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Lo dici a tua sorella

Mentre il mondo è con il fiato sospeso per la follia di un pazzo nord coreano che sfidando l’ONU, i trattati internazionali e gli Stati Uniti lancia missili per divertimento e provoca un terremoto devastante per eseguire un esperimento atomico sotterraneo proibito, in Italia assistiamo all’ennesima performance di un guitto di periferia.

Di chi parlo? Ma è ovvio. Non più del vecchio di Arcore che ha stupito per venti anni italiani e stranieri per le leggi ad personam, per la mancanza di buon gusto e per le barzellette sconce. Questa volta si tratta del suo degno epigono che ha appreso alla perfezione l’arte dell’imbonimento della pubblica opinione, che per farsi pubblicità, si muove sul palcoscenico come un piazzista di pentole e tegami, che ricorre ad una fraseologia stantia, sempre la stessa, che ripete le solite battute come un disco incantato.

Questo leader di partito ha chiaramente dimenticato che l’importanza della carica ricoperta per tre anni, gli impone sempre il rispetto della legge, del bon ton, della osservanza della costituzione della Repubblica che lui avrebbe voluto deturpare e che è stata salvata da venti milioni di elettori.

Nel nostro piccolo mondo limitato ai bisogni quotidiani ed alle difficoltà che incontra ogni cittadino comprese quelle della sicurezza messa a repentaglio ancor di più dalle minacce terroristiche e dalla presenza di migliaia di immigrati stranieri senza i nostri valori, ci si sarebbe aspettato un discorso sulla politica governativa nell’affrontare il problema immigratorio oppure quello della scuola, del lavoro, delle pensioni.

Invece intervenendo a Bologna alla festa del partito, costruita per propagandare il suo libro, ha fatto un po’ il panegirico delle sue riforme fallite esaltando il jobs act e il salvataggio delle banche.

A questo punto, ad una pensionata ferrarese derubata dei sudati risparmi, che dalla platea, sventolando un lenzuolo di critica contro i provvedimenti salva banche, gli ha urlato contestandogli, a nome di 150 mila risparmiatori, di volere indietro i suoi soldi derubati da una casta politico-affaristica, Renzi ha rivelato la sua natura cafona da bulletto di periferia. Perdendo quel minimo di portamento, che si richiede ad un politico che arringa una platea, ha risposto con delle parole inqualificabili, degne della bocca di un avvinazzato di osteria “avete rubato lo dice a sua sorella”, che hanno suscitato qualche sporadico applauso soffocato dal brusio generale e l’intervento degli uomini della sicurezza che hanno allontanato la contestatrice.

Poi prendendo fischi per fiaschi, avendo percepito tra le grida la parola “milioni” ha fatto virare il discorso sul milione di posti di lavoro che secondo lui sarebbero stati creati appunto dal job act.

Quindi riprendendo il filo del discorso ha tentato di rabberciare la gaffe aggiungendo che il suo rapporto con le banche consisteva in due mutui e che ha sempre tenuto lontano il partito dalle dinamiche interne dei consigli di amministrazione delle banche in cui, invece, il PD era invischiato fino al collo.

Più d’uno tra gli spettatori ha visto crescergli le orecchie d’asino come a Pinocchio per le note vicende che hanno portato alla defenestrazione dell’amministratore del Monte Paschi, al salvataggio della Banca Etruria e delle altre banche di risparmio.

L’indomani, reso cosciente da qualche consigliere dell’enorme disgusto che aveva suscitato la sua reazione, ha tentato in un’altra occasione pubblica a Lodi di riparare coprendosi con il mantello della politica all’antica. “ Sono uno della vecchia scuola e quando dalla critica si passa all’offesa contro l’onestà, come ha fatto la signora ex 5 stelle, mi arrabbio”. Come? Proprio lui, che non è degno di allacciare le scarpe a nessun uomo politico del passato, si permette di qualificarsi come allievo della vecchia scuola?

Forse il suo subconscio nello stesso momento in cui pronunciava queste parole gli ha suggerito di non esagerare con i richiami ai grandi del passato. E zac! Ha subito ripreso a scivolare in una polemica becera prendendosela con la Lega “…se c’è un partito che ha rubato i soldi degli italiani, a sentire le sentenze, quello è il partito in camicia verde che deve restituire 48 milioni di euro per truffa ai danni dello Stato e che è bene che restituiscano rapidamente ai cittadini italiani…”.

Naturalmente non una parola sui regali per centinaia di milioni dal PD ai banchieri, all’Ilva, ai vari amici ecc. o sull’esercito di inquisiti del suo partito per corruzione per concussione, per abuso d’ufficio, per falso ideologico ecc.

La cosa che ha meravigliato più della gaffe di Renzi, è stato il silenzio della maestrina Boldrini, sempre prolifica di dichiarazioni ed esternazioni su tutto. Questa volta la riformatrice della lingua italiana, che impone l’uso del femminile nel sostantivo di ogni carica che di per sé è neutro, non ha lanciato i suoi strali contro il sessismo dell’espressione usata da Renzi, né ha invocato misure punitive per chi osi ripeterla. Come mai?

Forse ha capito che ormai la legislatura è arrivata agli sgoccioli e se vuole tornare a sedere in parlamento come semplice deputato deve abbassare la cresta di fronte al capo del partito che pretende di selezionare i candidati uno per uno senza primarie, ma solo in base al principio di fedeltà e di sottomissione. A chi osasse rinfacciarglielo sui social sarà autorizzata a rispondere “lo dici a tua sorella”.

Torquato Cardilli