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La morte delle api

Un prato fiorito in primavera, la frutta e la verdura e perfino un tessuto di cotone non esisterebbero senza gli insetti impollinatori, prime fra tutte le api. Esse, e altri impollinatori, mangiano il nettare dei fiori e trasportano inavvertitamente il polline dall’una all’altra. Un terzo di tutto il nostro cibo dipende dall’impollinazione effettuata da api, lepidotteri e sirfidi, il che significa che questi esseri contribuiscono all’economia globale. La regina di questo mondo è l’ape. Esistono centinaia di specie di api, tutte fondamentali nel ciclo vitale delle varie piante della Terra, dai meli alle carote, dagli aranci alle cipolle e ai broccoli, dai meloni alle fragole, dalle pesche agli avocado.

Ma purtroppo le api stanno scomparendo, e anche in fretta. Da quando il problema è stato rilevato in Gran Bretagna, negli anni Cinquanta, numerosi studi ne hanno documentato il declino. In effetti, nella seconda metà del XX secolo tutti gli insetti impollinatori sono diminuiti gravemente in tutto il mondo a causa di malattie, cambiamenti dell’habitat attorno alle città e dell’aumento dell’uso di pesticidi. Uno studio effettuato da Sydney Cameron, entomologa dell’Università dell’Illinois evidenzia la rapidità del fenomeno. Cameron ha considerato la diversità genetica e i patogeni in otto specie di bombi degli Stati Uniti. Dai risultati, pubblicati nel 2011 nei «Proceedings of the National Academy of Science», emerge che quattro specie comuni di bombi negli Stati Uniti sono diminuite del 96% negli ultimi decenni. Secondo il Centre for Ecology and Hydrology del Regno Unito, tre delle venticinque specie britanniche di bombi sono già estinte e metà delle restanti è andata incontro a una drastica diminuzione (spesso fino al 70%) a partire dagli anni Settanta

I bombi sono impollinatori importanti delle piante selvatiche e agricole in tutto il mondo grazie alle grandi dimensioni del corpo, alla lunga lingua e al ronzio ad alta frequenza che contribuisce a liberare il polline dei fiori. Le api impollinano il 90% circa delle piante commerciali del pianeta, tra cui alberi da frutto e verdure. Caffè, germogli di soia e cotone dipendono tutti, per quanto concerne la resa, dall’impollinazione effettuata dalle api, le quali costituiscono inoltre il primo anello della catena alimentare che sostenta uccelli e animali selvatici. Inoltre, gli impollinatori sono essenziali per ottenere frutta e verdura di qualità. Le fragole di forma perfetta, per esempio, si creano solo se ogni ovario è stato impollinato da un insetto. E il numero di semi di una zucca dipende dal numero di specie di insetti che hanno impollinato le piante. Se ci sono dieci impollinatori, la zucca avrà più semi di quanti ne avrebbe in presenza di un solo impollinatore.

Ma qual è la causa di questa diminuzione? Secondo gli scienziati è una combinazione di malattie e di variazioni delle tecniche agricole. La diffusione delle coltivazioni industriali, l’aumento dell’uso di pesticidi e la perdita dell’habitat riducono il ruolo delle popolazioni di insetti selvatici. In risposta, gli agricoltori hanno cominciato a utilizzare le api da miele per impollinare i campi, creando così un mercato dell’impollinazione. La domanda ha portato ben presto alla nascita di un’industria, che vede oggi l’eccessivo sfruttamento delle api da miele, colpite da parassiti, esposte ai pesticidi e male adattate alle condizioni in cui operano. Nel suo studio sui bombi americani, Sydney Cameron ha individuato due cause: un patogeno chiamato Nosema bombi e una riduzione complessiva della diversità genetica delle popolazioni di bombi restanti. Il patogeno, comune nei bombi di tutta Europa, diminuisce sia la durata della vita dei singoli insetti sia la dimensione delle colonie. A causa della minore diversità genetica le popolazioni più piccole sono meno capaci di combattere eventuali nuovi patogeni o di resistere all’inquinamento e ai predatori.

Un altro problema per le api è l’acaro ematofago varroa. Questo insetto, endemico nelle popolazioni di api da miele dell’Asia da migliaia di anni, viveva in simbiosi con la popolazione di Apis cerana. Il completamento della ferrovia transiberiana nel 1916 e il conseguente spostamento di merci e persone ha causato involontariamente un problema alle api occidentali, mai esposte al parassita e quindi prive di difese naturali nei suoi confronti. Negli anni Cinquanta il varroa arrivò in Unione Sovietica, due decenni dopo si diffuse in Europa orientale e in Sud America, in seguito allo spostamento delle popolazioni di api indotto dall’uomo. Oggi l’Australia è l’unico continente in cui non esiste. In tutto il mondo sono morti miliardi di api a causa di questo parassita che trasmette virus letali.

Ma le epidemie virali non bastano a spiegare il calo spaventoso degli insetti. Negli ultimi decenni il pericolo più grave per le api è stato il maggior uso di pesticidi, soprattutto dei cosiddetti neonicotinoidi. In un inverno all’inizio degli anni Novanta gli apicoltori francesi notarono un’improvvisa diminuzione delle loro api e puntarono subito il dito contro un pesticida molto comune, chiamato imidacloprid, utilizzato da un anno. Nel 2008 la Germania ha sospeso l’uso di tre neonicotinoidi dopo che alcuni apicoltori del Baden-Württemberg avevano segnalato che due terzi delle loro api erano morte nei luoghi in cui era stato usato un pesticida chiamato clotianidina. Il prodotto era stato applicato ai semi del mais piantato lungo il Reno. Le ricerche sugli effetti dei pesticidi dimostrano che queste sostanze danneggiano il cervello delle api, bloccando i segnali elettrici e chimici tra i neuroni. Secondo gli esperti bastano lievi alterazioni per creare gravi disturbi cerebrali. Di conseguenza le api hanno più difficoltà a tornare all’alveare e a comunicare con le compagne nella loro caratteristica danza per informarle delle fonti di cibo che hanno trovato.

Se gli sforzi di conservazione non argineranno il problema, forse dovremo cercare nuovi impollinatori per sostituire i bombi. Come le api da miele, anche le api legnaiole impollinano numerose piante, tra cui mandorli, peschi e meli. Non vivono tuttavia in alveari, preferendo ripararsi nei buchi praticati negli alberi morti da altri animali o in quelli fatti nel legno dall’uomo. E sono davvero efficienti: duemila api legnaiole riescono a svolgere il lavoro di centomila api da miele quando si tratta di impollinare i fiori degli alberi da frutto.

Nicola Sparvieri

Foto © Bromotirrena

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Api, Bombi, Impollinazione