Mobbing: abusi e vessazioni all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli
Mobbing ai danni di Miguel Martina, il Funzionario dell’ADM
che denunciò la truffa di ‘mascherine cinesi farlocche’ per il Covid
di CRISTIANA ROSSI*
Per la prima volta un Tribunale ha riconosciuto la condotta offensiva de datore di lavoro pubblica amministrazione nei confronti del lavoratore nell’ambiente lavorativo, fondata su condotte atte ad “integrare forme di pressione, prevaricazione e ritorsione” reiterate nel tempo e idonee a determinare l’insorgenza della patologia rivendicata dal lavoratore e non riconosciuta dall’INAIL.
Lo scorso 5 Dicembre è stata difatti emessa detta sentenza (n. 12478/2024) dal Tribunale di Roma Sezione Lavoro Giudice Dr.ssa Rossella Masi a conclusione del giudizio intrapreso da Miguel Martina, Funzionario dell’ADM – Agenzia Dogane e Monopoli nei confronti dell’INAIL, in seguito alle reiterate pressioni subite in ambito lavorativo.
Il giudice ha accertato – anche a mezzo di idonea consulenza medico-legale esperita dal CTU – non soltanto l’esistenza di un danno biologico, riconoscendo un ilndennizzo in capitale per la malattia professionale, calcolato sulla base di una invalidità permanente del 15% ma addirittura l’attualità del mobbing subito dal lavoratore.
Adesso l’INAIL – che ha sempre negato tale diritto all’ex-Funzionario (attualmente in pensione) – dovrà corrispondere al medesimo non soltanto l’indennizzo citato, ma anche gli interessi legali dalla maturazione e fino al saldo, condannandola altresì al pagamento delle spese processuali.
Dietro quest’importante sentenza anche sul piano giuridico, c’è una disgustosa storia già nota da tempo ovvero la truffa delle mascherine cinesi fasulle importate durante la pandemia dal commissario straordinario Domenico Arcuri, nominato da Giuseppe Conte, ed inviate negli ospedali, nelle RSA e alle Forze dell’Ordine. Per meglio comprendere la vicenda dobbiamo partire dalla sua origine chiedendoci chi è Miguel Martina – oggi in pensione – e che ruolo abbia avuto. Ebbene, si tratta di quel funzionario dell’Agenzia delle Dogane che rifiutò una tangente da cinque milioni di euro facendo arrestare i suoi corruttori Enzo Cesarini e Ciro Laurenza.
Proprio in seguito a quest’indagine ricevette delega dal Dott. Antonio Clemente – Sostituto Procuratore della Procura di Roma – ad indagare su funzionari e dirigenti interni all’Agenzia delle Dogane con ipotesi di corruzione, avendo il Magistrato appreso dagli audio intercettati ai due corruttori che molti funzionari erano di fatto alle loro soldo.
Quando nel 2020 scoppiò la pandemia, il Martina fu incaricato dal Direttore Regionale Gianfranco Brosco di occuparsi della verifica delle importazioni delle mascherine. Ebbe tutto inizio proprio da lì poiché nel corso di questa verifica si rese conto che tali dispositivi di protezione individuale venivano sdoganati e distribuiti nonostante non fossero idonei e fossero stati falsamente certificati o addirittura privi di qualsiasi certificazione. Diligentemente informò i NAS e la Procura di Roma, ma anche la stessa ADM. A questo punto iniziò a subire ritorsioni e mobbing fino ad essere persino privato degli accessi informatici nonostante la delega della Procura. Fu altresì denunciato per “accesso abusivo”. Il procedimento venne archiviato all’esito delle indagini proprio in virtù della delega ricevuta dalla stessa Autorità Giudiziaria.
Nella sentenza in esame, il Giudice del Lavoro evidenzia e riporta come la stessa A.G. in sede penale non ravvisò alcun tipo di censura penale nei confronti del Martina accertando invece che allo stesso fu impedito di svolgere il proprio incarico operativo poiché privato di tutti gli accessi ai sistemi informatici. In seguito a questo episodio il soggetto dell’Agenzia che evidentemente fece denunciare il falso è attualmente sotto processo per calunnia, violenza e minacce ed ha scelto il rito abbreviato, prima udienza gennaio 2025.
Come se tutto questo non fosse già abbastanza, Martina fu anche demansionato, trasferito e sottoposto a tre procedimenti disciplinari fondati su false dichiarazioni. Un quarto procedimento disciplinare era volto invece ad ottenere il licenziamento in tronco in relazione alla malattia professionale. Evidentemente tutto ciò però non era ancora soddisfacente, difatti nelle more del giudizio che ha portato all’odierna sentenza, l’ADM ha più volte richiesto al Martina di restituire somme ritenute dalla stessa percepite indebitamente a titolo di retribuzione, procedendo al blocco dello stipendio per otto mesi sottraendogli altresì altri trentamila euro di ferie non godute, liquidazione, mancato preavviso. Ovviamente non è stato tralasciato neanche il Tfr ed il fondo di categoria presso il Mef e la liquidazione assicurativa, sforando notevolmente (otto volte) il limite previsto dalla legge del quinto. L’ADM inoltre ha incaricato l’Agenzia Entrate / Riscossione di effettuare l’iscrizione a ruolo di tali somme, e, nonostante la sentenza in discorso sia immediatamente esecutiva e caduchi tutti gli atti delle Dogane, negandone di fatto l’efficacia nonché disapplicandola integralmente, ne ha mantenuta l’efficacia. Insomma, una vera persecuzione sebbene al momento l’Agenzia Entrate/ Riscossione abbia provveduto alla sospensione della riscossione una volta ricevuta la notifica del citato atto giudiziario.
