L’incubo della catastrofe per sovrappopolazione
Una popolazione che cresce in modo indefinito finirà prima o poi per esaurire le risorse e gli spazi vitali a sua disposizione. La specie umana nel corso della sua storia ha dovuto compensare, come tutte le altre specie presenti sul pianeta, il basso tasso di aspettativa di vita con uno sforzo verso una natalità illimitata. L’incredibile sviluppo della specie umana sulle altre specie e il collegato danno ambientale dovuto all’inquinamento del pianeta producono in tutti noi un’ansia latente.
La fantascienza racconta storie che vengono ambientate in un futuro immaginato. Uno dei più famosi autori di racconti di fantascienza, il biologo Isaac Asimov, nel 1979 scrisse un libro dal titolo “A Choiche of Catastrophes” (Catastrofi a Scelta, ed. Mondadori). Il libro è un’analisi di tutte le possibili apocalissi che incomberebbero sul pianeta Terra. Alla fine del libro Asimov ne focalizza una in particolare: la crescita della popolazione. Questo timore si ricollega alle teorie del Pastore della Chiesa Anglicana Thomas Malthus che pubblicò nel 1798 il celebre ” Saggio sul principio della popolazione” in cui sostenne che la popolazione tenderebbe a crescere più velocemente della disponibilità di alimenti. La ovvia conclusione dell’analisi è che una popolazione che cresce non può in alcun modo continuare a farlo in modo indefinito e finirà prima o poi per esaurire risorse e spazi vitali.
La teoria demografica di Malthus ispirò vari intellettuali e originò la corrente del malthusianesimo che sostiene il ricorso al controllo delle nascite per impedire l’impoverimento dell’umanità. Le sue idee furono riprese intorno al 1920 da Margaret Sanger (negli USA) che fondò la Planned Parenthood e più tardi divenne presidente della IPPF (International Planned Parenthood Federation). La Sanger fu anche la fondatrice del movimento “Sessualità libera” e ricoprì il ruolo di principale finanziatore nella ricerca sulle “Pillole Abortive”. Negli anni ’30 la famiglia Rockefeller comincia a finanziare la causa di Margaret Sanger, utilizzando il suo metodo di controllo delle nascite come soluzione alla crisi di quel tempo. Per l’America di quel tempo, infatti, la contraccezione, l’aborto e la sterilizzazione erano la risposta al fatto che al mondo circa un miliardo di persone viveva nella povertà. Nel 1957 fu pubblicato un trattato dal titolo “Popolazione: un dilemma internazionale”, il quale denunciava la crescita demografica come la più grande minaccia alla stabilità politica negli Stati Uniti e all’estero, nonché al progresso economico del paese. Nel 1966 il controllo della popolazione era parte integrante della politica estera statunitense. Il bilancio chiamato Food for Freedom identificò nell’esplosione demografica mondiale, in particolare in quella del terzo mondo, uno dei motivi della fame nel mondo, e decise che le donazioni destinate agli aiuti alimentari fossero investite nell’ambito dei programmi di pianificazione familiare nel terzo mondo. In tempi più recenti, nel 1972, il binomio malthusianesimo-ambientalismo emerge esplicitamente quando viene pubblicato “Il Rapporto sui limiti dello sviluppo”, commissionato al MIT dal Club di Roma. Il rapporto, basato su una simulazione al computer, prediceva le conseguenze della continua crescita della popolazione sull’ecosistema terrestre e sulla stessa sopravvivenza della specie umana.
Questa tendenza a reagire all’incontrollato boom demografico è stata, in buona parte, fisiologica. Queste prime reazioni si possono catalogare come reazioni “a caldo”. Ma col passare del tempo negli USA cominciò a diffondersi un progetto di pianificazione familiare ideato da Frederick Jaffe, (presidente del Guttmacher Institute dal 1968 al 1978). Egli fu vicepresidente anche della International Planned Parenthood Federation, e mise a punto per conto di queste istituzioni un memorandum di proposte per ridurre la fertilità umana. Queste proposte, attraverso Bernard Berelson presidente della Population Council, diventeranno oggetto di analisi anche da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) prevedendo in tal modo di limitare a livello sociale la fertilità mediante alcuni strumenti di azione. Le proposte sono suddivise in tre parti, una prima parte ad “impatto universale” basate su una destrutturazione della famiglia, una sorta di ingegneria sociale atta a scardinare la propensione alla natalità. La seconda parte ad “impatto selettivo” avrebbe dovuto agire in funzione della condizione economica (deterrenti economici) con un meccanismo che consente maggiore natalità ai ricchi. La terza parte si focalizza su “controllo sociale” attraverso estensione dei metodi di contraccezione ed aborto. Si può notare che, dal 1969 ad oggi molte di queste misure sono state introdotte nella legislazione di molti paesi sviluppati.
