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Missili Buoni e Morti Cattive

Missili buoni, morti cattive

di Diplomaticus

In fondo, cosa vogliono Trump, Macron e la May? Non si riesce a capire se non ragionando con freddezza in queste ore difficili. Vediamo di elencare le loro vere motivazioni, di là dalle sciocchezze untuose che ci propinano i canali  d’informazione:

  1. Gli Stati Uniti esistono e sono la potenza militare più forte del mondo. Forse non è così, ma è meglio non avere la controprova. Dopo i disastri della politica americana in Medio Oriente, una tempesta di missili è quello che ci vuole per far sapere al mondo chegli Stati Uniti ci sono ancora.
  2. Anche il Regno Unito esiste, per conto suo,dopo la Brexit. Cagnolino fedele e premiato da Washington è costantemente sulla scia delle matterie di Trump. Come una coppia di comici, spalla e controspalla.
  3. Il caso della Francia è più patetico. Macron cerca spazi in politica estera visti i risultati negativi in quella interna. I disastri provocati dalla pretesa di essere grandi sono visibili a tutti. In Libia s’è aperta una voragine, grazie all’improvvido intervento francese. In Niger prima hanno chiamato un contingente italiano poi il governo di Niamey, insufflato dai Francesi,c i ha chiesto di ritirarlo, Un’altra brutta figura per il nostro Ministero degli Esteri. Però, la cosa non ci deve stupire. C’è ancora Alfano, alla testa del dicastero!

In conclusione, la triade funesta che ha dissestato il Medio Oriente dopo la dissoluzione dell’Impero ottomano è ancora lì, sulla scena del mondo, a credere di poter dettare ancora legge al mondo intero.

Che vogliono questi signori? Ma che diamine, combattono le sostanze tossiche. Via i gas, abbasso i gas nervini! Le armi chimiche sono al bando! Tutti le hanno, le armi chimiche. L’importante è che non le si usino contro di loro.

Non vogliamo abbattere Bashar Assad, che il responsabile di sette anni di guerra civile e di milioni di morti, mutilati, profughi e disperati. Vogliamo che i morti siano morti non a causa delle armi chimiche. Poi, se vogliono morire in altro modo, è affare loro. Quello va bene. Il bambino intossicato mi fa piangere, il bambino dilaniato da una mina, no.

Singolare è il caso della Turchia, che lucra quello che può. Riceve soldi dall’Unione europea per tenere a freno gli emigranti siriani. È membro della NATO e, quindi, alleato degli Stati Uniti. Amoreggia con la Russia e l’Iran per cacciare i Kurdi dalla Siria dove aspira ad estendersi. Però, si schiera con gli Stati Uniti sulla questione dei missili. Erdogan cerca uno spazio dove più gli conviene. Alla fine si troverà con le mani vuote. Troppo furbo.

La verità è che della morte o della sorte di militari e civili, vecchi, donne e bambini, non importa nulla a nessuno. La Siria martoriata è solo l’incudine sulla quale si affila lo scontro fra la potenza della triade “occidentale” e la crescente espansione russa che, profittando dell’alleanza con un’altra potenza emergente, l’Iran, cerca di estendere la sua influenza sul Mediterraneo.

Ora, il Mediterraneo è casa nostra, anche se pieno di flotte militari altrui. La Siria è vicina all’Italia e ciò che accade in questo mare che ci divide è proprio affare nostro. Ma nessuno se ne rende conto, o, meglio, vuole rendersene conto.

 L’Occidente europeo, come il solito, non esiste. Tutti implorano la pace, anche se rischiamo quella eterna. Putin fa paura a tutti, dagli Stati baltici ai Paesi del nord fino a quelli del patto di Visegrad e ai vecchi Paesi dell’Est. Queta non movere. Ma se la situazione si radicalizzasse verso una reazione russa, che succede?

La crisi innestata dai pruriti americani, che si sentono esclusi da quel Medio Oriente dove hanno spadroneggiato fino all’altro giorno, combinando disastri, potrebbe finire qui, con una semplice dimostrazione di forza. Non serve a nulla, ma solo a dire che ci sono anche loro.

Se, invece, la reazione c’è, e potrebbe essere un attacco improvvido dell’Iran verso Israele, allora sì che le cose si complicherebbero. Israele fa paura a tutti, perché non fa dimostrazioni di forza tanto per far vedere.

Un altro aspetto importante è la posizione di Mosca. Hanno minacciato non solo di abbattere i missili americani ma anche di colpire le basi di lancio e, cioè, le navi da guerra americane. Lo faranno? Può Putin tirarsi indietro e rimangiarsi le proprie minacce? La Russia, in questo momento, è all’angolo: deve difendere il suo prestigio con la Siria (un povero straccio tirato qua e là) e con l’Iran, il suo nuovo alleato. Come saranno, ora, i suoi rapporti con la Turchia? Il quadro è in movimento.

Se fa marcia indietro, perde la faccia. Se è coerente, ma è meglio di no, siamo alla guerra. La situazione è molto simile a quella dei missili sovietici a Cuba. La reazione americana e la saggezza di Krusciov salvarono il mondo da un conflitto.

Tutto il resto è nulla: l’immigrazione, il bilancio, il governo italiano che si farà o non si farà, i veti incrociati, le miserie della politica europea, i destini di tanti piccoli Paesi assediati dalla fame e dai loro governi più o meno “democratici”, sono solo spazzatura. Quando volano i missili arriva l’ora della verità.

È difficile immaginare il seguito. Ci sono le Nazioni Unite per parlare per mesi. Una buona occasione per stemperare le cose, sempre che non accadano altri fatti gravi. Forse, però, tutto finirà così: un’ondata di missili ogni tanto, una marea di proteste, dissociazioni e distinguo inutili. Quando si è impotenti, si dice che si è responsabili.

Sul fronte interno, nulla segnalare. Di Maio vuole fare il Presidente del Consiglio. Berlusconi non vuole andare in soffitta, il PD non vuole partecipare ma solo fare opposizione. La Lega non farà mai un governo con loro. Tutti contro tutti. E il Paese si sbraca. Vuoi vedere che Gentiloni reggerà ancora il timone della barca?

Le basi americane di Aviano e Sigonella sono ancora lì. Se le cose si complicassero, ci troveremmo in un bell’imbarazzo. Chi si prenderà la briga di dire di sì al loro utilizzo oppure di no? Meglio Gentiloni e Alfano, forse, tanto devono scomparire nell’ipotetico, futuro assetto di governo. La politica dell’assenza o della neutralità è una costante nel nostro Paese ma non ci ha mai salvato dai disastri di una guerra. Tardi e male, come sempre.

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