La famiglia dell’homo sapiens
Le necessità dell’allevamento della prole negli insediamenti primitivi.
La vita familiare nella specie homo sapiens è organizzata intorno a un semplice fatto: i bambini che nascono non sanno provvedere a sé stessi per un lungo periodo di tempo. Hanno bisogno delle cure parentali, non solo per essere nutriti e protetti, ma anche per acquisire le capacità indispensabili per sopravvivere nella società. Questo ha determinato la necessità di una struttura di tipo familiare.
I bambini sono assolutamente incapaci di procacciarsi il cibo per due ordini di motivi. Il primo è meccanico. Per fabbricare e usare gli strumenti necessari è indispensabile una coordinazione manuale che i bambini impiegano anni a sviluppare. Così come i miei figli all’età di quattro anni non erano ancora capaci di allacciarsi le scarpe da soli, i loro coetanei in una tribù di cacciatori-raccoglitori non sono in grado di affilare un’ascia di pietra o di costruire una canoa scavando un tronco. Il secondo motivo è mentale. Più di altri animali, noi dipendiamo dall’intelligenza per procurarci il cibo, poiché abbiamo una dieta molto più varia e tecniche di raccolta più complicate.
Per i bambini ci vogliono anni per acquisire tutte queste informazioni e l’esperienza necessaria per essere cacciatori-raccoglitori efficienti, proprio come oggi impiegano anni per diventare agricoltori, programmatori o ingegneri. Per molti anni dopo lo svezzamento, quando smettono di nutrirsi di latte materno e iniziano a mangiare cibi solidi, i bambini sono troppo ignoranti e impotenti per procurarsi il cibo da soli e quindi dipendono per intero dai genitori.
Come molti altri caratteri distintivi degli esseri umani, queste esigenze della prole sono presenti anche in altre specie. Fra i leoni, per esempio, i piccoli devono essere addestrati alla caccia dai genitori. Anche gli scimpanzé, come noi, hanno una dieta variata e usano un certo numero di tecniche per procurarsi il cibo. I genitori aiutano i propri piccoli a procurarsi il cibo e gli scimpanzé comuni fanno anche un qualche uso di utensili. Nel caso degli esseri umani, però, le capacità necessarie per sopravvivere, e il peso delle cure parentali, sono molto maggiori rispetto al caso dei leoni e degli scimpanzé.
Per il sapiens il carico di lavoro è tale che anche il padre deve partecipare alle cure parentali. Tra gli oranghi, i padri non fanno nulla per la prole, mentre tra i gorilla, gli scimpanzé e i gibboni, fanno qualcosa di più e offrono un po’ di protezione. Nelle tribù di cacciatori-raccoglitori umani, i padri fanno ancora di più, offrendo ai figli una parte del cibo necessario e molti insegnamenti. Le nostre complesse abitudini di raccolta del cibo richiedono un sistema sociale in cui un maschio abbia una relazione a lungo termine con una femmina, in modo da aiutarla ad allevare la prole. In caso contrario, i figli avrebbero una probabilità minore di sopravvivere e il padre una probabilità minore di trasmettere i suoi geni.
Il sistema degli oranghi, in cui il maschio si allontana subito dopo l’accoppiamento, non funzionerebbe per il sapiens. E non funzionerebbe nemmeno quello degli scimpanzé, in cui una femmina pronta a essere fecondata di solito si accoppia con diversi maschi adulti nell’arco di poco tempo e, di conseguenza, un maschio non ha idea di chi, tra i piccoli del gruppo, siano figli suoi. Per uno scimpanzé questo non è un gran danno, poiché l’impegno dei padri verso la prole è modesto. Un padre umano, invece, dedica una gran quantità di tempo e di energia alla cura del proprio bambino perché è il suo.
Dal punto di vista dell’evoluzione, è meglio che un maschio umano sia abbastanza certo della sua paternità, altrimenti le sue cure parentali potrebbero contribuire alla trasmissione dei geni di qualche altro uomo. La certezza della paternità non sarebbe un problema se gli esseri umani, come i gibboni, fossero distribuiti sul territorio in coppie separate, e quindi ogni femmina avesse rare occasioni di incontrare maschi diversi dal proprio partner. Quasi tutte le popolazioni umane, tuttavia, sono sempre state costituite da gruppi di adulti. Le attività di caccia e di raccolta spesso richiedono la collaborazione di gruppo tra gli uomini, tra le donne o tra gli uni e le altre. Il gruppo inoltre offre protezione da predatori e nemici, in particolare da altri esseri umani. Questo ha determinato il sorgere dei primi aggregati sociali.
La struttura del clan dei cacciatori-raccoglitori può essere considerata come l’embrione del concetto attuale di famiglia. In essa la maggior parte degli uomini ha una partner, ma alcuni ne hanno molte. La struttura può quindi essere definita come mista o moderatamente poligamica. Per avere il nostro attuale concetto di famiglia come cellula monogamica, ma che nello stesso tempo fa parte della società, dobbiamo aspettare l’avvento dell’agricoltura diversi millenni dopo. Nel frattempo, il maschio del sapiens assume il tipico atteggiamento comportamentale e anche la conformazione fisica di maschio di un harem. E questo spiega anche perché gli uomini sono più grossi delle donne. Gli uomini adulti, in media, hanno una taglia leggermente maggiore rispetto alle donne coetanee. Anche se esistono molte eccezioni individuali, in una popolazione gli uomini pesano all’incirca il 20% in più delle donne e sono più alti dell’8%. Questo ha una corrispondenza chiara anche nel mondo animale.
La spiegazione è che in una specie monogama ogni maschio ha l’opportunità di procurarsi una femmina, mentre in una specie in cui la poliginia è accentuata, come l’elefante marino, molti devono fare a meno di una compagna, poiché alcuni maschi dominanti riescono a riunire tutte le femmine nei loro harem. Quanto più grande è l’harem, tanto più dura è la competizione fra maschi e tanto più importante è per i maschi essere corpulenti, poiché di solito è il maschio più massiccio a uscire vittorioso da un combattimento. Noi esseri umani, con i maschi leggermente più grossi delle femmine e la nostra moderata poliginia, ci conformiamo a questo modello. A un certo punto dell’evoluzione umana, però, l’intelligenza e la personalità dei maschi finirono di contare più della loro taglia. Gli uomini grandi e grossi non tendono ad avere più mogli degli uomini minuti.
Tutte queste spiegazioni riflettono una caratteristica fondamentale dell’organizzazione sociale umana: un uomo e una donna che desiderano la sopravvivenza della loro prole e dei loro geni devono cooperare per un lungo periodo per allevarla e, allo stesso tempo, devono collaborare economicamente con molte altre coppie vicine. Questi legami di coppia sono una specie di cemento sociale, non solo un meccanismo di fecondazione. E questo è, in ultima analisi, il fondamento del concetto di famiglia che ci deriva dalla storia evolutiva dei sapiens.
Nicola Sparvieri
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