“L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello”
La complessità della Coscienza
Un commento sul saggio del 1986 di Oliver Sachs – medico, chimico, scrittore, psicologo e accademico britannico – autore del libro “Risvegli” da cui è stato tratto l’omonimo film. In questo libro vengono esposti una serie di casi/studio di patologie neurodegenenrative.
Oliver Sacks è prima di tutto un medico con un forte senso dell’etica. Dalle storie dei suoi pazienti che ha voluto condividere nel suo scritto, traspare un genuino affetto verso di loro e soprattutto per i rapporti che costruisce con meticolosa pazienza. Attraverso i suoi occhi, quelli di un professionista alle prese con vere e proprie “missioni impossibili”, ci si addentra in un viaggio del tutto inaspettato. Ciò che risalta con brillante evidenza è non solo la complessità della mente, ma in particolare la sua capacità di compensazione nel momento in cui essa debba affrontare un danno che ne pregiudichi l’equilibrio della relazione con il corpo e con le sue percezioni.
Camminare, afferrare un oggetto, fare una semplice operazione a mente, ma anche vedere e cogliere le forme di un viso. Sono tutte azioni che un essere umano esegue quasi senza pensare. Sono per cosi dire: scontate. Capacità che alcuni ritengono innate, ma che richiedono una serie di processi tutt’altro che banali. Occorre una profonda interazione fra il cervello e le sue percezioni per eseguirle correttamente.
Questa continua interconnessione che permette la grande efficienza con cui semplicemente “viviamo”, può purtroppo essere pregiudicata da una vasta gamma di ostacoli che si presentano sotto forme molteplici: Una malattia neurodegenerativa può essere un esempio lampante, un Ictus, un incidente che coinvolga traumi cerebrali, ma anche inaspettatamente intossicazioni con alcool o farmaci.
Insomma la vita può purtroppo riservare delle amare sorprese e il Dottor Sacks ci offre uno spaccato di vite “alternative”, nelle quali sono presenti alcuni ostacoli che limitano la capacità di vivere nelle condizioni che riteniamo compatibili con il nostro concetto di normalità.
I cardini dell’esposizione e dell’analisi dei vari casi, si fondano su alcuni concetti basilari della neuropsichiatria: Il deficit funzionale ad esempio, ritengo sia un problema drammatico e affascinante al tempo stesso. Ci si immerge in un caleidoscopio di storie spesso terribili, che creano una empatia con gli esseri umani “menomati” nelle loro percezioni. Durante la narrazione, si apprendono alcune nozioni fondamentali per comprendere tali disturbi, come quello che più attira l’attenzione del lettore in questa parte del testo: La “agnosia”, ovvero l’impossibilità per il soggetto che ne è affetto, di riconoscere un oggetto o un volto, utilizzando le proprie percezioni sensoriali. Ed il caso che ha ispirato il titolo del libro ne è un esempio, come dicevo prima affascinante oltre che spaventoso nei suoi aspetti drammatici. Il Dottor P. un insegnante di musica, aveva cominciato a mostrare un difetto nella sua visione della realtà, a causa di una patologia neurologica degenerativa e nel momento in cui viene descritto dall’autore, non è più in grado di riconoscere forme, se non le più semplici o il viso di altri esseri umani conosciuti. Nonostante la sua vista funzioni molto bene, non riesce più a collegare i tratti caratteristici che vede, all’identità di un oggetto o di una persona. Un guanto, diventa un semplice “contenitore” di forma bizzarra. Un fiore viene analizzato nella sua forma geometrica, ma non ne coglie l’identità se non nel momento in cui gli viene proposto di utilizzare anche l’olfatto nella sua analisi. Fino ad arrivare alla descrizione della scena più grottesca, quando in cerca del suo cappello, il Dottor P. afferra la testa della moglie cercando addirittura in qualche modo di calzarla sul suo capo. Il dramma di una vita cosi menomata nei suoi aspetti più semplici e banali, ma cosi fondamentali per poterne godere a pieno, sembra a questo punto raggiungere il suo culmine. Sacks, nella sua visione, ci permette però di osservare sempre un orizzonte meno crepuscolare. Una lieve speranza viene quasi sempre offerta in questa intrigante lettura. La mente è in grado di compensare, almeno parzialmente, quelle che sono le limitazioni occorse al corpo. La sua potenzialità è tale che riusciamo a tendere sempre ad un nuovo equilibrio.
Il musicista in questione riusciva ad utilizzare proprio la musica per mantenere un collegamento con la realtà. Quella che non riusciva più a intendere come prima. Trasformando tutto il suo interagire col mondo materiale in melodia e mantenendo costante la sua routine giornaliera, era in grado di creare nuovi schemi di azione che permettevano lo svolgere di semplici attività come mangiare e vestirsi. Il leit motiv di tutta la narrazione è incentrata proprio sulle capacità della mente dell’uomo di ricreare un equilibrio. Una tendenza che crea non solo la consapevolezza delle immense risorse di cui siamo dotati, ma anche e soprattutto per chi scrive, della capacità terapeutica dell’arte.
Il caso di Madeline J. è forse ancora più eclatante. Una signora non vedente e non più giovane, il cui peculiare fenomeno di agnosia aveva colpito l’uso delle mani. Non era in grado di utilizzarle perché si trattava di agnosia evolutiva. In qualche modo non aveva mai imparato ad usarle. Utilizzando una semplicissima tecnica di impulso al loro utilizzo, Sacks ci descrive una impressionante trasformazione. Nel giro di un anno siamo di fronte a quella che viene definita una talentuosa scultrice ceca, poiché la sua mente ha compensato la mancanza di una memoria sull’utilizzo delle sue estremità, arrivando molto oltre, fino ad esplicitare una dote artistica nascosta nel suo fragile involucro di anziana gravato da pesanti limitazioni nelle percezioni.
Tra le tante proposte, credo però che la storia più affascinante per un autore di fantascienza come il sottoscritto, riguardi il caso dei Gemelli. John e Micheal, due fratelli descritti dalla scienza medica negli anni ’60 dello scorso secolo, sostanzialmente come minorati mentali, che diventano oggetto di una osservazione approfondita da parte di Sacks. Il loro scarso QI, confliggeva in maniera inspiegabile con la loro “empatia” per i numeri. Non riesco a trovare un termine più calzante per descrivere il loro rapporto con l’astratto mondo matematico in cui sembravano cosi spesso piacevolmente immersi. La scena più toccante, nella sua inverosimile descrizione, è senza dubbio quella in cui l’autore li osserva nella loro routine quotidiana, fatta di lunghe comunicazioni basate sul calcolo a mente di numeri primi di eccezionale complessità. Inanellavano numeri sempre più lunghi, procedendo con un calcolo mentale che aveva dell’incredibile. Scambiandosi quasi sottovoce tali prodotti delle loro capacità senza altri aspetti comunicativi e senza alcuna altra parola proferita nell’intermezzo di quel cogitare, arrivano a creare una profondità nel loro rapporto che non è comprensibile ai comuni osservatori. Il loro dialogare è ermetico, ma allo stesso tempo dice tutto. La comunione delle loro menti in quegli istanti è totalizzante, coinvolge il lettore nella riflessione su un mondo completamente fuori dagli schemi. Un mondo fatto di estro, di arte, di capacità incredibili della mente, impossibili da esplorare se non da parte di coloro che, per costrizione o per genuina volontà, riescano a cogliere la complessità della coscienza e l’inimmaginabile vastità delle interazioni col mondo materiale che essa è in grado di creare.
_______________________ ALESSANDRO PUBLIO BENINI