Le elezioni di marzo ed il problema degli immigrati
Basta buonismi e falsità
Vogliamo casa nostra!
_______________di ALESSANDRO PUBLIO BENINI *
Con le elezioni finalmente alle porte e con l’anno nuovo appena iniziato, è giunto il tempo dei programmi e dei propositi, ed, anche, il momento delle considerazioni sullo sfascio italiano, non visibile solo da chi non vuole vedere. Si canta vittoria per quei pochi decimali in positivo registrati dall’ISTAT, ma, a ben guardare, soffermandosi su quanto rileviamo attorno a noi, questi infinitesimali progressi ci spingono, per quanto riguarda le ultime statistiche, a riconsiderare il famoso pollo di Trilussa, consumato a metà tra due persone o, in modo più veritiero, una digiuna e l’altra fa la parte del leone.
In poche parole, il riaffacciarsi di un modesto benessere, compare sulle possibilità di pochi, mentre i più rimangono a fare i conti quotidianamente con disoccupazione giovanile, blocco totale delle opere pubbliche, unico realistico motore di incremento occupazionale, evidente mancanza di sviluppo economico, degrado a 360° della Capitale, perdita progressiva della credibilità internazionale del Paese, illegalità e corruzione diffuse, percezione di insicurezza ovunque: eppure, malgrado tutto questo si continua a strombazzare, nei media di ogni tipo, di ben preciso colore, le virtù e le opportunità dell’immigrazione, dall’accoglienza, che fa tanto bene alle organizzazioni private preposte allo scopo e all’integrazione. Insomma, una linea di pensiero più dogmatica che ideologica, la medesima linea che ha sostenuto, fino al termine della Diciassettesima legislatura, l’assoluta necessità dello “ius soli”, quasi non bastassero i 180.000 nuovi cittadini italiani creati soltanto nel corso dell’anno passato.
Un vero e proprio dogma, quindi indiscutibile pena l’ostracismo, avulso dalla nostra realtà: aumento esponenziale del crimine, dalla rapina al borseggio, dallo stupro allo spaccio, carceri traboccanti di stranieri, intere zone cittadine, non solo periferiche, popolate da oltre centodieci nazionalità diverse, tutte contro tutte e tutte insieme ostili ad ogni forma di integrazione. E’ sorprendente come i seguaci delle “politicamente corretto” non facciano, contrariamente alle loro tradizionali posizioni, alcun cenno alla vita subordinata e spesso claustrale delle donne immigrate dal Medio Oriente e dall’Africa: le cronache, e ciò avviene da molti anni, denunciano maltrattamenti e spesso, omicidi, vittime madri e figlie che azzardano una qualsivoglia forma di protesta per condizioni esistenziali anacronistiche, tentativi di opporsi a regole contrastanti con il modo di vita occidentale, che, spesso, sono il movente per assurdi omicidi.
L’immigrato, dunque, con tutto il carico di problematiche che comporta questa condizione, gioca una carta importante nella prossima tornata elettorale; da una parte, la fazione cattoradicalchic, sostenitrice di una visione tipo il “buon selvaggio” di settecentesca memoria, e dall’altra, una forte opposizione definita, erroneamente, populistica, che , stretta tra il timore di perdere quel poco lavoro che c’è, ed il più realistico senso di insicurezza, alza gli scudi in difesa di un mondo minacciato di scomparsa.
Insomma, ancora una volta, l’immigrazione è tra gli argomenti principali che determineranno le scelte di voto. Esistono comunque altre priorità, prima fra tutte la debolezza delle Istituzioni, minate dalla progressiva perdita di capacità decisionale e della visione, malgrado esortazioni e promesse, sempre più burocratizzata della società nazionale.
Il merito, fattore essenziale di sviluppo, umiliato ed in via di estinzione, dovrebbe essere, al contrario, posto al vertice di una scala di valutazione obbligatoria, oltre ogni livellante automatismo, nelle carriere pubbliche e private, così come la improcrastinabile ripresa del turn over, con relativo superamento della Legge Fornero, e questo potrebbe ridare fiato a quei ceti medi ormai ripiegati nel confuso magma di un eterogeneo popolo senza futuro se non quello di un consumo a basso costo.
