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La legge di Murphy: Italia, burocrazia e Coronavirus

GERARCHIE, INCOMPETENZE E MERITOCRAZIA 

Prima o poi, per la legge di Murphy, la peggiore combinazione possibile di circostanze è destinata a prodursi perché l’incompetenza è direttamente proporzionale al posto occupato nella gerarchia. 
Avete presente come Berlusconi abbia distribuito in venti anni di controllo della politica italiana, posti di deputato, di senatore, di vertice nella Rai, nelle varie Authority e nelle società partecipate, a chi lo ha servito, a chi gli ha arrecato piacere o lo ha difeso da gravi accuse?

Berlusconi non è venuto dal cielo, ma ha fatto la gavetta da imprenditore imparando tutti i meccanismi dei favori dai potenti dei partiti che negoziavano con il privato, in cambio di contropartite, persino per la concessione di un diritto. 
Entrato in politica, per il disfacimento di un’intera classe al potere, più o meno compromessa con lo tsunami di mani pulite, ha usato dalla stanza dei bottoni gli stessi metodi che i politici avevano applicato per trenta anni nell’Amministrazione dello Stato. Cioè considerare la cosa pubblica come proprietà privata quando si tratta di perseguire il proprio interesse elettorale o di pura convenienza aziendale. E’ in questo modo che i vari Governi che si sono succeduti sulla tolda del malconcio vascello Italia, hanno distribuito migliaia e migliaia di posti in barba alla meritocrazia, senza verifica del merito in violazione della costituzione, a persone non adeguatamente qualificate per le responsabilità affidate, di una cultura modesta e di senso dello Stato carente forse meritevoli del livello di guardaportone.

Nell’emergenza vengono al pettine tutti i nodi di un’Amministrazione dello Stato lasciata allo sbando da politici che hanno curato solo il loro interesse economico, di carriera, di potere e da burocrati servili che, come diceva Manzoni, stanno rintanati nella propria piccola nicchia senza disturbare e senza curarsi di quanto la propria ignavia, menefreghismo, sciatteria sia dannosa per la società,
Ovviamente questo andazzo, incentrato sulla negazione del principio anglosassone della accountability (bisogna sempre rispondere a qualcuno delle proprie azioni) e sulla esaltazione dell’opposto principio del laissez faire (tolleranza secondo la storpiatura dell’adagio quieta non movere, mota non quietare) ha avuto la costante copertura dei Sindacati che – dal nobile intento di difendere i diritti dei lavoratori dai soprusi, dallo sfruttamento del datore di lavoro nell’impresa privata – si sono trasformati con il tempo in protettori dei lavativi nel settore pubblico e di quanti operano con slealtà nei confronti dello Stato e dei Cittadini. 
Se questo giudizio sembra troppo una inaccettabile generalizzazione è bene scendere in qualche particolare che ci aiuta a capire meglio come governanti e burocrati vadano a braccetto: ognuno sostiene l’altro e entrambi danneggiano il cittadino.

Si diceva che la centrale unica degli acquisti Consip fosse uno strumento per standardizzare, per far risparmiare, per eliminare la corruzione spicciola delle migliaia di stazioni appaltanti, per dedicare personale ad altre incombenze ecc. Ma dopo lo scandalo che ha visto convolti l’Amministratore delegato, il Presidente, alcuni parlamentari e persino alte sfere dell’Arma dei carabinieri si è preferito non parlarne più. 
Le disfunzioni dell’Amministrazione nell’affrontare il coronavirus sembrano una replica di quanto accaduto con i terremoti del centro Italia. Dopo anni le macerie sono ancora là, i terremotati hanno ricevuto pochi aiuti, le strutture di accoglienza sono risultate difettose, gli impegni solenni e le promesse di tutte le alte cariche dello Stato sono rimasti lettera morta, mentre non è mancato modo alla protezione civile di pavoneggiarsi per qualche microscopico risultato. 
E la tragica faccenda del ponte crollato a Genova e di altre infrastrutture collassate, non ha visto forse la medesima pantomima tra Ministero dei trasporti, società concessionaria, Anas ed Enti vari di cui nessuno si è assunto la responsabilità addossandone invece il peso sempre a qualcun altro?

La vicenda delle mascherine necessarie a proteggersi dal virus di questi giorni è eloquente. Come ampiamente illustrato nella trasmissione televisiva “Report” sono emerse tali e tante magagne, con complicità diffuse, dal vertice della struttura fin giù agli operatori amministrativi di basso livello, da far accapponare la pelle. Gare fatte male, senza fidejussione, senza collaudo, senza certificazioni, senza depositi oppure gare non fatte per favorire l’impresa raccomandata priva di una solida esperienza di settore, con un capitale versato irrisorio, con documentazione falsificata, senza controlli accurati ecc. 
E il denaro così generosamente offerto dalla popolazione italiana che fine ha fatto? E’ stato utilizzato per mantenere il carrozzone o per dare immediato sollievo alle necessità in attrezzature dei vari ospedali e dei medici anche di base, praticamente abbandonati e costretti a fare da soli? 
Dopo due mesi di stop forzato del paese nulla è cambiato nel modo di ragionare e di comportarsi della burocrazia che è arrivata a produrre il quinto modulo per l’autocertificazione dei motivi di circolazione.

