falso sapere (idola tribus) è un problema che è sempre esistito purtroppo. Con la monarchia e con la repubblica. La battuta presente in Perdiamoci di vista è molto vera. Carlo Verdone è bravissimo. Ha il dono dell’umorismo. Capisce le situazioni. Intercetta il dolore. Le contraddizioni. La conoscenza umana passa attraverso il sapere. Sapere come stanno realmente le cose, anziché come le mettono le cose, pensiamo pure al giorno dopo, che è arrivato, al cortile di casa proprio, ad alternative possibili, all’incertezza sui tamponi, sui test, sul panico causato dal passaggio dal vecchio modo di agire al nuovo di agire, è una distinzione giusta. Altre distinzioni non stanno invece né in cielo né in terra.
14). D / Sempre Verdone (nella foto con Asia Argento) in “Perdiamoci di vista”, nel ruolo del cinico conduttore televisivo che associava le informazioni sulla disabilità agli indici di ascolto, non vuole sentir parlare dei numeri, sul costo della pensione e dell’accompagno, accostandoli all’estrazione del lotto. Sulle normative che non partono, a differenza del Festival dei diritti umani, che è cominciato oggi, la situazione è tragicomica? R / Direi proprio di sì. Gli appelli alla libertà e al diritto a riprendere le abitudini interrotte prima che scoppiasse la pandemia sono comprensibili. Molto facili da capire. Anche condivisibili. La manipolazione delle coscienze fa, viceversa, ribrezzo. Però esiste. Gli aggiornamenti e le informazioni, quelle corrette chiaramente, mettono all’angolo chiunque attenti alla verità sostanziale delle cose. I numeri annoiano? E certo, non fanno audience. La sagacia parodistica di Carlo Verdone aveva svelato la verità già nel 1994, o quando “Perdiamoci di vista” è stato girato. Il costo della pensione d’invalidità, quello dell’accompagno, il fatto che i disabili non chiedano favori, giacché sono dei contribuenti, rientrano in faccende arcinote. Dette e ridette. Ripetita iuvant, quindi? Meglio. Purché aiuti ad approcciarsi a questo mondo in punta di piedi per la sensibilità, senza fare tanto rumore per nulla, e con decisione nelle sedi di competenza per integrare chi vive la disabilità. Bisognerebbe perdere di vista le panzane sull’unificazione degli spiriti. Frutto di indulgenze e cattive abitudini sul piano demagogico. Lo spirito è sacro. Specie per chi, come te, fa corretta informazione. Al di là delle normative che escono, volere è potere. L’organizzazione è possibile. Bisogna semplicemente volerlo. Non è una cosa davvero difficile se ci pensi bene.
15). D / Certo. Le uscite di Donatella con le associazioni, in vacanza, rappresentavano una boccata d’aria e un diritto. Cui adesso bisogna temporaneamente rinunciare. I diritti sono però una cosa per i quali vale la pena lottare. E i valori? R / Se non ci fosse la Famiglia, e il valore che essa rappresenta, che Festival dei Diritti Umani ci potrebbe essere? Il diritto alla felicità, all’amore, alla socialità, per chi vive la disabilità e anche per chi la gestisce, sulla scorta dei vincoli di sangue, trova la corrispondenza più naturale nella Famiglia. Se non esistesse un Festival dei Diritti Umani, la mente, il cuore, gli occhi, le orecchie delle persone che ci circondano, senza vivere quello che viviamo noi, non si aprirebbero.
16). D / Dunque, Fausta, ben vengano i diritti al servizio dei valori? R / Nel modo più assoluto. Senza ombra di dubbio. Il valore rappresentato dalla Famiglia è il motore di tutto questo. Il resto è una conseguenza diretta. Non c’è niente di difficile da capire. Basta volerlo. Siamo sempre là.
MASSIMILIANO SERRIELLO