I feel it in my fingers
I feel it in my toes
CHRISTMAS is all around me…
Chi ha colto la citazione, già ridacchia, ci scommetto. Per chi non ha ancora afferrato, vado subito al sodo. Ognuno ha i suoi must natalizi: per la sottoscritta, se c’è un film che andrebbe rivisto ogni anno in occasione delle Feste, quello è Love Actually.
Ricordo ancora quando uscì nelle sale, nel lontano 2003. Alla fine dei 135 minuti mi faceva male la faccia per aver troppo riso. Il che è tutto dire, visto che Love Actually appartiene a un genere di rarissima riuscita – oltre che di ancor più rara produzione -, ossia quello dei film corali: e i film corali, si sa, spesso non riescono a sostenere il ritmo fino alla fine – vedi ad esempio Cloud Atlas delle sorelle Wachowski. Bé, non Love Actually.
I pregi della commedia, scritta e diretta da Richard Curtis – sceneggiatore di Quattro matrimoni e un funerale, I love Radio Rock e dei primi due film di Bridget Jones – sono moltissimi: primo fra tutti quello di fondere il meglio del piccante e graffiante sense of humor britannico con l’ironia trash demenziale statunitense. Eppure, non è solo questo che innamora: il film costruisce un modello nuovo di romanticismo agrodolce per niente scontato, in cui episodi ai limiti dell’incredibile si incrociano con storie di vita quotidiana, vicine a quelle degli spettatori, per colpire dritto cuore – e al fegato, la cistifellea e a tutti gli organi interni. Risultato? A ogni visione, oltre che a ridere a crepapelle, ti ritrovi a piangere a getto come un rubinetto aperto, e sempre per un particolare diverso.
Se ancora non lo avete mai visto, proverò a incuriosirvi fornendovi degli ottimi motivi per rifarvi durante queste vacanze.
Innanzitutto, per il personaggio di Billy Mack, l’adorabile e depravata leggenda del rock interpretata magistralmente da Bill Nighy – la performance infatti gli è valsa molte nomination. È lui che incide l’orrenda cover natalizia citata nell’incipit dell’articolo: praticamente Love is all around di The Troggs para para, ma con la parola “Christmas” al posto di “love”. Mack è un mito caduto in disgrazia, e inizialmente sembra solo un vecchio debosciato che non sa comportarsi in modo civile. Fin da subito infatti dichiara apertamente il suo disprezzo per l’operazione commerciale a cui si sta prestando: quella non è vera musica, è spazzatura fatta per fare soldi. Chiamato a promuovere il singolo, lo ripete a tutti, giornalisti, speaker radiofonici, conduttori televisivi…e ogni volta che apre bocca tu, imbarazzato per la sua onestà dissacrante e senza freni, ti ritrovi con le mani nei capelli come il suo manager storico, Joe. Eppure c’è del metodo nella sua follia. Infatti, alla notizia che la sua orribile cover sta scalando le classifiche, Mack sfida pubblicamente i Blue, la boy band inglese, per il raggiungimento del primo posto; mano mano il rocker si rivela in tutta la sua furbizia ed esperienza: lui è un vecchio volpone, e anche se non è più di moda sa ancora come piacere al suo pubblico, come una specie di uno sciamano della goliardia. È così spinto, spontaneo, politicamente scorretto da conquistare tutti gli spettatori – quelli fittizzi come noi, quelli reali.La sua linea narrativa controbilancia i momenti sdolcinati con gag triviali molto catartiche, e senza di lui – non c’è dubbio – il film non funzionerebbe.