A cosa servono gli uffici studi dei Ministeri che maggiormente possono essere coinvolti nelle calamità, nei disastri, nelle pandemie se non a immaginare scenari operativi, modelli di criticità, ipotesi comportamentali, scorte di emergenza e attrezzature adeguate? Nulla. Eppure non c’è occasione di intervento in talk show di questo o quel politico, con i media che servilmente annuiscono, che non si scagli contro la burocrazia. Ma questo mostro imperante è vivo grazie a loro ed alla loro inettitudine al comando, alla guida, alla spiegazione, al buon esempio, al coordinamento, ad una norma di linguaggio che faciliti il cittadino senza confonderlo. 
Quante volte abbiamo sentito parlare di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, della fibra, della connettività, dell’eliminazione di passaggi inutili e anacronistici nell’espletamento di un servizio pubblico? Infinite volte.
Questa del coronavirus era un’occasione per dimostrare che chi stava al vertice aveva svolto i propri compiti con diligenza, utilizzando i due mesi di chiusura forzata del paese per attuare forme di intervento concreto, guardando altrove alle pratiche migliori.

Perché l’autocertificazione non è stata resa immateriale come in Francia? Perché gli aiuti finanziari alle famiglie ed alle imprese non sono stati erogati automaticamente sul conto corrente individuale che è un dato ben conosciuto all’Amministrazione dello Stato in possesso dell’anagrafe tributaria, del codice fiscale, dell’iban bancario, dell’anagrafe del servizio sanitario nazionale, dell’anagrafe elettorale, del domicilio di ciascun cittadino, dell’anagrafe del PRA e delle assicurazioni ecc?

Se si potesse utilizzare una procedura on line collegata in tempo reale ad un server che controlla gli spostamenti si eviterebbe di impiegare migliaia di uomini e donne, che sono risorse preziose da dedicare a cose più produttive per la società. Vantaggi? L’attuale controllo con verifica del modulo da parte degli addetti al servizio pubblico non chiude le falle perché il numero dei controllati è inferiore al 10% di quelli che si spostano, mentre la procedura digitalizzata consentirebbe un controllo generale ed effettivo.

Per non parlare di altri vantaggi accessori, quali il risparmio di carta, di stampa e di tempo ogni volta per il riempimento del modulo. Almeno avrebbero potuto pensare a spedirlo per mail o renderlo accessibile a ciascuno come avviene per la dichiarazione IRPEF pre compilata. Forse che quando la stradale ti ferma non controlla con il suo computer portatile il possesso dell’assicurazione? La validità della patente? E perché non consentire questa operazione ad un cervello elettronico? 
Tutto questo non è stato attuato semplicemente perché il politico non pensa al di là della propaganda contro le opposte formazioni, il burocrate non vuole perdere il potere della carta, del permesso come se fossimo ancora nell’800, e nessuno dei due si cura di conseguire una maggiore efficienza di risultato, né di rendere più semplice la vita al contribuente.

Per carità di patria sorvoliamo sulla formulazione ottocentesca del modulo, concepito da gente che non è mai andata al di là della propria scrivania con una terminologia che confonde perché utilizza termini impropri come “congiunti” per significare, con successive spiegazioni arzigogolate, anche i partner non legati da vincolo di matrimonio o altri casi di amicizia che però deve restare anonima in omaggio alla privacy. Sorvoliamo pure su certi avvisi di Enti locali con perle di inarrivabile stupidaggine come “i negozi di commercio di bambini” o che “se in automobile c’è una sola persona deve sedere davanti sul lato dell’autista”.

In questo bailamme l’alta finanza, la Confindustria, la Confcommercio, la Coldiretti, la CEI, i club delle società sportive (calcio in testa) ecc. hanno fatto la loro parte nello sbraitare a vanvera sulle perdite di bilancio o sulla negazione del diritto di culto per i fedeli senza farsi un esame di coscienza autocritico per non aver mosso un dito quando si saccheggiava la sanità pubblica a favore di quella privata, senza curarsi del cinico sfruttamento degli ultimi (operai, precari, fattorini, badanti, braccianti, ecc,).

L’ultimo esempio cronologico di sciatteria e inadeguatezza della macchina amministrativa, è quello appena illustrato dalla trasmissione “non è l’arena”. Sono stati liberati dalle carceri 40 mafiosi compreso il noto Zagaria per l’inettitudine del DAP che, malgrado i ripetuti solleciti del giudice di sorveglianza, ha considerato la pratica della richiesta di scarcerazione per motivi di salute come se fosse stata avanzata da un ladro di galline e non ha risposto al giudice di sorveglianza per mesi mandando a vuoto tre udienze.
Infine ha risposto in modo inconcludente e per giunta ad un indirizzo sbagliato, quando la frittata era già stata fatta. E’ noto che la responsabilità è sempre del capo (a Napoli si dice che il pesce puzza dalla testa) ma per la legge di Murphy questi è al vertice di una caterva di sottoposti che, nell’assenza di adeguati controlli, non adempiono ai propri compiti con diligenza, non conoscono le virtù dell’attenzione, dello zelo, della puntualità, del dovere.

TORQUATO  CARDILLI 

 

 

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