La cattiveria
Le persone malvagie hanno dei fattori principali che ne costituiscono la personalità? Esiste un comune denominatore all’origine dei comportamenti cattivi?
Nell’articolo The Dark Core of Personality, il cognitivista americano Scott Barry Kaufman riporta gli studi condotti da un team di ricercatori tedeschi e danesi che hanno evidenziato l’esistenza del Fattore D (dark) che ingloba tutti i comportamenti che appartengono alla sfera più oscura della personalità.
Il fattore D determina la tendenza psicologica ad anteporre sempre i propri interessi, i propri desideri e le proprie ragioni personali rispetto a qualsiasi altra cosa, che si tratti di persone o di circostanze.
Lo studio è stato compiuto su un campione di 2500 persone che hanno evidenziato l’esistenza di questo componente comune costituito da “9 caratteristiche oscure” presenti nelle persone che attuano comportamenti malvagi o aggressivi.
Le caratteristiche del fattore D sono:
- Egoismo
La persona cattiva antepone i propri interessi e le proprie ragioni personali rispetto a qualsiasi persona o situazione.
- Machiavellismo
La persona cattiva manipola e crea tutta una serie di situazioni per ottenere il tornaconto personale e per far cambiare la prospettiva agli altri, riesce a plasmare la realtà a suo vantaggio.
- Assenza di etica e senso morale
La persona cattiva non tiene in considerazione la giustizia, i costumi sociali, ha un’idea personale di ciò che è bene e ciò che è male poiché il proprio tornaconto non va messo mai in discussione.
- Narcisismo
La persona cattiva ammira eccessivamente se stessa e si percepisce come migliore.
- Superiorità psicologica
La persona cattiva pensa di meritare trattamenti diversi da quelli riservati agli altri perché convinta di essere più capace, più brava e più meritevole.
- Psicopatia
La persona cattiva dimostra di avere un deficit affettivo che la rende manchevole di empatia, incapace di stare in relazione con gli altri, particolarmente impulsiva, con la tendenza a mentire e profondamente insensibile, incapace di sentire l’altro ma sempre considerandosi al centro di tutto.
- Sadismo
La persona cattiva tende a infliggere dolore all’altro attraverso violenza psicologica e fisica. Il sadismo genera in essa una sensazione di piacere e di dominio nell’umiliare l’altro.
- Interessi sociali e materiali
La persona cattiva ha un grande bisogno di essere al centro dell’attenzione e ricerca costantemente il proprio tornaconto sia morale come riconoscimento sociale o successo, sia materiale come costante acquisizione di beni materiali. La posizione sociale, gli oggetti materiali e la ricchezza divengono un obiettivo fondamentale.
- Malevolenza
La persona cattiva è predisposta a fare il male all’altro, ad aggredirlo fisicamente, a commettere abusi nei suoi confronti, furti e umiliazioni.
Tutte queste caratteristiche sono strettamente correlate e costituiscono un unico fattore di personalità denominato D che contraddistingue una personalità cattiva.
Ovviamente lo sviluppo di questa caratteristica della personalità dipende da tanti fattori; il senso che porta una persona a diventare malvagia è estremamente difficile da comprendere: a volte sono false credenze insinuate fin da bambini, come una presunta superiorità o meritorietà.
I fattori sociali hanno un ruolo fondamentale per l’origine della cattiveria: i modelli culturali di riferimento e l’ambito familiare possono incidere profondamente sulla personalità, portandola a sviluppare forme di egoismo, psicopatia, mancanza di affettività o incapacità di entrare in contatto con l’altro e di vederne i bisogni.
Le relazioni vissute in famiglia hanno impatto importante nello sviluppo della personalità: ciò che viene trasmesso dalle persone di riferimento, in particolare dai genitori, concorre allo sviluppo di una certa forma mentale. Concorre ma non determina.
Oltre ai fattori sociali ci sono anche quelli genetici: si parla della genetica del male e in effetti è emerso che esistono geni che in modo deterministico portano alla cattiveria. Esistono infatti delle variazioni alle eliche del DNA che fanno sì che alcune persone siano maggiormente influenzabili dai contesti sociali di riferimento nello sviluppo di alcune forme mentali anziché di altre. Cambiando il contesto di riferimento cambierebbe però anche lo sviluppo della personalità: si è visto che un bambino con una particolare variazione all’elica quindi genetica subisce in modo diverso le violenze cui assiste nell’ambiente di riferimento: potrebbe perpetuare la stessa cattiveria ma se inserito in un contesto diverso, di accudimento più sano, quella variazione genetica gli farebbe sviluppare attitudini diverse. Tutto ciò dimostra che la componente genetica non è un fattore deterministico ma di sola concorrenza perché lo sviluppo di una componente maggiore di cattiveria interagisce dinamicamente con l’aspetto sociale.
Le esperienze affettive della famiglia di origine come quelle che si vivono nella vita quotidiana, soprattutto quelle emotivamente intense, possono portare ad una modificazione della trascrizione dei geni e quindi alla creazione di una diversa struttura della mente.
Quindi sono diversi i fattori che possono entrare in dialogo tra loro nello sviluppo della cattiveria.
Lo psicologo Cohen ha appurato che la cattiveria può essere vista come la mancanza dell’empatia: a livello neuro-biologico sono presenti zone del cervello fondamentali per provare empatia, che è una sensazione istintiva che permette di sentire quello che l’altro sente, di percepire le sue sensazioni, le sue emozioni, di identificarsi con la persona che si ha di fronte. La cattiveria risulta essere la mancanza di questa empatia.
La persona malvagia opera il male compiacendosene o restando indifferente alle conseguenze che esso provoca. È calcolatrice e ha uno spiccato sesto senso per individuare le persone da sfruttare. Non si fa scrupolo di rovinare la vita di qualcuno. Inganna. È una bugiarda patologica e non prova rimorso delle bugie. Inganna e manipola le situazioni e le emozioni. Dice che agisce per reazione.
In genere la persona malvagia ha una doppia personalità e fa in modo che la vittima si faccia una particolare idea. Tradisce in tutte le situazioni, non solo quelle affettive. Considera di avere sempre ragione e lo sbaglio è sempre degli altri.
La persona cattiva è consapevole delle sue azioni e del significato delle sue azioni, sa la sofferenza che comporta per gli altri, sa che non si deve fare ma non gli importa. Per il fatto è che non è empatica, la sofferenza dell’altro la lascia indifferente, anzi alle volte viene trasformata in proprio piacere.
Gli psichiatri dell’ 800 chiamavano psicopatia una personalità come questa. La psicopatia è una apatia della psiche che è priva di un sentimento di base a partire dal quale la persona è in grado di avere una risonanza emotiva delle azioni che compie. Ciò comporta che prima di ragionare, sa se quello che fa e che dice ha un effetto positivo e questo non lo giudica con la ragione ma con l’emozione. Se questo sentimento non si forma nella persona, allora ha una psiche piatta, senza risonanza emotiva di quello che dice e di quello che fa. In queste persone non è stato curato il sentimento come organo di conoscenza del bene e del male. Il giudizio in base all’intendere e al volere in uno psicopatico è fallace perché lo psicopatico ha un intendere e un volere alla massima potenza; se il sentimento non interferisce nel percorso del processo intellettivo, l’intelligenza è lucidissima. Lo psicopatico non ha interferenza emotiva, il bene e il male gli sono assolutamente indifferenti.
Veronica Tulli
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