La ricerca di esopianeti abitabili
Gli esopianeti sono pianeti appartenenti ad altri sistemi solari ma che sono simili alla Terra e potenzialmente in grado di ospitare forme di vita umane. Essi orbitano intorno al loro sole a una distanza che consenta la presenza di acqua liquida sulla loro superficie. Inoltre devono possedere una massa e un raggio simili a quelli della Terra e una atmosfera compatibile con la vita come la conosciamo. Gli esopianeti non rappresentano solo una eventuale futuristica via di fuga da una Terra troppo inquinata o teatro di una guerra nucleare devastante, ma anche l’ambiente più adatto per una forma di vita aliena di tipo umanoide. Grazie alla sensibilità di strumenti come i telescopi spaziali, tra i quali il sofisticatissimo JWT (James Webb Telescope), la lista degli Esopianeti è salita oggi a oltre 4.000 unità.
Gli esopianeti possono essere fatti di gas (come Giove o Saturno) o di roccia e metalli (come la Terra) e dunque essere i candidati ideali per la vita extraterrestre. Ma per essere potenziali future abitazioni per la razza umana devono trovarsi nella cosiddetta fascia di abitabilità, ossia a una distanza dalla loro stella che permetta di avere in superficie l’acqua liquida, l’elemento che oggi riteniamo fondamentale per la vita. Se infatti il pianeta è troppo vicino al suo sole l’acqua evapora, se è troppo lontano è ghiacciato. Devono quindi essere rispettate alcune condizioni di abitabilità.
Tra i criteri più usati per classificare gli esopianeti confrontati con le caratteristiche della Terra c’è l’ESI (Earth Similarity Index). La scala varia da un valore minimo di 0 fino a un massimo di 1, che è anche il valore associato alla Terra. L’ESI tiene conto di fattori quali il raggio, la densità, la velocita di fuga e la temperatura del pianeta da classificare. Il prof. Abel Mendez, direttore del Planetary Habitability Laboratory (Università di Arecibo, Puerto Rico), ha elaborato una lista che tiene conto di altri criteri per classificare gli esopianeti. Tra questi c’è l’attitudine di un pianeta a ospitare vita vegetale, la dimensione dell’area di abitabilità, la composizione chimica dei minerali della zona abitabile, la densità atmosferica e la temperatura al suolo.
Gli strumenti montati sui telescopi sono capaci di studiare la luce proveniente dalle stelle. Se osservando la luce di una stella si nota che diminuisce a intervalli regolari, forse un pianeta le orbita attorno: abbiamo un candidato esopianeta. A questo punto con altri telescopi si cerca la conferma. La maggior parte di questi pianeti sono giganti di gas come Giove. Quelli rocciosi, invece, se non sono molto più grandi e pesanti della Terra, sono dei candidati a essere esopianeti. Su questi si passa a studiare la luce che viene riflessa e che contiene informazioni sulla composizione della loro atmosfera. Analizzando quella luce sarà possibile capire anche se è presente acqua.
La prova definitiva di abitabilità è ovviamente quella di andare direttamente sul posto. Dopo aver scoperto, confermato e analizzato le condizioni di un esopianeta, si dovrebbero inviare sonde spaziali per studiarlo in profondità e ottenere immagini superficiali e, successivamente, progettare missioni con equipaggio. Ma per arrivare agli esopianeti abitabili più prossimi potrebbero essere necessari centinaia o migliaia di anni. Un viaggio di questa durata causerebbe diversi problemi all’equipaggio come l’esposizione prolungata all’assenza di gravità, protraendosi oltre il tempo di vita degli stessi passeggeri. Sarebbe necessario ricorrere ad astronavi in grado di ospitare generazioni successive di uomini per poter coprire durate temporali così elevate. Oppure bisognerebbe ricorrere a ibernazioni prolungate per rallentare i processi vitali di svariati decenni. Questi mezzi richiederebbero importanti progressi scientifici come appare evidente dal fatto che potrebbero essere elementi di un film di fantascienza e non certo situazioni reali.
Ad esempio il confronto tra le dimensioni della Terra e Kepler-442 b, uno dei Pianeti conosciuti con l’ESI più elevato (0,84), si trova a circa 1115 anni luce dalla Terra, nella costellazione della Lira.
Il documentario “Evacuare la Terra“, trasmesso dal National Geographic propone l’uso di una nave generazionale gigante costruita nello spazio e spinta da propulsione nucleare. La nave ruoterebbe su se stessa creando una sensazione di gravità nel lungo viaggio spaziale. Ma anche volendo supporre una tale ipotesi fantascientifica, le eventuali colonie umane sparse per la Via Lattea si troverebbero praticamente senza comunicazione con la Terra, giacché qualsiasi messaggio inviato o ricevuto tarderebbe anni, decenni e anche secoli per arrivare a tali enormi distanze.
Al di là di tutte queste fantasie, l’unica possibilità concreta rimane quella di investigare dalla Terra. La speranza di chi vorrebbe fuggire rapidamente e diventare un colonizzatore dello spazio passa attraverso la ricerca di un esopianeta molto vicino e sperare sul rapido progresso dei viaggi spaziali umani.
Nicola Sparvieri
Foto © Eurocomunicazione