“La sicurezza a partire dai banchi di scuola”:
una conversazione con l’Ing. Gianluca Giagni
“La sicurezza a partire dai banchi di scuola”
Gianluca Giagni: “Serve un cambiamento culturale per una maggiore consapevolezza e responsabilità collettiva nei confronti della sicurezza”
La sicurezza non è solo una questione normativa, ma un valore culturale da promuovere, sottolineando l’importanza della formazione e della consapevolezza individuale nel ridurre gli incidenti.
Con una conversazione, che si trasforma in una intervista con una serie di domande, ne parliamo con Gianluca Giagni, Ingegnere e Docente Universitario, oltre che componente Gruppo Lavoro Sicurezza del Consiglio Nazionale degli Ingegneri dove coordina il progetto “La sicurezza a partire dai banchi di scuola” da lui ideato nel 2019 e Consigliere Segretario dell’Ordine Ingegneri di Bari e componente del gruppo di lavoro “Parchi Giochi” del Comitato Tecnico UNI.
1/D – Qual è la differenza tra pericolo e rischio?
R – Certamente, pericolo e rischio non sono sinonimi, eppure spesso li confondiamo. Il pericolo è una caratteristica intrinseca di un oggetto o di un’azione: una condizione con il potenziale di causare danni, lesioni o conseguenze negative. Pensate, ad esempio, a una buccia di banana abbandonata su un pavimento: questo è un chiaro pericolo, una fonte di rischio.
Ma il rischio è un concetto molto più complesso. Esso si fonda su due elementi chiave: la probabilità che un evento dannoso si verifichi e l’entità del danno che potrebbe derivarne. Spesso tendiamo a ignorare i rischi che ci sembrano improbabili, dimenticando che, anche se raramente accadono, le loro conseguenze possono essere significative. Questa disattenzione può rivelarsi insidiosa; la gestione dei rischi richiede una valutazione accurata e consapevole di ciò che potrebbe accadere.
Riprendendo uno dei miei esempi che spesso faccio a lezione, ossia quello della buccia di banana. Immaginiamo una situazione che si svolge in un tranquillo pomeriggio in un parco dove un gruppetto di amici decide di trascorrere del tempo all’aperto: chi chiacchiera, chi gioca a pallone, e altri si rilassano sui teli. In un angolo, una buccia di banana, dimenticata da un visitatore distratto, giace innocente sul prato.
In sé, quella buccia rappresenta un pericolo: è un oggetto che, se calpestato, ha il potenziale di causare una caduta. Ma finché nessuno ci passa sopra, rimane solo una semplice buccia, un elemento non particolarmente minaccioso. Tuttavia, non appena un amico correndo per unirsi alla partita di pallone decide di ignorare il suo cammino, la situazione cambia. Con un piede che poggia sulla buccia, in un attimo l’equilibrio è compromesso: scivola, perde il controllo e atterra bruscamente sul terreno.
Ecco che la buccia diventa un vero rischio. Non solo ha causato una caduta, ma ha anche il potenziale di provocare una distorsione alla caviglia o, nella peggiore delle ipotesi, una ferita. Questo episodio illustra perfettamente la distinzione tra pericolo e rischio. La buccia di banana è il pericolo presente, ma il rischio si concretizza quando qualcuno ignora l’ostacolo e lo incontra.
Questa scena ci porta a una riflessione più ampia: è fondamentale saper riconoscere i pericoli e valutare attentamente i rischi associati. La capacità di anticipare queste situazioni ci permette di prepararci e, magari, di evitare di trovarci impreparati di fronte a eventi inaspettati. In ogni luogo della nostra vita quotidiana, ci sono ‘pericoli’ silenziosi che ci circondano. Spesso ci distraiamo o diamo per scontato che non ci capiterà mai nulla di grave. Ma è proprio questa superficialità che può renderci vulnerabili.
Quindi, più che mai, dobbiamo sforzarci di rimanere vigili e consapevoli, affinché il nostro cammino sia il più sicuro possibile. E, chissà, magari quel rischio invisibile potrà trasformarsi in una lezione di vita che ci farà riflettere sul valore della prevenzione.
2/D – Come influisce la percezione del rischio sulla sicurezza?
