Città di Fiume 1919-20 la costituzione estetica dinamiche e interconnessioni nell’Europa post bellica della Reggenza del Carnaro
A colloquio con RAFFAELE PANICO sulla QUESTIONE ADRIATICA
Intervista a cura di Marilù Giannone
Dopo aver partecipato ad una “Tavola Rotonda” ad alto livello organizzata a Roma dall’Accademia Angelico Costantiniana sul Tema “Onore, Patria, Poesia: D’Annunzio e la Reggenza di Fiume”, abbiamo ritenuto interessante cercare di approfondire alcuni argomenti. Al riguardo abbiamo chiesto a Raffaele Panico – uno dei Relatori nel sopracitato Convegno, nonché nostro amico e raffinato conoscitore sulla Storia delle Terre d’Istria, Fiume e Dalmazia – di poter conversare con lui.
Qui di seguito il riepilogo del nostro incontro.
1) D/ – Come è nata la ricerca per la Questione adriatica?
R/ – La genesi è negli anni 1991-95, il mio primo interesse per la questione Adriatica che, studiata alla Facoltà di Lettere e Filosofia La Sapienza di Roma e, sottolineiamo, diciamo così annotata al margine da interesse mio personale, attraverso 3 annualità di Storia moderna e 3 di Storia contemporanea, Relazioni internazionali e altre annualità Storia dell’Europa orientale eccetera mi hanno consentito di enucleare il tutto. Poi nella Redazione di un quotidiano di area socialista la “scoperta” delle foibe, sussurrata da giornalisti anziani e già in pensione che intrattenevano a discorrere di storia durante le loro visite per articoli da pubblicare sul quotidiano: il nuovo interessamento poi tra il 1999-2000; quindi diversi viaggi, Trieste, Fiume e Zara….. articoli, interviste pubblicate, opuscoli, “Italia dimenticata” e “L’Italia nella coscienza di Gabriele D’Annunzio e Niccolò Tommaseo…”
2) D/ – Il discorso intorno alla Questione Adriatica in queste fasi e in tutti quegli anni, quale nuova prospettiva è emersa, in sostanza?
R/ – Soprattutto dopo il 2009, l’ultimo mio interessamento in occasione dei Cent’anni di Futurismo e in vista della preparazione al 150.mo Unità d’Italia – o meglio la proclamazione del Regno d’Italia, alcune nuove…. La domanda posta ad un esule di Zara residente a Trieste e presidente di una delle fondamentali e storiche Associazioni giuliano-dalmata, ossia perché l’accanimento del presidente Woodrow Wilson contro l’Italia o meglio l’italianità di Dalmazia e Fiume e metà Istria…. lui mi rispose. “Noi sappiamo che il maggiordomo di casa Wilson era un croato di Spalato, e altro non faceva che ripetere scimmiottando Catone il censore la Dalmazia è croata eccetera, un po’ come nel Senato di Roma Chartago delenda est. Ma escludiamo il maggiordomo croato di Wilson, oggi anche con una posta pec agli eredi di casa Wilson questi potrebbero risponderci, non diamo il nome e la nazionalità del maggiordomo del nostro avo, c’è la legge sulla privacy…Divagazioni a parte… tra il 2009 e oggi la differenza avviene attraverso il centenario del Terremoto di Messina per la presenza del primo soccorso della marina militare russa a Messina alle popolazioni civili, quindi la rilettura degli Accordi di Racconigi del 24 ottobre 1909 tra il re d’Italia e lo Zar di Russia. A seguito dell’accordo l’Italia si estende con volontà di potenza dell’Adriatico, per sviluppare la propria influenza nei Balcani, e muove guerra all’impero Ottomano. Si avvia verso un politica imperialistica o della spartizione.
L’accordo di Racconigi fu completato da un accordo italo-austriaco, noto come “Accordo d’Interpretazione dell’art. 7 della Triplice Alleanza.
Con Italia e Russia e la stipula dell’accordo segreto, si completa il processo di accerchiamento degli Imperi Centrali da sud, a nord era già avvenuta l’intesa tra Russia e Inghilterra. L’Italia è dunque pronta per la “Piccola Guerra” del 1911, la prima vera guerra degli italiani preludio della IV guerra d’Indipendenza, che sono da leggere entrambe come guerre d’espansione, la “Piccola e la Grande Guerra”. Quindi gli italiani sanno combattere, tenere il fronte e vincere.