Ma non è finita qui! Ciò che rende tutto ancora più grave, è stata una ulteriore richiesta di provvedimento disciplinare nei confronti di Miguel Martina – come sopra citato, il terzo – dall’allora Direttore del Personale, a causa della Dr.ssa Marzia Impellizzeri che nella sua relazione datata 20 gennaio 2023 indirizzata al Direttore del Personale, al Direttore Audit, al Direttore dell’Ufficio legale e contenzioso ed infine al Direttore Generale – casualmente proprio nel giorno in cui quest’ultimo fu rimosso dal governo, perdendo quindi ogni possibilità di accesso a documenti – riferendo dell’incontro avvenuto il giorno 16 gennaio 2023 presso il bar della sede dell’Agenzia sita in P.zza Mastai a Roma.
La funzionaria riportò di aver subito da parte del Martina comportamenti non consoni all’ordinaria condotta sul posto di lavoro e non rispettosi della sua dignità personale riportando un ingiusto danno alla sua immagine. Lamentò di essere stata intimidita, seguita ed importunata con richieste categoriche e perentorie che le provocarono – a causa dell’ impatto emotivo – sintomi di ansia che non le consentirono di svolgere il suo lavoro con serenità, al punto tale da non sentirsi in grado di mettersi alla guida per recarsi dal medico curante. Si dichiarò vittima di un gesto persecutorio in seguito ad una semplice richiesta reiterata – con un solo messaggio al suo cellulare – di conoscere quanto era suo diritto conoscere.
Questa è stata la versione fornita dalla funzionaria, mentre dal file audio relativo all’incontro, si può chiaramente ascoltare il Martina avanzare una lecita richiesta con tono educatamente deciso e sempre rispettoso, ovvero quella di conoscere il nominativo della persona alla quale la stessa aveva consegnato il fascicolo penale che lo riguardava, ritirato dopo l’archiviazione della querela depositata dalle Dogane che originò il suindicato procedimento penale. In seguito alla continua negazione da parte della funzionaria di rispondere alla semplice domanda, il Martina andò via riservandosi di inviare una richiesta formale alla stessa, cosa che venne fatta a mezzo pec la giornata stessa. Ovviamente tale richiesta non è stata mai evasa. Insomma, sì volle ancora una volta negare a tutti i costi un diritto al lavoratore, anche per mezzo di dichiarazioni meschine e non veritiere volte ad alterare la realtà dei fatti con la volontà di indurre a credere in comportamenti configuranti atti di violenza di genere, senza alcun rispetto per tutte quelle donne che purtroppo la violenza la subiscono o l’hanno subita realmente sulla propria pelle.
Tale richiesta di agire nuovamente in sede disciplinare contro il Martina fu quindi archiviata poiché non vennero rilevati “gli estremi per l’esercizio dell’azione disciplinare” come si iniziò a sospettare che l’incontro fosse stato registrato.
Di conseguenza venne richiesta dal Martina all’allora Direttore del Personale Flore l’apertura di un procedimento disciplinare nei confronti dell’Impellizzeri che invece, al posto di rispondere della falsa relazione, venne promossa dirigente con il concorso successivo, come molti altri funzionari coinvolti in questa assurda vicenda. Inoltre, i fascicoli disciplinari furono affidati a soggetti in evidente conflitto di interessi, essendo attivamente coinvolti nelle varie vicende.
Quest’ulteriore maldestro tentativo di descrivere il Martina come una persona oltremodo irrispettosa e dai modi aggressivi volendo indurre l’Amministrazione ad agire contro di lui, è stata ritenuta idonea dal giudice del lavoro a rafforzare la convinzione delle gravi ritorsioni e del mobbing in danno dello stesso, riconoscendone altresì l’attualità.
L’Anac invece, nonostante fosse stata destinataria degli stessi atti in possesso della Procura e della Sezione Lavoro del Tribunale, ignorò tutte le tutele previste in difesa del whistleblower, evitando di dar seguito alle contestazioni avanzate nei confronti di quattro Dirigenti delle Dogane come invece avrebbe dovuto.
***** *** *****
* CRISTIANA ROSSI,
Iscritta all’O.D.C.E.C. di Roma, Revisore Legale –
Componente Comm.ne Scientifica O.D.C.E.C. su
“Ammin.ne Giud.aria beni sequestrati e confiscati” –
Amm.re Giudiziario Antimafia/ Docente Universitaria –
Relatrice-Convegni/ Autrice Testi Giuridici e di Cultura –
Redattrice in varie Testate Giornalistiche online –
Collaboratrice con Media ed Emittenti Radio-TV //