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Morto l’ex Amministratore Delegato di Fincantieri Giuseppe Bono

Giuseppe Bono, 78 anni, venti dei quali trascorsi alla guida di Fincantieri come Amministratore Delegato, lascia una moglie e due figli. Un volto storico per l’Italia che era stato mandato via dal suo ruolo solo pochi mesi fa.

La sua morte è stata annunciata con un tweet dal ministro della Difesa Guido Crosetto. “È mancato Giuseppe Bono, Peppino, un amico fraterno, grande uomo, straordinario capitano d’industria. Ha dedicato tutta la sua vita a costruire ricchezza per l’Italia. Lo conobbi appena arrivato a Fincantieri, che era in grave difficoltà. Ora ha i migliori prodotti al Mondo. RIP”

Calabrese, nato a Pizzoni in provincia di Vibo Valentia nel 1944, veniva chiamato l’ultimo “boiardo” di Stato. Appellativo che non ha mai rifiutato anche se faceva finta di indignarsi: «Boiardo a me? Ma per favore… Io nell’industria ci sono nato, le mani me le sono sporcate davvero. Mica come quelli che non sono mai usciti dal salotto e un cantiere lo hanno visto solo al telegiornale».

Laureatosi in Economia e Commercio e recentemente designato di una Honoris Causa in Ingegneria navale aveva cominciato la sua carriera, che lo portò a diventare un manager di lungo corso nel 1963, con corso di addestramento e formazione nell’area amministrativa e del controllo di gestione presso la Fiat-Finmeccanica. Poi entrò in Omeca (Gruppo Fiat-Finmeccanica e dal 1968 Efim) e dal 1971 al 1993 in Efim. dal ’97 al 2000 ne era stato il direttore generale e poi per 2 anni amministratore delegato.

«In fabbrica sono entrato quando avevo 18 anni. Da operaio, a Torino, a 1.300 chilometri da casa. Non avevo molta scelta: papà morì quando ero piccolo, e nel nostro Paese lavoro non ce n’era», era ciò che raccontava di sé. «Da bambino volevo farmi prete, ma ero l’unico maschio in famiglia e servivano soldi».

È il 2002 quando viene nominato amministratore delegato di Fincantieri, allora una sorta di “parente povero” del mondo industriale pubblico. In quegli anni non è tra le migliori aziende sul mercato ma, Bono, con ostinazione la studia, la riorganizza, va a caccia di nuovi clienti, cerca di decifrare un mercato complesso e tempestato di incognite. Dove non può agire personalmente si affida a quelli che diventeranno i suoi fedelissimi. Come il suo predecessore Corrado Antonini, che negli anni Novanta ha deciso di legare il destino di Fincantieri a quello di Carnival Corporation. Insieme formano una coppia vincente. Infatti, Fincantieri incassa in pochi anni ordini miliardari, fino a diventare leader al mondo nel settore crociere. Una crescita che si estese presto al settore militare.

Nel 2009 avviene l’acquisizione dei cantieri navali americani Marinette. Fincantieri potrà costruire navi militari per gli Stati Uniti, mettendo un piede nel più ambìto dei mercati. Questa esperienza rafforza una sua idea basata sulla necessità di creare un polo europeo della cantieristica capace di imporsi a livello mondiale. «È una questione di sopravvivenza: se non lo facciamo noi, lo faranno gli asiatici», affermò il manager. Ma la sua proposta non viene accolta dalla Francia e della Germania che vedono solo i loro interessi. Ma i fatti andarono diversamente, tant’è che la maggiore azienda francese fallisce pochi anni dopo e nel 2019 Giuseppe Bono sigla, dopo aver portato l’azienda in Borsa nel 2014, la joint-venture proprio con il francese Naval Group.

Mentre l’altra e ben più importante alleanza, quella nel settore crociere, si fermerà due anni dopo per l’opposizione dell’Antitrust di Bruxelles. «Ma che Europa è, quella che impedisce a una sua eccellenza di crescere, affermarsi, creare lavoro?», commentò.

Il suo percorso, però, viene interrotto dalla scelta del Governo Draghi di cambiare rotta e affidare l’azienda al nuovo A.d. Pierroberto Folgiero. Scelta che Bono non ha mai condiviso: «Mi hanno chiamato stamattina e mi hanno comunicato che il Governo preferisce la discontinuità. Non ci sono cose che non vanno, o cose che vanno raddrizzate: la mia carriera era il problema. Non la posso cedere ad altri, purtroppo. Anzi ne vado fiero. Quando sono arrivato l’azienda era un disastro, era in vendita. Il Governo non sapeva che farsene. Oggi ha un ottimo bilancio e ordini per 36 miliardi di euro. Io lascio questa dote e i miei migliori auguri».

Esce senza clamori. Rigoroso fino all’estremo (i suoi collaboratori hanno sempre temuto le cene in trasferta in cui lui proponeva le pizzerie più anguste), ironico, grande divoratore di libri e di giornali. «Io sono un pigro. Non mi piace viaggiare, eppure ho girato il Mondo. Non mi piace mangiare al ristorante, eppure potrei pubblicare una guida. Adesso mi gusterò il piacere di fare quello che mi piace fare: andare in campagna in Abruzzo, accendere il cammino, fissare le fiamme che ardono come quand’ero bambino. E poi con abbondante calma approfondiamo un po’ di argomenti. Guai a confondere la cronaca con la storia. Per ora mi fermo alla cronaca».

“L’Italia piange la scomparsa di Giuseppe Bono, storica guida di Fincantieri e figura di riferimento dell’industria italiana. Una dolorosa perdita per tutta la Nazione. Rivolgo ai suoi familiari le più sincere condoglianze da parte mia e del Governo italiano”, scrive su Twitter il premier Giorgia Meloni.

Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti commenta: «Con grande dispiacere ho appreso la notizia della morte di Giuseppe Bono. “Maiora premunt” mi aveva scritto appena qualche giorno fa, in un veloce scambio di messaggi. Le sue ultime parole, per quanto mi riguarda: anche in quel motto ho letto ancora una volta tutta la sua passione e amore per l’industria italiana».

Giorgia Iacuele

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