“La Madre” di Ungaretti: tra il cielo e la terra
Negli ultimi decenni della sua vita Giuseppe Ungaretti ha raccolto tutte le poesie scritte sin dalla giovinezza in un’unica grande raccolta intitolata “Vita di un uomo”. In questo modo ha voluto trasmettere che per capire bene la poesia del primo periodo bisogna andare a leggere quello che è successo dopo; come dire che ogni esperienza è servita per l’evoluzione della sua vita.
Intorno al 1930 il poeta si accosta alla fede, dopo una vita spesa alla ricerca di una verità, di una luce grazie alla quale lasciare la condizione di “uomo di pena”, la tragicità del contingente verso la sublimità dell’assoluto.
Sono questi gli anni del dolore: la perdita del figlio e poi della madre, la Seconda Guerra Mondiale vissuta questa volta da civile…tutte esperienze, dice Ungaretti, che non sono senza un significato. Dopo un percorso complicato egli ha acquisito una fede che gli è stata trasmessa dalla madre e che esprime in maniera semplice ma intensa in questa poesia nei cui versi è predominante l’elemento religioso.
È questo un Ungaretti che ha superato la tragedia. Con ciò non vuol dire che abbia superato il dolore ma che gli ha dato un significato. La tragedia infatti è quando del dolore non se ne comprende la ragione, non se ne riesce a trovare un senso e tutto sembra drammaticamente sprofondare nel nulla. Ungaretti non è un uomo per il nulla ma per l’eternità e l’eternità gli si schiude alimentata dal ricordo e dall’amore.
La sua poetica esprime la caducità dell’uomo e nella rivelazione di Dio nel cristianesimo ritrova il senso di eterno. La figura materna diventa, nella poesia di seguito trascritta, un anello di congiunzione tra sé e Dio perché con l’illimitato senso di amore una madre ricalca lo stesso amore di Dio per l’uomo. La pietà della madre è simbolo della pietà di Dio per l’umanità.
La madre assume l’immagine di una donna forte della sua fede, profondamente religiosa. È colei che dava la mano al bimbo quando era piccolo e che continua a prenderlo per mano ora che è vecchio. La sua figura emana forza, decisione e una grandissima fede. Il poeta la rappresenta inginocchiata davanti a Dio, perseverante nella preghiera, sia ora dopo la morte, che come prima. Questa donna è vecchia, le sue braccia tremano, il suo sospiro è umanissimo ed è un sospiro di soddisfazioni e di sollievo.
Questo il testo.
La Madre
E il cuore quando d’un ultimo battito
Avrà fatto cadere il muro d’ombra
Per condurmi, Madre, sino al Signore,
Come una volta mi darai la mano.
In ginocchio, decisa,
Sarai una statua davanti all’eterno,
Come già ti vedeva
Quando eri ancora in vita.
Alzerai tremante le vecchie braccia,
Come quando spirasti
Dicendo: Mio Dio, eccomi.
E solo quando m’avrà perdonato,
Ti verrà desiderio di guardarmi.
Ricorderai d’avermi atteso tanto,
E avrai negli occhi un rapido sospiro.
La poesia è particolarmente significativa della seconda raccolta intitolata “Sentimento del tempo”. Qui non si è più nella poetica dell’istante della prima raccolta ma in quella della durata; Ungaretti in queste poesie vibranti di carità, è rientrato nel tempo e nel tempo riscopre il sentimento che lega l’uomo all’eterno.
La Madre viene collocata nella fase di “ritorno all’ordine” della poetica ungarettiana che segna l’abbandono dello sperimentalismo ermetico e il riavvicinamento alla metrica classica. Il verso infatti si ricompone, ritorna la punteggiatura e la metrica prima abbandonata, viene ora ricomposta in endecasillabi. Al centro della poesia, come abbiamo detto sopra, c’è la figura della madre, umile nel suo stare inginocchiata e allo stesso tempo forte, nell’immobilità di una statua. Questa donna diviene emblema di un amore che va oltre la morte, simbolo di una categoria eterna: la pietà materna.
I toni sobri esprimono il dramma di una madre che con amore aspetta il figlio alle soglie dell’eternità, per vederlo redento anche grazie alla sua fede. Risoluta nella preghiera, invoca il perdono per il proprio figlio e solo quando il Signore glielo avrà accordato, lo guarderà in volto ora che l’ha raggiunta.
Il poeta, una volta che cadrà il velo che separa la vita sulla terra dalla vita nell’aldilà, dopo la morte incontrerà la madre che lo condurrà alla visione della verità e anche in quel momento la madre gli darà la mano come accadeva quand’era bambino. Sarà dunque la madre ad accompagnarlo in quel transito, in quel passaggio, in quella barriera da superare.
L’esperienza della morte della madre è vissuta con un senso di speranza: ella, in perfetta sintonia con la volontà di Dio, accoglierà il figlio ancora una volta e gli manifesterà l’assoluzione divina attraverso gli occhi. Il ricordo del passato torna ripetutamente attraverso l’uso di alcune parole: come una volta, come già ti vedeva, come quando spirasti, ricorderai… ma è un ricordo che crea un legame di continuità nella dimensione eterna, quella del futuro incontro con la madre.
Il cuore con cui si apre la lirica è simbolo di tutta la poesia che esprime sentimento e amore. I vocaboli ripetuti a simmetria come, quando sono sintomatici per rilevare la nuova sensibilità di Ungaretti che è quella del tempo. La finalità è il voler recuperare in qualche modo il passato perché passato e presente in un’aspettativa futura sono i luoghi privilegiati dove si sviluppa il sentimento. In questo caso si tratta dell’amore che aveva unito il figlio e la madre e che continua ad unirli al di là della morte e che li unirà ancora di più dopo la morte, quando la madre cercherà di intercedere di fronte all’eterno per il proprio figlio. Il mistero che divide, che si interpone fra finito e infinito, tra il mutevole e l’eterno è solo un muro d’ombra.
Madre è un simbolo come anche cuore: danno affetti che vanno aldilà del tempo, della vita e della morte. E come una volta mi darai la mano: quando il poeta entrerà in una vita definitiva, la madre continuerà a fare quello che faceva una volta, lo prenderà per mano.
Le parole Signore e Mio Dio, eccomi danno la dimensione anche religiosa della poesia come pure la visione di questa madre decisa, in ginocchio, che prega l’eterno. Questa immagine fa tornare alla mente la mamma quando era ancora in vita e pregava.
Si ripete ancora un’immagine che richiama una consuetudine passata: Alzerai tremante le vecchie le braccia, come quando spirasti. Di fronte alla morte non c’è la tragedia incontrata ne“Allegria dei naufragi” ma un aprirsi al mistero con molta serenità. Si trova pace in questo sentimento di amore e del tempo dove il passato non diventa una rottura col futuro ma una continuità.
La poesia, nel suo struggente dialogo ultraterreno tra una madre e un figlio, ha un valore eterno. I due si ricongiungono finalmente in una dimensione metafisica, oltre il confine tra morte e vita. Il loro commovente incontro ribadisce quel legame viscerale, unico, totalizzante che lega una madre ai suoi figli, come un cordone ombelicale invisibile che non si spezza mai veramente e non conosce morte.
Il finale è solenne: in un solo folgorante verso Ungaretti è riuscito a racchiudere il significato e lo struggimento dell’attesa.
Veronica Tulli
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