La guerra in Bosnia vista dai bambini
Rosella Postorino, in “Mi limitavo ad amare te” scrive della guerra in Bosnia, ma non dal punto di vista storico. Edito Feltrinelli questo libro è improntato sul racconto e le emozioni che i personaggi si trovano a vivere in un momento devastante per la loro Nazione. Si tratta della storia di quattro bambini che per sfuggire alla guerra vengono portati in Italia.
Prima di procedere alla lettura del libro è corretto avere una visione di quello che accadde in Bosnia a partire dal 1992. Tra la notte del 5 e 6 aprile di quell’anno nei cieli bosniaci iniziarono a piovere granate. Tutto ebbe inizio dal referendum del 1° marzo quando il Paese sancisce la sua indipendenza dalla Federazione dell’ex Jugoslavia. Questa mossa non aveva l’accordo dei serbi che decisero che quei territori sarebbero dovuti tornare in loro possesso. Ad essere coinvolti furono tre principali gruppi nazionali: serbi, croati e musulmani. Ciò che avvenne nei successivi anni fu una vera e propria pulizia etnica in cui ad essere presi di mira furono soprattutto i musulmani. Ma in realtà fu una vera e propria strage di civili.
Due gli episodi più rilevanti:
- L’assedio di Sarajevo in cui la Città rimase completamente isolata e sistematicamente bombardata dall’artiglieria serba.
- L’attacco a tutte le Città dichiarate protette dalle Nazioni Unite e cioè dove si erano rifugiati i musulmani per sfuggire a quella pulizia etnica.
Un primo accordo fu raggiunto nel 1994 dal quale nacque una federazione croato-musulmana. Ma solo nel 1995, dopo la strage di Srebrenica, in cui i serbi uccisero più di 8.000 civili bosniaci musulmani, che la Nato intervenne bombardando la forze serbe. Nel novembre dello stesso anno gli allora presidenti bosniaco, croato e serbo, rispettivamente Alija Izetbegovi´c, Franjo Tu–dman e Slobodan Miloševi´c, firmarono gli Accordi di Dayton, che misero fine alle ostilità e posero le basi per l’attuale assetto istituzionale della Nazione. Durante la guerra furono commessi crimini contro l’umanità e i serbi sono stati accusati di aver progettato la pulizia etnica dei bosniaci, nelle aree controllate dalle loro forze armate. Le vittime del conflitto sono state stimate in quasi 100.000, di cui circa 40.000 civili.
“Mi limitavo ad amare te” è il racconto delle battaglie, interiori e non, che i protagonisti combattono mentre fuori dalle loro finestre le bombe distruggono ogni cosa. I temi trattati spaziano tra il trauma dell’abbandono e del rifiuto, la responsabilità di essere un genitore e di farlo meglio di quelli avuti, il senso di appartenenza al proprio Paese, la necessità per un figlio di sentirsi amato e la frustrazione che consegue nell’amare una famiglia che non è la propria. Quattro bambini, ognuno con il proprio bagaglio, che vive l’esperienza dell’emigrazione in Italia a modo proprio, con, a volte, conseguenze disastrose.
“È strano pensare che il corpo che ti ha messo al mondo non sia più al mondo, che il luogo da cui ha avuto origine sia scomparso, è come se il mare avesse inghiottito la terra in cui sei nato“.
La particolarità di questo romanzo è la scrittura semplice e scorrevole ma coinvolgente a tal punto da trascinare il lettore all’interno dell’animo dei protagonisti quasi a capire e provare quelle stesse emozioni. Un romanzo dolce e sensibile ma anche crudo perché pone chi lo legge di fronte alla realtà della separazione per la quale, anche se con motivazioni diverse, si giunge a un unico risultato, la solitudine. Un filo conduttore si dipana tra i bambini protagonisti, fondamentale per tutti indistintamente, il distacco dalla mamma.
“Che ingenuità, considerare l’amore più forte della sofferenza“.
“Mi limitavo ad amare te” ruota attorno a quattro personaggi principali.
Omar che all’età di dieci anni aspetta alla finestra il ritorno della madre che non vede ormai da molti giorni. Un bambino dal carattere fragile e difficile e che ha un unica convinzione: sua madre è ancora viva. Del padre sa poco e niente e nemmeno gli interessa.
Sen, fratello di Omar, due anni più grande, che cerca sempre di fare in modo che il fratello stia bene, lo consola, lo conforta, non si separa mai da lui. Un ragazzo apparentemente forte ma desideroso di essere amato.
Nada che di sua madre ha vaghi ricordi dato che l’ha abbandonata da piccola con suo fratello Ivo. Una bambina sensibile, irascibile, con una vena artistica e spesso ingabbiata in se stessa.
Danilo, non è un orfano ma è allontanato dalla famiglia per salvarlo dalle bombe e dalle atrocità della guerra. Un ragazzo che soffre la lontananza da persone che sa che ci sono ma che per sopravvivere va avanti per la sua strada.
Le vite dei quattro personaggi di “Mi limitavo ad amare te” si intrecciano fin dai primi momenti in modi diversi e in una amicizia quasi possessiva. Poi, inevitabilmente, si slegano perché ognuno prende una direzione diversa. Ma quel sentimento e ciò che insieme hanno vissuto non li separerà mai sul serio.
“Sperare era ciò che gli aveva consentito di alzarsi, virgola, di dormire, virgola, di connettere il cervello e corde vocali“.
Autrice
Rosella Postorino (Reggio Calabria, 1978) è cresciuta in provincia di Imperia, vive e lavora a Roma. Ha esordito con il racconto “In una capsula”, incluso nell’antologia “Ragazze che dovresti conoscere” (Einaudi Stile Libero, 2004). Ha pubblicato i romanzi “La stanza di sopra” (Neri Pozza, 2007; Feltrinelli, 2018; Premio Rapallo Carige Opera Prima); “L’estate che perdemmo Dio” (Einaudi Stile Libero, 2009; Premio Benedetto Croce e Premio speciale della giuria Cesare De Lollis); “Il corpo docile” (Einaudi Stile Libero, 2013; Premio Penne); la pièce teatrale “Tu (non) sei il tuo lavoro” (in “Working for Paradise”, Bompiani, 2009); “Il mare in salita” (Laterza, 2011).
Con “Le assaggiatrici” (Feltrinelli, 2018), romanzo tradotto in oltre 30 lingue, ha vinto il Premio Campiello 2018, il Premio Rapallo, il Premio Chianti, il Premio Lucio Mastronardi Città di Vigevano, il Premio Pozzale Luigi Russo, il Premio Wondy.
Giorgia Iacuele