L’Homo Sapiens proviene dall’Africa
La capacità di individuare con una certa precisione il momento e il luogo di nascita della nostra specie deriva in gran parte dallo studio dei geni. Confrontando la variazione genetica degli individui di tutto il mondo, i genetisti possono calcolare l’albero genealogico delle parentele reciproche e stimare quando gli individui hanno condiviso l’ultimo antenato. Centinaia di studi del genere che sfruttano dati provenienti da migliaia di persone concordano sul fatto che tutti gli esseri umani oggi in vita possono far risalire le proprie radici a un’ancestrale popolazione comune che visse in Africa tra 300.000 e 200.000 anni fa, e che un sottoinsieme di uomini si disperse al di fuori dall’Africa a partire da 100.000 o 80.000 anni fa.
In altre parole, fino a poco tempo fa tutti gli esseri umani erano africani. Questi studi rivelano inoltre che tutti gli esseri umani oggi in vita discendono da un numero di antenati piuttosto ristretto. Secondo un calcolo, ognuno di noi discende da una popolazione costituita da meno di 14.000 individui provenienti dall’Africa subsahariana. inoltre, la popolazione che, inizialmente, generò i non africani comprendeva probabilmente meno di 3000 individui. Il fatto che soltanto di recente ci sia stata questa separazione spiega un altro fatto piuttosto importante, che ogni essere umano dovrebbe conoscere: siamo, geneticamente parlando, una specie omogenea. Se catalogassimo tutte le variazioni genetiche che esistono nella nostra specie, scopriremmo che ogni singola popolazione ne contiene circa l’86 per cento. Per fare un esempio, potremmo spazzare via tutta la popolazione mondiale eccettuate le isole Fiji o la Lituania, e, nonostante ciò, potremmo conservare ancora quasi tutte le variazioni genetiche dell’intera umanità. Si tratta di una caratteristica in forte contrasto rispetto ad altre scimmie antropomorfe, come gli scimpanzé, per i quali in ogni popolazione esiste soltanto il 40 per cento della variazione genetica complessiva della specie.
Altre prove della recente origine africana della nostra specie provengono anche dal DNA fossile. Con le giuste condizioni (un ambiente non troppo caldo, non troppo acido né troppo alcalino) i frammenti di DNA possono conservarsi nelle ossa fossili per diverse migliaia di anni. Sono stati ritrovati frammenti di DNA antico di molti fra i primi uomini moderni e di oltre una dozzina di uomini arcaici, per la maggior parte neandertaliani. Da accurati e complessi studi sappiamo ora che l’ultima volta in cui le linee evolutive degli Homo Sapiens e dei Neanderthal appartennero alla stessa popolazione ancestrale fu in un momento compreso tra 500.000 e 400.000 anni fa. Non sorprende dunque che il DNA di queste due specie sia così simile: soltanto una coppia di basi su seicento, nel nostro DNA, differisce dai neandertaliani.
Vi sono alcune sorprese genealogiche anche nel confronto del DNA di uomini antichi e moderni: attente analisi sul genoma di neandertaliani e uomini moderni rivelano che tutti i non africani hanno una percentuale molto piccola, fra il 2 e il 5 per cento, che proviene dai Neanderthal. Sembra che i neandertaliani e gli uomini moderni si incrociassero, seppur molto poco, in un periodo risalente a oltre 50.000 anni fa, probabilmente quando gli uomini moderni migravano fuori dall’Africa, in direzione del Medio Oriente. I discendenti di questa popolazione si dispersero poi in Europa e in Asia, cosa che spiega come mai gli africani siano privi di geni dei neandertaliani. Un altro evento di ibridazione si verificò quando gli uomini si diffusero in Asia e si incrociarono con i Denisova (ominide ritrovato in siberia); nelle popolazioni che vivono in Melanesia e in Oceania, circa il 3-5 per cento dei geni proviene dai Denisova. Non è affatto raro che specie strettamente imparentate si incrocino un po’ quando vengono in contatto, e gli uomini evidentemente non fanno eccezione. Possiamo essere felici che, anche se i neandertaliani sono estinti, un pezzettino di loro è ancora vivo dentro di noi.
Indizi ulteriori, diversi e più tangibili, su quando e dove gli uomini moderni si sono evoluti per la prima volta provengono dai fossili. I reperti di uomo moderno più antichi oggi noti provengono dall’Africa e risalgono a circa 195.000 anni fa. Anche gli altri fossili dei primi uomini moderni più vecchi di 150.000 anni provengono esclusivamente dall’Africa. Sempre seguendo la traccia dei fossili, ripercorriamo la prima diaspora dell’Homo Sapiens. Gli uomini moderni compaiono per la prima volta in Medio Oriente tra 150.000 e 80.000 anni fa ed è possibile che siano poi scomparsi per circa 30.000 anni, rimpiazzati dai neandertaliani che si spostavano nella regione durante il picco di una delle più significative glaciazioni europee. Uomini moderni, con nuove tecnologie, fanno nuovamente capolino in Medio Oriente circa 50.000 anni fa, per diffondersi poi rapidamente a nord, a est e a ovest.
Secondo le date più affidabili oggi in nostro possesso, gli uomini moderni comparvero per la prima volta in Europa circa 40.000 anni fa, in Asia circa 60.000 anni fa e in Nuova Guinea e in Australia circa 40.000 anni fa. I siti archeologici indicano che riuscimmo a passare lo stretto di Bering e colonizzare il Nuovo Mondo in un momento compreso tra 30.000 e 15.000 anni fa. La cronologia precisa delle migrazioni umane è destinata a cambiare a mano a mano che emergeranno altre scoperte; il punto importante, in questo discorso, è che in soli 175.000 anni gli uomini moderni dapprima si evolvettero in Africa e poi colonizzarono tutti i continenti, escluso l’Antartide. In aggiunta, ovunque si diffondessero i moderni cacciatori-raccoglitori, gli uomini arcaici ben presto si estinguevano. Per esempio, gli ultimi neandertaliani di cui si ha traccia, in Europa, sono stati ritrovati in una grotta nel profondo sud della Spagna e risalgono a poco meno di 30.000 anni fa, ovvero tra 15.000 e 10.000 anni dopo la comparsa in Europa dei primi uomini moderni. Le prove indicano che, mentre gli uomini moderni si diffondevano rapidamente in tutta Europa, i neandertaliani diminuivano e si rifugiavano in luoghi isolati prima di scomparire del tutto.
Nicola Sparvieri
Foto © Non Solo Storia