Luigi Broglio e il Progetto San Marco
Nel 1964 dal poligono spaziale americano di Wallops Island, il razzo Scout mette in orbita il satellite italiano “San Marco 1” facendo dell’Italia il terzo paese al mondo, dopo Unione Sovietica e Stati Uniti, a mettere in orbita un satellite attorno alla Terra
Dopo l’armistizio dell’8 Settembre del 1943, Luigi Broglio, ufficiale dell’aviazione italiana, partecipa alla guerra di liberazione come partigiano in un gruppo guidato da Paolo Emilio Taviani. Dopo il conflitto va negli Stati Uniti presso l’aereonautica americana (USAF) e poi presso la Nasa a svolgere attività di ricerca. Tornato in Italia fonda la scuola di ingegneria aerospaziale di cui diventa preside nel 1952. Nel 1964 inizia il Progetto San Marco.
L’inizio della storia spaziale italiana ha due protagonisti principali: Edoardo Amaldi e Luigi Broglio. Entrambi avevano ottimi rapporti con alcuni personaggi chiave del mondo spaziale americano del dopoguerra. In particolare con Luigi Crocco e Antonio Ferri, trasferiti e operanti in America, e con l’ungherese Theodore von Karman, emigrato in America a seguito delle leggi razziali. Inoltre fondamentale fu il rapporto con lo statunitense Hugh Dryen, direttore scientifico della Nasa. Broglio aveva inoltre la doppia veste di professore universitario e di militare di carriera. Amaldi era universalmente noto per essere stato nel gruppo di Fermi dei ragazzi di Via Panisperna prima della seconda guerra mondiale. Queste circostanze facilitarono grandemente gli sviluppi successivi.
Nel 1956 fu creato il Centro Ricerche Aerospaziali (CRA) dell’Università di Roma, presieduto da Broglio, con coinvolgimento dell’Aeronautica Militare. Fu utilizzata la base militare di Salto di Quirra, in Sardegna, per il lancio di razzi Nike americani per studiare la dinamica dell’alta atmosfera. Le attività tecniche presso il CRA poterono dimostrare alla Nasa la competenza e l’affidabilità del gruppo italiano.
L’8 settembre del 1959 viene creata all’interno del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) la Commissione per le ricerche spaziali (CRS), su iniziativa di Edoardo Amaldi e Luigi Broglio. Lo scopo: coordinare le attività spaziali nazionali nei diversi campi di interesse (missilistica, fisica dei raggi cosmici, fisica dell’atmosfera, astrofisica, ecc.). La commissione, presieduta da Luigi Broglio, raccoglieva le migliori competenze nazionali: oltre allo stesso Amaldi, Nello Carrara, Corrado Casci, Mario Boella, Gianpiero Puppi, Guglielmo Righini, Maurizio Giorgi, Rodolfo Margaria e Giuseppe Occhialini.
Finalmente nell’ottobre del 1961 viene ufficialmente approvato, dal Governo presieduto da Amintore Fanfani, il Progetto San Marco, in stretta collaborazione con gli USA, con un finanziamento assegnato di 4,5 miliardi di lire. A guida del progetto viene posto Luigi Broglio, presidente del CRS. Un Memorandum of Understanding (MOU) sulle responsabilità reciproche nel progetto tra l’Italia (rappresentata da Luigi Broglio) e la Nasa (rappresentata da Hugh Dryden) venne firmato il 31 maggio 1962. A questo seguì, il 5 settembre 1962, l’approvazione ufficiale tra il vicepresidente del Consiglio dei ministri, Attilio Piccioni, e il vicepresidente americano Lyndon B. Johnson. Il progetto prevedeva una serie di satelliti di ideazione e costruzione italiana, ma di interesse anche americano, per attività scientifiche.
Nell’autunno del 1961 vennero presentati alla Nasa una serie di possibili progetti, attività ed esperimenti di interesse della neonata comunità spaziale italiana. Gli esperimenti proposti coprivano una grande varietà di campi, dallo studio dei raggi cosmici, a quello delle particelle nella fascia di Van Allen, allo studio dei raggi gamma provenienti dal Sole, come proposto dai fisici capitanati da Edoardo Amaldi. In aggiunta uno studio della densità dell’aria proposto dal gruppo di ricerca capitanato da Luigi Broglio. Il MOU con la Nasa prevedeva tre fasi ben distinte.
Nella prima fase il team italiano doveva impratichirsi con i razzi vettori Shotput e Scout dalla base americana di Wallops Island sotto la supervisione della Nasa. La fase due prevedeva: a) la formazione del personale italiano nell’assemblaggio del vettore Scout; b) la messa in opera degli esperimenti a bordo del satellite; c) l’analisi dei risultati sulla densità dell’atmosfera tra i 200 e 400 km. La fase 3 prevedeva la messa in opera della piattaforma di lancio equatoriale (al largo delle coste del Kenya). La capacità di lanci autonomi italiani.
Fatta eccezione per il primo lancio, quello del “San Marco 1”, la soluzione scelta per la base di lancio fu una ex piattaforma di estrazione del Petrolio fornita da Eni, da quell’Enrico Mattei conosciuto da Broglio durante la resistenza combattuta insieme sotto il comando di Paolo Emilio Taviani. La piattaforma fu posta al largo della città di Malindi, sulle coste del Kenya. La soluzione fu altamente innovativa dato che ancora nessuno al mondo aveva lanciato un razzo da una piattaforma oceanica. Essa fu scelta dopo aver pensato a soluzioni come la Sardegna o il Brasile. Addirittura si pensò alla Somalia, ma in piena guerra fredda non tutte le ipotesi erano praticabili anche per questioni geopolitiche. La piattaforma San Marco non fu attiva prima del 1967, complici alcune instabilità nel nuovo Governo del Kenya, Paese che aveva appena ottenuto l’indipendenza.
Superati tutti i problemi, sia tecnici che politici, finalmente il 15 dicembre 1964, l’Italia ha messo in orbita il primo satellite scientifico di produzione nazionale, marcando così l’inizio dell’era spaziale italiana. Oggi l’Italia, che partecipa attivamente ai progetti internazionali, è una delle poche nazioni al mondo a disporre di un comparto aerospaziale caratterizzato da una filiera completa. Con la legge 11 gennaio 2018, n.7 che ha conferito al presidente del Consiglio l’alta direzione e il coordinamento delle politiche spaziali del paese, si è riconosciuta la strategicità dello spazio per l’Italia. Dal 1964, la collaborazione nell’esplorazione spaziale con gli Usa è sempre stata fitta di attività e intensa.
Tra queste il contributo italiano alla Stazione Spaziale Internazionale. Le importanti prospettive di collaborazione per la costruzione delle nuove stazioni spaziali private. Il lancio dell’ultimo satellite della costellazione Cosmo-SkyMed da Cape Canaveral su razzo Space X. La partecipazione alla missione Dart, la prima di difesa planetaria. Di recente si è ulteriormente rafforzata con la sottoscrizione degli Artemis Accords per poter partecipare alla missione Artemis che punta a riportare, entro il 2024, l’uomo sulla Luna.
Nicola Sparvieri
Foto © Eurocomunicazione