R – Quando si parla di “percezione del rischio”, ci si riferisce a un concetto complesso che abbraccia diverse dimensioni, alcune razionali e altre emotive. La percezione del rischio è fortemente influenzata dal fattore umano: ognuno di noi valuta un rischio in base a ciò che ritiene possa essere l’esito più probabile delle proprie azioni o di quelle degli altri. È interessante notare come questa valutazione sia spesso distorta. In effetti, la possibilità di un risultato diverso da quello previsto può generare preoccupazione e paura.
Quando qualcosa di inaspettato accade, può piombarci addosso un senso di incredulità e sgomento. Spesso, l’individuo non riconosce nemmeno la situazione rischiosa, considerandola improbabile e, di conseguenza, non immaginabile.
Questa mancanza di consapevolezza può avere conseguenze drammatiche. Poiché non ci prepariamo mai completamente per i “rischi imprevisti”, ci troviamo vulnerabili di fronte a eventi che avremmo potuto evitare. La vera sfida risiede nel bilanciare le nostre percezioni, affinché possiamo affrontare con lucidità tanto i rischi noti quanto quelli che possono apparire lontani dalla nostra realtà quotidiana. Solo così saremo in grado di mitigare i danni e rispondere adeguatamente alle sorprese che la vita ci riserva. Racconterei a questo punto la storia di Marco e del suo sogno, quello di acquistare finalmente un’auto nuova di zecca. Uscì dal concessionario con un sorriso stampato in faccia, la chiave del motore scintillante tra le dita. L’auto, di un blu brillante, rappresentava per lui libertà e avventura. La mente di Marco era sopraffatta dall’eccitazione delle gite in solitaria e dei viaggi con gli amici. Il venditore, con un sorriso rassicurante, gli aveva spiegato tutte le caratteristiche della macchina, comprese le prestazioni dei freni.
Ma, immerso nei suoi sogni di viaggio, Marco non si soffermò mai realmente su quel tema. “I freni? Sono nuovi, funzioneranno sempre,” pensò, ignaro dell’importanza di verificare ogni dettaglio. Nei giorni seguenti, Marco sfrecciava per le strade con il vento tra i capelli, godendosi ogni momento. Tuttavia, un pomeriggio, mentre percorreva una strada secondaria, un pensiero fugace gli attraversò la mente: “E se ci fosse un problema con i freni?” Ma scacciò subito quel pensiero, considerandolo improbabile. “Non può succedere a me,” si disse, chiudendo gli occhi e accelerando. Un giorno, mentre si avvicinava a una rotonda, Marco si rese conto che stava andando un po’ troppo veloce. Premette il pedale del freno, ma invece di rallentare, l’auto continuò a scivolare. Il cuore gli saltò in gola quando si rese conto che i freni non rispondevano.
In un attimo, nell’incredulità, si trovò a fronteggiare una situazione di pericolo che non aveva mai considerato. Fortunatamente, riuscì a sterzare in tempo e evitò di finire contro un albero, ma il suo cuore batteva forte per la paura. Tornato a casa, Marco rifletté su quanto accaduto. Era stato così sicuro di sé e della sua auto nuova, ma la verità era che non aveva mai considerato il potenziale rischio associato alla scarsa manutenzione. I freni, anche se sembravano perfetti, non erano stati controllati adeguatamente prima di lasciare il concessionario.
Quella sera, Marco si promise di essere più attento. Comprese che la percezione del rischio non riguarda solo ciò che sembra immediatamente pericoloso, ma anche i dettagli che spesso trascuriamo. Da quel giorno in poi, non si limitò a godersi la sua auto; fece controllare ogni singolo aspetto della manutenzione, consapevole che la sicurezza richiede attenzione e preparazione. E così, la storia di Marco ci insegna che essere consapevoli dei rischi, anche quelli che sembrano improbabili, è fondamentale per vivere con serenità. Dopotutto, la vera libertà non risiede solo nell’acquistare un’auto nuova, ma nel sapere come guidarla in sicurezza.
3/D– Tre le sue varie attività, lei ha anche intrapreso un percorso editoriale iniziato quasi nove anni che rappresenta una vera e propria missione. Di recente è uscito con il nuovo libro “Sine cura – Trasformare il rischio in opportunità”. Da dove nasce l’esigenza di questa nuova opera?
R – L’esigenza di questa nuova opera nasce dall’idea di avvicinare la cultura della sicurezza al cittadino comune. In un mondo sempre più complesso e interconnesso, troppe persone ignorano i rischi che li circondano, spesso fino a quando non si trovano di fronte a situazioni critiche.
