Magda Szabò e Deszò Kosztolànyi all’Accademia Ungherese
Il passato recente europeo attraverso l’Ungheria
‘Accademia Ungherese ha offerto, martedì 4 ottobre, la presentazione di un grande classico della letteratura, un testo che è d’obbligo conoscere se si vuole apprezzare ulteriormente la creatività di una grande Nazione.
Anna Edes, di Deszo Kosztolànyi, non è sufficiente definirla un’ opera esistenzialista, perchè è contributo dato da una delle voci migliori per la sofferta visione dello scorso secolo europeo fra le due guerre e, nella riproduzione cinematografica di esso, è l’eccellenza artistica di un regista e scenografo fra i migliori, Zoltàn Fàbri . Notissimo in Ungheria, Anna Edes si diffonde al pubblico romano ed italiano grazie alla traduzione particolare di Mònika Szilàgyi con la quale il romanzo coinvolge già alle prime righe il lettore, preso dallo stile rapido ed a brevi frasi incisive e dalla scelta realistica ed elegante dei termini che scorrono quasi come una linfa entro di lui.
Non si chiede mai abbastanza, alle Case Editrici nazionali, di prendere contatto con altri ottimi traduttori per poter apprezzare com’è giusto il corpus letterario della nazione magiara e non restare deprivati del suo panorama così incantevole, dalla poesia al romanzo o al saggio , grazie anche al metodo che la stessa Mònika ha messo a punto vista la peculiarità della sua lingua.
Come antecedente di Anna Edes, infatti, la Casa Editrice di Mònika Szilàgyi, Anfora, ha ampiamente offerto l’insieme delle opere migliori di Magda Szabò, non giustamente qui conosciute, le quali, pur differenti, come è naturale, da Anna Edes, lasciano però intendere benissimo l’apporto narrativo, stilistico, e realista che la scrittrice detta ha fornito al Kosztolànyi, preparando spesso esiti di fatti con la stessa chiara e dolorosa evidenza. Si consiglia vivamente la lettura di Abigail, di Creuseide, se si vuole prendere in mano la lancia a difesa del femminile senza il grottesco dell’estremismo, di Affresco, se si ha intenzione di conoscere il lato ironico della letteratura ungherese presente in un lungo racconto, ma soprattutto è capolavoro il Per Elisa, incentrato sulla vita dall’infanzia alla giovinezza della stessa Szàbo, fra oscuri limiti religiosi della società ungherese prima del secondo conflitto e con un velo opportuno fatto da un altro nome ed altre momentanee situazioni che non nascondono la scrittrice, anzi la vivificano ancora di più, con l’ottima inserzione della sorella che non è altri che l’alter ego della protagonista.
Affiora nel romanzo la protervia politica, la violenza degli invasori del Trianon, la forte anima magiara che non si abbatte per esse e ne rende visibile l’ignoranza spesso delinquenziale, così come la piccineria o l’incomprensione dei piccoli borghesi rese in mobbing sono scoperte con una sorta di disprezzo. La Szàbo ha una profondità meditativa che non carica lo stile ed è senz’altro maggiore di quella del Kosztolànyi, che preferisce affidarsi all’uso della semplice verità anche se amara . Se è il narrare dei fatti esplicati da considerazioni il fascino, sempre realistico, della Szàbo, spesso arricchiti di accenni del dopo, è l’immediatezza dolorosa del male, portata con una sorta di angustiata espressione ed attraverso brevi frasi, il legame del lettore all’opera di Kosztolànyi .
Ma l’essenziale è il trascorso del 1900 ungherese e, meno continuamente citato, quello europeo, fra la crescita postbellica del marxismo e l’incertezza dolente, rovinosa, degli altri Paesi verso il secondo conflitto al quale, osservando attentamente il contenuto di queste opere incantevoli, si dice che , per la erronea condizione umana e l’incompletezza di una pace rabberciata, esso si è dimostrato inevitabile.
Marilù Giannone