Questo è il differente contributo italiano alla Prima guerra mondiale che avviene tra l’agosto 1914 e il 1918. Noi no. In un certo senso entriamo nella guerra mondiale con un atteggiamento parallelo, per il sacro eroismo di vedere raggiunti i confini del “Guscio” del grembo della Madre Patria e pertanto il compimento delle guerre d’Indipendenza. Entriamo nel radioso maggio 1915 dopo altre trattative segrete del ministro degli Esteri Antonino di San Giuliano. E chi c’era a firmare? La Russia zarista… E con la Piccola Guerra 1911 gli italiani esperimentano le bombe dall’alto con gli aerei (diversa la bomba dall’alto nella psicologia del terrore nei racconti redatti dai reduci letterati: il colpo sparato dal cannone un veterano con udito formato ne capiva la traiettoria, si buttava in una fossa dietro una roccia; il sibilo della bomba dall’alto raggelava il sangue…); e il generale Giulio Douhet teorizzava che il futuro delle guerre era nell’aviazione. E che fa D’Annunzio dopo il letterario romanzo “Forse che si forse che no” del 1910? L’aviatore, e compie il volo su Vienna! Mentre quando, dopo Caporetto, gli austriaci lanciano volantini sulle truppe italiane in ritirata dopo l’accusa di Raffaele Cadorna ai suoi soldati di disfattismo, si ha l’effetto contrario: infatti gli italiani feriti nell’onore nell’anima più che nel corpo, buttano il sangue più di prima e “Il Piave mormorava e il Montegrappa è la mia Patria”, e dalla nuova linea difensiva e con i 18.enni al fronte e gli sbandati riorganizzati nelle file dell’esercito italiano gli austro-ungarici non si aspettavano una reazione moltiplicata e cominciano a capire la fine. D’Annunzio lanciando decine e decine di migliaia biglietti su Vienna (su alcuni scritto “POPOLO DI VIENNA, PENSA AI TUOI CASI. SVEGLIATI! VIVA LA LIBERTA’! VIVA L’ITALIA! VIVA L’INTESA!) diventa un cavaliere dell’aria, non fa guerra ma il bel gesto e non versa il sangue dei civili inermi. Grande effetto propagandistico. E poi negli anni successivi, Guernica e gli anglo americani, altrettanto faranno per infamie sulle nostre città con bombardamenti a tappeto, come i tedeschi a Conventry, e con le V2 e successive su Londra, e poi il fosforo su Dresda, ma che brutta tragica storia…
3) D / – Espansione e propaganda, i voli aerei ma anche la guerra alpina…. Una guerra diversa dai fronti ovest ed est degli Imperi centrali…
R / – Sì! Ma c’è dell’altro. Inizia il dualismo, Paese reale e Paese legale. Udine il Comando generale militare efficiente, contro Roma del parlamentarismo incapace… e, a guerra finita Stato libero di Fiume contro Roma inetta … il Comandante D’Annunzio chiamerà Nitti “Cagoia” assonanza inevitabile… e cosa c’è di diverso tra un Garibaldi Obbedisco e un D’Annunzio Disobbedisco? Il riscatto delle forze armate italiane dopo l’abortita prima guerra d’Indipendenza 1848-49 (il Papa-Re si ritira… il principale sovrano degli Stati italiani che poteva porsi a capo della grande area confederata italiana se si proponeva come un novello papa Giulio II e Roma sconfiggeva Vienna); la seconda dei “piemontesi” del 1859-61 che vede la perdita di regioni importanti come la Savoia italiana e la Contea di Nizza (sorta di accordo tra regni romano barbarici “io concedo in spose due figlie a te a garanzia della nostra Alleanza”); e la drammatica vicenda della Terza guerra d’indipendenza, quando il comandante Persano a Lissa perde la battaglia navale e le perle dell’Adriatico a nord l’Istria e Fiume, e la Dalmazia sono via via de-italianizzate e croatizzate…
Il paradigma del Sistema d’Equilibrio dei Poteri delle Grandi Potenze, si veda Karl Polany in “La grande trasformazione”, il cosiddetto Concerto Europeo è con la Prima guerra mondiale che si compie la rottura, una catastrofe. Equilibrio come paradigma estensivo. Infatti, equilibrio dei mercati liberismo economico; equilibrio dei sistemi politici liberali; equilibrio dei cambi monetari o meglio la garanzia del tallone aureo il filo d’oro che legava le monete … il rublo zarista era convertibile con un grammo d’Oro… e i legami di sangue ossia le aristocrazie europee le famiglie regnanti…. Ed ecco che torniamo alla catastrofe del 1917, esce la Russia con la rivoluzione bolscevica, sono poi eliminati fisicamente i Romanov ed entra l’America che di aristocratico nulla aveva e la Francia repubblica che inneggia la nuova sfida della repubblicanizzazione a fine guerra per eliminare gli atavici imperi centrali dall’Europa. (si veda F. Feyto, Requiem per un impero).