Questa tendenza pienamente presente e operante a livello globale che chiamerei neomalthusiana vuole incidere sui governi da un lato e sulla cultura e le usanze globali dall’altro, introducendo nuovi valori morali. Ad esempio, vi sono correnti molto forti sia nell’ONU (ed anche nella UE) con una visione anti natalità molto accentuata. Dietro i cosiddetti diritti riproduttivi si cela, nell’accezione dell’Onu, più che altro, i diritti a non riprodursi. Vi sono anche esempi di manipolazione linguistica adottati in ambito Onu. Per esempio: il “materiale per il pronto soccorso ostetrico”, su cui l’Unpfa (il Fondo ONU per la Popolazione) investe ingenti fondi, maschera i kit abortivi; il termine gender – “genere” – sostituisce “sesso”, per cancellare ogni dimensione procreativa; similmente, “genitorialità” sostituisce “maternità” e “paternità”; ecc.
Altre due costrizioni sociali ad impatto universale del memorandum di Jaffe, sono quelle che suggeriscono l’alterazione dell’immagine tradizionale della famiglia, “l’istruzione obbligatoria dei bambini” e “l’incoraggiamento ad una maggiore omosessualità”. Queste due costrizioni sociali riaffiorano oggi prepotentemente ben amalgamate nell’ideologia gender. Detto memorandum riteneva che qualsiasi forma di sessualità fra adulti, non dannosa e senza procreazione, alla luce del problema del controllo delle nascite, dovesse essere considerata un “diritto morale” dell’uomo.
Per alcuni, tutto ciò non sarebbe un problema serio, in quanto viene ritenuto non essere possibile modificare la natura di un individuo obbligandolo a perseguire comportamenti sessuali che non desidera. Il punto è che l’obiettivo del metodo Jaffe è quello di agire sull’educazione sessuale dei giovani in modo da indurli ad uno stile di vita che riduca o rimuova la propensione alla natalità una volta diventati adulti. Questo, come potrebbe dimostrare qualunque pedagogista o psicologo dell’età evolutiva è estremamente facile, basta infatti orientare il bambino, che per sua natura è caratterizzato da mancanza di autocontrollo, facilità di indottrinamento e maggiore incoscienza, a fare esperienze che alterino la sua idea della sessualità dissociandola dal concepimento.
Ma quali sono stati fino ad ora i risultati di questa politica globale di lotta alla natalità con ogni mezzo?
Le proiezioni dell’ ONU ci consegnano per il 2050 una Terra con poco più di 9 miliardi di persone, in cui cresce la percentuale di popolazione africana (+8,4% rispetto al 2000) e si contrae ulteriormente la percentuale della popolazione europea (solo il 7,6% della popolazione mondiale, – 4,3% rispetto al 2000). Queste proiezioni evidenziano una diminuzione della fertilità passando dall’attuale livello mondiale di 2,5 bambini per donna a 2,1. Infatti, il dato certo è che al crescere dello sviluppo economico diminuisce il tasso di fertilità, ovvero il numero di figli per donna il cui valore minimo deve essere 2.1 per assicurare il ricambio generazionale. L’incremento dei paesi sviluppati è fittizio in quanto deriva esclusivamente dai flussi migratori.
La conclusione di questa politica è che i paesi più sviluppati hanno ormai un tasso di crescita negativo ed inferiore a quello necessario al ricambio generazionale (2.1) e riescono a colmare tale lacuna solo attraverso i movimenti migratori da altri paesi. Paradossalmente in alcuni paesi il problema che si presenta attualmente non è più limitare la crescita della popolazione, ma come impedirne l’estinzione e gestire il crescente numero di anziani. È in questo contesto che spingere su Eutanasia e Suicidi Assistiti trova la sua ragione d’essere. Le nazioni che si trovano a ridosso di questa fase demografica negativa sono quelle nazioni in Europa e USA che verso la fine degli anni 60 hanno portato avanti una programmazione anti natalità investendo ingenti risorse finanziarie nella messa a punto di sostanze contraccettive ed abortive.
Aumentare il livello di vita dei paesi più poveri è il mezzo più naturale di equilibrare il tasso di crescita. La risposta non sembra dunque nelle campagne di denatalità imposte dall’alto o in strategie di ingegneria sociale ma in una distribuzione della ricchezza e delle risorse che lasci all’uomo ed alla donna quella libertà e responsabilità personale di procreare che la natura gli ha concesso.
Se si riequilibrasse la ricchezza di cui il nostro pianeta è dotato, e che appartiene a tutti, si arriverebbe al controllo demografico partendo dalla responsabilità di ciascuno, e si raggiungerebbe la regolamentazione dei flussi migratori in modo naturale e autodeterminato.
Nicola Sparvieri