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La ROMA di D’ANNUNZIO

Gli ultimi tre decenni dell’ OTTOCENTO trasformarono la nuova Capitale in un grande cantiere: l’attivismo di tanti costruttori ed imprenditori diede una sonora sveglia all’atavica sonnolenza di una città adagiata tra le gloriose, antiche memorie e il ristretto panorama dell’inefficienza del morente regime temporale del Papa.

In questo clima di inarrestabile rinascita, Gabriele D’Annunzio, pescarese di diciannove anni, giunse a Roma: l’incontro con l’editore Sommaruga ed il noto giornalista Scarfoglio portarono il giovane provinciale alla ribalta in quella notorietà da “dolcevita” che stava trovando terreno ideale nella nuova società romana, dove si mischiavano intraprendenti borghesi, nobili affaristi, aristocratici decaduti, signore di grande eleganza e di piccola virtù.

In questo ambiente, contrassegnato dal pettegolezzo e dalle grandiose riunioni conviviali, il giovane Gabriele si trovò, con successo, a raccontare, nei suoi articoli, le vicende brillanti e piccanti di una società in pieno fermento, desiderosa di raggiungere quello status, un tempo, appannaggio di pochi.

In breve il D’Annunzio, giovane uomo attratto da un esagerato estetismo, ricercato da uno stuolo di donne di ogni rango, dalla contessa alla popolana impalmata dal ricco borghese, assunse la direzione della CRONACA BIZANTINA, periodico che potremmo definire il GAZZETTINO del “GOSSIP ” del tempo, pur sempre raccontato nella cornice di una immancabile eleganza. Il trionfo editoriale fu immediato. Tutta la capitale, intendiamoci, quella libera dai bisogni primari, prese ad imitare il giovane poeta abruzzese, divenuto, in breve tempo, l’arbiter elegantiarum di una metropoli in fieri dove il provincialismo era, in ogni modo, ancora presente. L’architettura del tempo, siamo agli inizi della bella epoque, risente nelle nuove costruzioni che andavano nascendo all’Esquilino e in Prati, di un eclettismo non sempre di pura maniera, ma, in molti casi rinnovando abilmente la storia ed il mito della eterna Roma.

A questo importante compito esteticamente educativo, fu dedicata la mirabile Galleria Sciarra, in cui il simbolismo  e la metrica degli antichi cantori di Roma, il tutto immerso in una colorazione da tempio della classicità, sembra rappresentare l’ideale dannunziano, ben lontano da quell’apparente dandismo che sembrava contrassegnare le frenetiche e divertenti giornate di Gabriele.

Una passeggiata nell’odierna capitale d’Italia, oggi degradata e pericolosa per l’incolumità dei suoi cittadini, può utilmente toccare i luoghi dove il Poeta era solito camminare in compagnia di scrittori e signore di grande fascino: L’ Architettonica bellezza urbanistica di via Gregoriana, la superba scalinata di Trinità dei  Monti, ammirata dalla finestra della casa di Gabriele, il verde del Pincio e di Villa Borghese, Gli incontri di tanta parte del Generone romano, erano le quotidiane immagini che il nostro vedeva e ricordava per bene immortalare una società così composita descritta nei suoi popolarissimi romanzi come IL PIACERE ed IL FUOCO.

Questi anni furono, per D’Annunzio, il rodaggio per ciò che l’UOMO dimostrò come poeta, romanziere e drammaturgo, fino a scendere nel campo dell’onore quando l’Italia tutta si trovò a dover scegliere il proprio destino di grande Nazione Latina.

Il Comune di Trieste, nel giorno del centesimo anniversario dell’impresa fiumana, ha voluto ricordare il poeta soldato con un sobrio monumento dell’intellettuale e del grande Italiano, Tra le proteste ufficiali della Slovenia e della Croazia; Roma, che, certamente, non vive un periodo sereno, potrebbe, in un momento di ideale illuminazione, dedicare all’uomo D’Annunzio un ricordo, magari in bronzo,  in un angolo della Galleria Sciarra, una immagine del poeta che guarda e legge gli immortali versi di Virgilio.

ALESSANDRO P. BENINI

 


Foto autore articolo

Alessandro P. Benini

Esperto di Finanza e di Storia dell’Economia.
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