La Pastiera in tutte le sue forme
Non è Pasqua senza sua maestà la pastiera. Uno dei dolci, se non il dolce, d’eccellenza di questa festività. Ingredienti semplici, una base di pasta frolla che racchiude un ripieno di grano cotto nel latte, ricotta ed essenza di zagare, fanno di questa torta il dolce simbolo di questo periodo.
Si dice che ci sono sette strisce di frolla per sette ingredienti, scelti con religioso rigore qualunque variante essa sia. Per quella classica, della tradizione, l’ingrediente più prezioso è lo strutto, ormai ottenuto quasi esclusivamente attraverso macellai e amici “paesani”, conservato in frigo ed in vasetto modalità Sacro Graal da tirare “fuori all’occorrenza”. Adesso è spesso sostituito dal burro, decisamente più semplice da reperire. La pastafrolla, che farà da base, è chiamata anche cassa dal gastronomo Vincenzo Corrado, pettola o pittolo non dovrà essere eccessivamente spessa.
La ricotta, che sia essa vaccina o di pecora (per gli integralisti) va setacciata per evitare un risultato troppo umido e poi unita allo zucchero ed alle uova. Una buona pastiera comunque prevede anche un giusto grado di umidità.
Il grano per il ripieno, oggi, si trova in comodi vasetti già cotto e pronto da usare. Scelta molto veloce rispetto a quella che prevede che il grano sia messo in ammollo un giorno prima. Va comunque cotto nuovamente nel latte per far si che si aromatizzi e diventi più cremoso. Scorze di arancia candita, acqua di fiori d’arancio ed eventuali spezie come la cannella completeranno il dolce.
Parte integrante di ogni pastiera napoletana che si rispetti è il suo ruoto, per intenderci la tortiera. Di forma circolare, in alluminio, viene acquistata a tempo debito per poi essere tramandata gelosamente. Negli ultimi anni, si è diffusa la tortiera con cerniera, in modo tale da non dover capovolgere il dolce appena fatto e spesso ancora di consistenza “molle”. A Napoli e dintorni, la pastiera si spedisce direttamente a casa dei parenti con il ruoto, prova effettiva che essa è stata fatta in casa.
Per finire l’ultimo “ingrediente” è il tempo di assestamento. Una volta uscita dal forno va lasciata raffreddare e riposare, dopo un paio di giorni, è ancora più buona perché gli aromi in eccesso tenderanno a sfumare, ed una eccessiva umidità andrà ad evaporare. In generale la struttura della nostra pastiera si assesterà.
Accanto alla pastiera tradizionale però vanno menzionate anche alternative, che seppur avendo una variazione degli ingredienti base sono ugualmente riconosciute a “pastiera”. La prima è quella con grano Tumminia Senatore Cappelli e altri grani alternativi, molto diffusa negli ultimi anni in Cilento. Famosa la versione del pasticciere Angelo Grippa di Eboli. Per rifarla in casa, per la pasta frolla, va utilizzato lo strutto e lo zucchero di canna grezzo; per il ripieno, ricotta di bufala e grani di varietà Risciola, Saragolla, Senatore Cappelli. Il risultato è una pastiera dai colori vivaci, con gli odori un po’ smorzati rispetto a quella classica e leggermente più umida per via della ricotta di bufala.
Un’altra variante è quella con il ripieno di riso, diffusa nelle province fuori Napoli, a Benevento e Salerno, oltre che nel Cilento. C’è anche una curiosa diatriba riguardo l’origine, visto che i salernitani in odore di secessione ne rivendicano la nascita molto prima di quella farcita col grano. La pastiera di riso non è ampiamente diffusa nelle pasticcerie, ma è facile poterla replicare in casa, inoltre può rappresentare anche un’ottima alternativa per i celiaci
Non può poi mancare la pastiera di pasta in versione dolce, originaria di Torre del Greco e Torre Annunziata. Il formato di pasta è quello chiamato capelli d’angelo, cioè gli spaghetti sottilissimi. In dialetto, viene chiamata ‘a pastiera ‘e ferellini, cioè pastiera di capellini. Il procedimento è come sempre molto simile a quello della pastiera tradizionale: dopo aver cotto la pasta in maniera tradizionale, lasciarla scolare bene, unirla poi al composto di uova, zucchero, eventuali canditi ed aromi, tra i quali fiori d’arancio ed un pizzico di cannella. Importante è cospargere il ruoto di sugna e zucchero, così come la superficie della pastiera, questo aiuterà a caramellizzare la superficie, creando una croccantezza in contrasto con la morbidezza della pasta interna.
Infine abbiamo le re-interpretazioni contemporanee come la pastiera scomposta e stratificata di Lino Scarallo a Palazzo Petrucci (una stella Michelin); la pastiera a modo mio del pastry chef Angelo Mattia Tramontano al Gran Caffè Napoli di Castellammare di Stabia; i gelati gusto pastiera a base di fiori d’arancio, la ricotta e i chicchi di grano come ingredienti principali (il gelato alla pastiera della cioccolateria Gay Odin a Napoli). Altre varianti sono i lievitati alla pastiera come la Pastiera Lievitata, se ci riferiamo a quella dello scomparso Maestro Alfonso Pepe (che per primo la mise a punto), oppure ancora Pan Pastiera, della Pasticceria De Vivo di Pompei, con un impasto molto setoso, arricchito con chicchi di grano, essenza di zagare, ricotta, e filetti di arancia canditi in superficie.