Se fosse possibile raggiungere un risultato per un minimo progetto capace di rivitalizzare l’autorevolezza dello Stato, l’efficacia dei tempi della giustizia, l’azzeramento del lavoro in nero, allora anche l’immigrazione senza regole, con tutti i guasti che ha comportato, potrebbe essere affrontata per quello che è: non un fenomeno emergenziale sostenuto da una retorica buonista ed ipocrita, ma una costante che interesserà il nostro continente, per tanti, molti anni ancora.
Quando si straparla di integrazione, si prenda atto che, così come si vuole rappresentare, è nella maggioranza dei casi, impossibile. Come può essere costruita una società di valori civili sulla debolezza di un Paese più propenso ad occuparsi, nel tentativo di mantenere posizioni di privilegio attraverso l’egoismo di fazioni affaristiche ancor più che politiche? come possiamo ancora affrontare le frequenti spinte alla divisione nazionale, quelle riaccendere gli odii di una guerra civile conclusasi settantadue anni fa? E’, in pratica, come continuare a rinfocolare le lotte tra Guelfi e Ghibellini, tra Capuleti e Montecchi di Shakespeariana memoria.
A queste “nostalgie” è necessario contrapporre la verità storica senza contestualizzare nel loro tempo avvenimenti, che nel bene e nel male, hanno segnato la nostra storia e la nostra identità millenaria. Non è accettabile, sempre a proposito dell’immigrazione, esortare all’accoglienza, sempre e comunque insufficiente ed in varie occasioni, interessata. Il costo di questa ideologia del meticciato sarebbe meglio impiegarlo per aiutare i nostri giovani a mettere al mondo quei bambini in questo tempo delle culle vuote, base prioritaria per potere ancora esistere come Nazione. Che prospettive possono avere queste centinaia di migliaia di emigranti economici, in maggioranza dediti alle elemosine, in un Paese che non riesce a creare una reale occupazione per i suoi giovani cittadini che, al contrario, vengono addirittura incoraggiati a loro volta, ad emigrare?
Occorre una seria riflessione, un programma insieme ai partners europei oppure senza, ma capace di riportare indietro quelle migliaia di immigrati illegali, persone che alla luce di questa realtà, non possono in alcun modo svolgere la benchè minima attività legale, le cui condizioni di disagio sono la principale causa di delinquenza e non solo nelle maggiori città. Questo opprimente senso di insicurezza non risparmia nessuno e chiunque sia ancora in possesso di buonsenso deve prendere le distanze dal fasullo buonismo imperante ed esigere dalle autorità l’incremento di quella politica a favore della stabilizzazione africana troppo tardi iniziata, quando le vacche erano già fuggite dalle stalle.
Nelle prossime elezioni si giocherà l’avvenire di tutti ed in parte della stessa Europa. L’integrazione, intesa come condivisione di leggi , norme, e comportamenti è quasi sempre mera utopia; la debolezza attuale dell’Italia fa crescere in questi ospiti sgraditi l’arroganza dell’impunità dietro lo scudo della facile accusa di razzismo, un’impunità che ha prodotto il disprezzo e l’oltraggio per i luoghi sacri alla Nazione; un esempio fra tanti: nel grande cimitero di Redipuglia, dove riposano cento mila caduti della Grande Guerra, nello scorso mese di Novembre, certo Justin Owusu, straniero, residente nel nostro Paese, ha danzato e cantato tra le salme dei nostri morti, facendosi filmare per poi diffondere sul web l’oltraggioso comportamento.
Qualcuno delle autorità preposte, ha provveduto a sanzionare questo signor Owusu? Non abbiamo certezza, però il ballerino selvaggio ha dichiarato di essere in attesa di cittadinanza. Non siamo più alla frutta, ora attendiamo il caffè.
(*) Questo articolo risulta pubblicato anche su “Il Borghese”, diretto da Claudio Tedeschi e presente in edicola nel mese di febbraio