“Sine cura” vuole quindi essere un ponte tra il cittadino e l’esperto in materia, fornendo strumenti pratici e comprensibili per trasformare le paure in opportunità. Il libro si propone non solo di informare, ma anche di ispirare un cambio di prospettiva. Vuole incoraggiare i lettori a vedere il rischio non come una minaccia da temere, ma come un’opportunità per la crescita personale e professionale. Attraverso aneddoti, esempi concreti e strategie pratiche, l’opera intende dimostrare come una maggiore consapevolezza e preparazione possano condurre a scelte più sicure e illuminate nella vita quotidiana.
In questo senso, “Sine cura” non è soltanto un libro, ma un invito a diventare protagonisti attivi nella gestione del proprio benessere e della propria sicurezza. La mia missione come scrittore, tuttavia, non si ferma qui; continua a evolversi, proprio come il disegno del numero 4 del gioco della campana, che simboleggia un ciclo di crescita e apprendimento continuo presente alla fine del libro.
4/ D – Quali strategie migliorano, quindi, la cultura della sicurezza, a partire dal mondo del lavoro per poi allargarsi a tutti gli ambiti quotidiani? R – Per migliorare la cultura della sicurezza, è fondamentale partire dalle scuole, dove la formazione dei ragazzi può gettare le basi per una società più consapevole, in cui la parola “sicurezza” non sia più associata a tragedie. Introdurre programmi educativi che trattano temi di sicurezza, salute e prevenzione fin dalla giovane età sensibilizza gli studenti riguardo ai rischi quotidiani e all’importanza di comportamenti responsabili. Un esempio è il progetto scolastico di cui sono stato ideatore nel 2019, sviluppato all’interno del Consiglio Nazionale degli Ingegneri.
Questa educazione alla sicurezza deve estendersi anche al mondo del lavoro e oltre. La società, nel suo insieme, dovrebbe incoraggiare iniziative di formazione continua per tutti, non in una logica puramente aziendale, ma come responsabilità comunitaria. Creare spazi in cui le persone si sentano libere di comunicare preoccupazioni e segnalare potenziali rischi è essenziale per promuovere una cultura di responsabilità collettiva.
È altrettanto importante estendere questo approccio alla vita quotidiana, educando le famiglie sui rischi domestici e sulle misure preventive, come avere piani di emergenza e adottare precauzioni su come gestire gli oggetti che utilizziamo ogni giorno.
In questo modo, possiamo costruire una società in cui la sicurezza non è solo un tema da affrontare quando sorgono problemi, ma un valore condiviso che guida le nostre azioni quotidiane.
5/ D -In chiusura, come si gestiscono le emergenze e il panico?
R – Nella seconda parte del mio libro, affronto un tema cruciale: la gestione dell’emergenza e del panico. Spesso, in situazione di crisi, la percezione del rischio può giocare un ruolo determinante nel modo in cui reagiamo. È naturale sentirsi sopraffatti quando ci si trova a fronteggiare un imprevisto, ma è indispensabile comprendere che la reazione impulsiva può portare a decisioni errate. Non possiamo permetterci di reagire automaticamente; piuttosto, dobbiamo imparare ad agire in modo consapevole. La questione è profondamente culturale. In molte società, la preparazione alle emergenze non è una priorità, e questa impreparazione può trasformare situazioni già complesse in eventi drammatici. Mentre la paura può colpire chiunque, una solida preparazione consente di affrontare il panico con lucidità. Educare le persone su come gestire le emergenze, attraverso simulazioni e corsi pratici, può ridurre notevolmente il livello di ansia durante un evento critico.
Quando una persona è formata a riconoscere i segnali di allerta e a seguire procedure chiare, la probabilità di rispondere in modo appropriato aumenta. In questo senso, la cultura della sicurezza diventa un’alleata insostituibile. Non stiamo solo preparando gli individui a reagire, ma stiamo costruendo un sociale più resiliente, capace di affrontare le difficoltà con coraggio e determinazione.
Quindi, mentre continuiamo a esplorare il concetto di percezione del rischio, ricordiamoci che non basta riconoscerlo; dobbiamo anche essere pronti ad agire in modo informato e calmo. La vera sfida è trasformare la paura in azione, affinché ogni emergenza non diventi un momento di panico, ma un’opportunità per mostrare la nostra capacità di affrontare le avversità.
a cura di LISA BERNARDINI
Giornalista Stampa Estera,
Presidente “OCCHIO dell’ARTE” – APS
www.lisabernardini.it
www.occhiodellarte.org