Poi, per il cast stellare: perché, tra interpreti principali e cammei, Love Actually è pieno zeppo di star. Gli immancabili Hugh Grant e Colin Firth – non so voi, ma per me ormai sono come due zii acquisiti, se non li vedo una volta l’anno mi mancano; e comunque, Brexit o no, se domani, come nel film, facessero Primo Ministro Grant io mi trasferirei a Londra seduta stante – e lo stesso Tony Blair, cui il personaggio è vagamente ispirato, ha voluto citare il discorso alla nazione che Grant fa a un certo punto. Poi Emma Thompson e il caro, geniale Alan Rickman – per chi non ne riconosca i nomi, hanno interpretato rispettivamente Sibilla Cooman e Severus Piton nella saga cinematografica di Harry Potter – due giganti della recitazione in due ruoli insoliti per le loro carriere. E ancora, Rowan Atkinson, ovvero Mr Bean; e Liam Neeson, Keira Nightley, Laura Linney, Claudia Schiffer, l’enfant prodige Thomas Brodue-Sangster, Martin Freeman, Christopher Marshall, Billy Bob Thornton… Praticamente passi la metà del film a esclamare eccitato: “Oh mamma c’è pure lui… Hai visto chi è? Lo hai riconosciuto? Ma questo è Coso, dai, quello bravissimo che ha fatto quel film…”.
Poi, per le musiche: tra rifacimenti, hit del momento e brani originali, la colonna sonora di Craig Armstrong è la playlist perfetta per le vostre vacanze di Natale. Romantica, nostalgica, ma fresca al punto giusto – a mio parere, i 15 anni trascorsi non si sentono affatto. Inoltre, i testi delle canzoni non sono mai casuali: quella di Armstrong è una vera e propria operazione di sceneggiatura musicale, in cui la canzone arriva a dar voce ai pensieri del personaggio o a evidenziare l’atmosfera di una scena.
Quindi, per le storie d’amore, che in realtà sono il vero tesoro della pellicola. Love Actually si compone di 12 minitrame – all’inizio erano addirittura 14, ma due sono state tagliate in corso d’opera – che trattano non solo il sentimento romantico, ma anche familiare e amicale. Sono davvero tante e tutte diverse, ognuna dolce e amara insieme. Le più tragiche e strappacuore infatti, come quella di Liam Neeson che ha perso la moglie, o quella di Emma Thompson che scopre di essere stata tradita, hanno risvolti brillanti; viceversa, le più divertenti e leggere, come quella Chris Marshall che va negli USA convinto di poter finalmente rimorchiare, o quella di Martin Freeman che, in un set cinematografico, si innamora di una donna con la quale fa da controfigura per le scene di sesso delle star, rivelano un punto di vista più profondo. Non ci sono protagonisti, ma è la giustapposizione degli episodi, tutte legati gli uni agli altri in un’unico grande intreccio complessivo, a generare senso. Ciò che ho scritto prima in realtà non vale solo per il mitico Billy Mack: nessuna storia funzionerebbe senza le altre, e soprattutto non emergerebbe l’atmosfera di comunione collettiva del film, fondamentale per instillare lo spirito natalizio. Love Actually è un film “di squadra”, in cui il vero traino sono le relazioni umane.
Infine, per il messaggio contenuto nella cornice narrativa e nel titolo. Il film infatti ha un prologo e un epilogo particolari, in cui una voce fuori campo commenta un montaggio di riprese vere, “rubate” cioè da una telecamera nascosta in aeroporto, capaci di sciogliere il più duro dei cuori. Il film inizia infatti con queste parole:
Ogni volta che sono depresso per come vanno le cose al mondo, penso all’area degli arrivi dell’aeroporto di Heathrow. È opinione generale che ormai viviamo in un mondo fatto di odio e avidità, ma io non sono d’accordo. Per me l’amore è dappertutto. Spesso non è particolarmente nobile o degno di nota, ma comunque c’è: padri e figli, madri e figlie, mariti e mogli, fidanzati, fidanzate, amici. Quando sono state colpite le Torri Gemelle, per quanto ne so nessuna delle persone che stavano per morire ha telefonato per parlare di odio o vendetta, erano tutti messaggi d’amore. Io ho la strana sensazione che – se lo cerchi – l’amore davvero è dappertutto.
Love Actually Is Everywhere, L’Amore Davvero è Dappertutto: anche nei rapporti più indefinibili, anche nelle storie concluse con amarezza. Questo messaggio era nel 2003 ed è oggi un faro da seguire. Dobbiamo allenarci a vedere l’Amore anche nei momenti più duri, nei luoghi più ostili. Perché, come dice la hit, l’amore è intorno a noi, anzi: siamo noi ad averlo negli occhi mentre lo cerchiamo. E uno sguardo amorevole è capace di miracoli impensabili.