Linda Evangelista, “sfigurata” nel corpo. La perdita della bellezza o la bellezza che sovrasta l’anima?
La bellezza, l’eterna giovinezza, vincere lo scandire del tempo, annullarlo, congelare il processo di decadenza che impietoso riporta lo specchio nello scorrere imperituro dei giorni. Storie celebri come quella di Dorian Gray, dall’acuta penna di Oscar Wilde, ci narrano che però c’è spesso un prezzo da pagare, per rendere eterni volti d’angelo, epidermidi di seta, corpi statuari.
Per coloro che poi della bellezza fanno mestiere, necessità legata al lavoro, per chi può perdere molto nello sfiorire, oltre il proprio piacere e “narcisismo” personale, tutto ciò può divenire drammatico declino. Poi ci si mette il destino, a volte beffardo, crudele, le coincidenze peggiori, che conducono ad esiti tragici.
Ci tengo a manifestare la mia solidarietà alla modella Linda Evangelista, vittima di un trattamento estetico (criolipolisi) che pare aver portato un rarissimo effetto collaterale, col risultato di averla deformata nei lineamenti, producendo l’effetto opposto a quello desiderato.
Il dolore è così intimo, così personale, unicum nella storia e percezione del vissuto di una persona, che a nessuno di noi compete giudicare la profonda depressione e l’isolamento sociale che la modella ha esternato a seguito di ciò. Quello che per noi, per alcuni, può rappresentare ostacolo affrontabile, per altri può divenire motivo di abisso profondo.
La modella Linda Evangelista afferma di essere rimasta permanentemente sfigurata dall’intervento di criolipolisi.
Ma qui, oltre la storia ed episodio singolo, c’è da fare i conti con una riflessione di più ampia portata. Quanto la bellezza è importante, e la pressione che esercita ancora, impietosa, sulle trasformazioni naturali del corpo dettate dal tempo?
Una questione che interessa, innegabilmente, soprattutto la donna, oggetto di attenzioni sui chili di troppo, sul mantenimento esteriore della giovinezza, sui cambiamenti fisici, elogiata perché bellissima, denigrata e sovente resa invisibile quando di essa è scarsamente dotata. Sulla linea della vicenda resa nota dalla Evangelista, la memoria corre alla compianta Laura Antonelli, morta nel giugno 2015 a Ladispoli, attrice tanto bella quanto fragile, vittima di un destino maligno, poiché la sua parabola discendente coincise con un intervento non andato a buon fine, là dove lo scopo era quello di prolungare e rinvigorire la sua beltà: ne uscì parzialmente deturpata, e le cicatrici della chirurgia fallita si estesero inesorabilmente all’animo.
Laura Antonelli si spense anni dopo in solitudine, per differenti problemi, ma effettivamente il suo declino coincise con la perdita di quella bellezza che le fu imposto di prolungare sul set di una pellicola, sotto le pressioni della produzione.
La compianta attrice Laura Antonelli, fu sottoposta ad un lifting estetico che la lasciòparzialmente sfigurata durante le riprese del film Malizia 2mila (1991)
E dunque, oltre l’intimo, personale dolore, che merita il rispetto, la comprensione, poiché differente nel percorso di vita della persona intesa come essere umano irripetibile, viene spontaneo porsi una domanda: queste donne, queste modelle, attrici ricordate in primis per la loro bellezza sopra i canoni, sono in parte “schiave” della loro esteriorità? Che possa ogni donna, ogni persona, esser libera di invecchiare, delle proprie imperfezioni, di decadere, seguendo il corso della natura e senza che il perseguire una eterna perfezione estetica calpesti e sovrasti l’anima.
Alice Mignani
Foto di copertina: Peter Lindbergh, Vogue US, gennaio 1990 – da sinistra Naomi Campbell, Linda Evangelista, Tatjana Patitz, Christy Turlington e Cindy Crawford.