Metamedicina: quando il corpo “parla”
La metamedicina è stata creata nel 1987 da Claudia Rainville, microbiologa canadese, che ha approfondito il funzionamento del cervello limbico, il risveglio della coscienza e l’armonizzazione interiore, in seguito a diverse vicissitudini nella vita, tra cui il tentato suicidio con successiva dichiarazione di morte clinica.
Dopo l’incontro in India con Sai Baba e il Dalai Lama, che diventa per lei un modello da seguire, la Rainville definisce la metamedicina come medicina di risveglio e di compassione secondo una prospettiva olistica: per essa l’uomo è un’ unità inscindibile e la malattia uno stato armonico che si è alterato.
La metamedicina viene considerata un ponte tra il corpo e lo spirito: infatti il disturbo fisico può avere anche una genesi interiore pregressa di natura psichica o emotiva; il corpo è un tutt’uno e gli organi non sono parti isolate ma sistemiche che oltre ad essere in simultanea relazione, sono correlati alla dimensione sociale, psichica, emotiva e spirituale della persona.
Definita la medicina femminile, di tipo induttivo, essa può essere complementare alla medicina tradizionale, definita maschile e di tipo deduttivo.
Infatti la medicina tradizionale interviene sulle manifestazioni fisiche, ma la causa di una malattia continua a propagarsi. È a questo punto che può giovare la metamedicina: essa va aldilà della cancellazione del dolore o della scomparsa dei sintomi e si concentra invece sulla ricerca della causa emozionale responsabile dei disturbi; essa vede la malattia come una disarmonia sopraggiunta.
Questo tipo di medicina non si sostituisce né a quella ufficiale e né alle terapie psicologiche ma può sostenere e integrare un percorso evolutivo personale, accompagnando la persona a prendere coscienza delle proprie dinamiche emozionali, fisiche e mentali per tornare in armonia con se stessi.
Il senso della metamedicina è dunque quello di accompagnare il paziente con compassione perché possa andare oltre il sintomo e scoprirne la causa, utilizzando le cosiddette “chiavi” ossia una serie di domande appropriate alla sfera emozionale che trasformano il sentimento alla base del disagio o della malattia.
Si può dire che essa funziona come un risveglio della coscienza: la guarigione corrisponde alla scomparsa del sintomo che non sempre è definitiva; spesso per guarire definitivamente è necessario “dialogare” con la malattia. Per questo motivo la metamedicina è anche chiamata la medicina del risveglio proprio perché permette di capire i procedimenti che portano malesseri o il succedersi di avvenimenti negativi e le malattie. Spesso infatti, trovati questi meccanismi, la persona esce dalla routine ripetitiva della sua vita; le situazioni dolorose e le malattie si risolvono visto che scompare il fattore che le aveva scatenate.
Questo tipo di medicina si occupa della parte inconscia della malattia, legata ai sentimenti e alle emozioni e vuole scoprire quale fatto ha originato il malessere della persona mentre invece la medicina tradizionale tratta i sintomi e i dolori.
Vi sono molte malattie che hanno la loro origine nei pensieri, nei sentimenti e nelle credenze della persona: secondo questo approccio quindi per guarire completamente è necessario andare a indagare l’origine, scoperta la quale si trova soluzione.
Se la causa è fisica si cercheranno rimedi fisici ma se la causa è psicosomatica si va alla ricerca del sentimento che ha originato quel determinato sintomo.
Per fare un esempio, la disfonia è una modificazione del timbro in cui la voce è roca: le corde vocali rappresentano la capacità di esprimersi. Se una persona soffre di questo disturbo, può aver registrato nella sua memoria emozionale che parlare equivale a pericolo, per via di un evento traumatico al quale forse ha assistito, legato al fatto che l’aver parlato avesse appunto comportato un evento negativo. Quindi se parlare equivale a pericolo, quale episodio nella vita può ricondurre la persona a questa equazione?
Questa è una delle “chiavi“ proposte dalla metamedicina.
Essa non esclude a priori le cause fisiche, non contrastando in questo la medicina tradizionale; ma bisogna considerare che non tutte le persone che assumono lo stesso farmaco reagiscono in ugual modo ad esso.
Come ascoltare il linguaggio del corpo che parla attraverso i sintomi? La metamedicina propone appunto quattro “chiavi“ principali che non riguardano solo la decodifica dei sintomi: esse servono per andare a comprendere altri aspetti della vita come le relazioni, la comunicazione, tutto quanto fa parte della vita di un essere umano.
Le quattro “chiavi” principali che permettono di interpretare i sintomi sono: la localizzazione, per vedere l’organo, la parte del corpo, il tessuto toccato dal sintomo. Poi si analizza la funzione di quella determinata parte del corpo e se permette di fare o di non fare. In terzo luogo si analizza la manifestazione, se come infiammazione, sanguinamento, dolore, calcificazione, irrigidimento. In ultimo la contestualizzazione,valutando in quale contesto questo sintomo abbia cominciato a manifestarsi.
Capire la causa del sintomo è importante ma non sufficiente per guarire ed è anche importante capire cosa attraverso un determinato sintomo o una certa malattia la persona debba imparare; la guarigione si attiva da lì.
Quando alcuni sintomi o vere e proprie malattie si presentano ripetutamente, peggiorano in modo significativo la qualità della vita; per alcuni di questi, gli esami e le visite mediche non fanno comprendere la causa e la terapia risolutiva.
I farmaci alleviano sicuramente i sintomi però non ripristinano lo stato di salute.
Nel mondo della medicina occidentale non si tengono nel dovuto conto i sentimenti, i pensieri e le emozioni che possono influenzare il fisico con blocchi, tensioni, squilibri che favoriscono l’insorgere di vere e proprie malattie.
Per orientarsi e imparare a comprendere i sintomi del proprio corpo Claudia Rainville ha scritto un testo rivoluzionario: Il Grande Dizionario della Metamedicina per guarire interpretando i messaggi del corpo, realizzato dopo 35 anni di ricerche. Questo volume può aiutare anche medici, infermieri e terapeuti a comprendere altresì la componente emozionale delle patologie con cui si vanno a confrontare.
Veronica Tulli
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