Allora, con il 1914 inizia conflitto tra le cancellerie europee. Attesa dell’Italia 1915 e, nel 1917 il cambio tra Russia e America che si associa alla guerra.
Il Big Bang della Civiltà Europea occidentale latino germanica o anche parte marittima, e l’orientale o parte continentale tutte le Russie con la rivoluzione bolscevica… si leggano le migliaia di pagine di A.J. Toynbee, Civiltà a paragone.
Fiume è così, che in quel tempo, diventa esattamente un sistema al margine del caos post bellico del continente intero Russia compresa. Il punto di un non equilibrio e anche un abbrivio ossia la apertura di una fase Rivoluzionaria e sperimentale; il punto diremo di un sistema complesso e interconnesso, è un laboratorio di idee instabili. Si pensi alla figura eccentrica Guido Keller e l’“Ufficio colpi di mano”…
Qui potremmo inserire oltre al dualismo Paese reale Paese legale, Comando di Udine contrapposto al governo di Roma nelle fasi della guerra, a guerra finita il governo della Reggenza del Carnaro del Comandante D’Annunzio a Fiume, la metafora dell’Alpino classico e dell’Alpino quantistico ossia, un paradigma di un fisico nucleare Emilio del Giudice che fa la distinzione tra la fisica classica e la fisica quantistica, tra il moto rettilineo uniforme di un corpo e la fisica quantistica. Ossia solo una forza esterna produce un nuovo movimento in un sistema, la fisica classica.
Ma, ecco, cosa fa l’Alpino classico all’ordine ricevuto di pattugliare il confine? Marcia attento con elmetto e fucile alto là chi va là, e in un certo senso si espone e più facilmente si becca una pallottola o una mitragliata. Mentre l’Alpino quantistico, in alta montagna al freddo tra le nevi, in alta montagna pensa bene a scaldarsi e vincere la paura bevendo una bella bottiglia di grappa, quindi sbanda, si rotola anche, nelle nevi, cade, si rialza come dopo la rotta di Caporetto l’esercito sbanda si ritira va verso il vecchio confine della patria i soldati sbandati salvano il grosso delle file di uomini che poi sono riorganizzato sul Montegrappa e sul fiume Piave. Paradossalmente la strategia e tattica teutonica che ebbe successo contro la Russia zarista e sul fronte occidentale contro i franco-britannici con gli italiani non funziona. Il moto spontaneo della Rotta di Caporetto si attesta lungo il Piave e sul massiccio del Montegrappa e l’esercito italiano riorganizzato e democratizzato con il cambio di guardia tra Raffaele Cadorna con Armando Diaz e i ragazzi della classe del 1899 vincerà la guerra. La posizione stabile delle numerose offensive dell’Isonzo si dissolve nella rotta di Caporetto e dal turbine del caos si riorganizza, e crea un nuovo confine psicologico la difesa della patria, il dialogo tra ufficiali e soldati semplici voluta da Armando Diaz e, dall’inerzia a cambiare strategia e tattiche, il sistema spontaneamente si ricompone si adatta e vincerà il conflitto con Vittorio Veneto. L’Italia dunque, trova la spinta in se stessa, dopo Caporetto e la fase di guerra di posizione; mentre per far crollare la Russia la nostra alleata ci pensa il treno piombato di Lenin ben foraggiato dall’alta finanza tedesca e non solo. Concludendo la divagazione si compie la metafora diplomatico-politico-militare dell’inerzia di tanta classe politica e dirigente, e dal moto rettilineo uniforme – ossia la guerra classica e la politica inerte e incapace di innovazioni – emerge dalle ceneri ancora una volta il primato italiano, le grandi doti del genio latino romano e italico.
Oggi diremo più che pensare scegliere ed agire da Futurista, dopo cento anni esatti 1919- 2019, il pensiero Quantistico coadiuvato dall’intelligenza artificiale può per il benessere e la felicità dei popoli dell’Europa intera far tornare il Primato degli italiani, di popolo e non di Stato, come sempre tra corsi e ricorsi storici (Vico) e tra paradigmi ritornanti e ricorrenti (Tommaseo)… Marinetti diceva: vedete la proporzione degli atti eroici che hanno fatto la storia militare sul fronte occidentale e meridionale, gli italiani al fronte lo hanno dimostrato ad ogni inglese, francese o tedesco Noi ne abbiamo avuti in numero moltiplicati e abbiamo sopravanzato.