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Nasce il clero al tempo dei romani

L’Impero romano era, alla fine del IV secolo, in un periodo di forte crisi. Teodosio, imperatore di Oriente succeduto a Valente, fu ucciso in battaglia (cosa inaudita per un imperatore) ad Adrianopoli del 378. Le truppe imperiali vennero sconfitte dai Visigoti di Fritigerno, nella Tracia, la parte europea dell’attuale Turchia. La battaglia di Adrianopoli è stata una delle più grandi disfatte militari mai subite dall’Impero romano in tutta la sua storia. La sconfitta produsse ingenti perdite nei quadri militari romani e portò a numerosi saccheggi da parte dei Goti sia nelle campagne che nelle città romane. La situazione divenne sempre più critica e l’imperatore Teodosio si ritrovò con enormi problemi interni legati alla ricostituzione e riorganizzazione dell’Impero. Tra i problemi cui si doveva far fronte vi erano anche le lotte legate alla diffusione del cristianesimo, in quel periodo particolarmente vive. Lo stesso imperatore Costantino nel 313, pose fine alla persecuzione dei Cristiani e decretò il cristianesimo come una delle religioni ufficiali dell’Impero romano. Teodosio si spinse oltre e decise, nel 380, con l’Editto di Tessalonica, che il cristianesimo divenisse la religione unica e obbligatoria nell’Impero, pensando in tal modo di porre fine alle lotte interne tra le tre religioni esistenti: cristianesimo, ebraismo e paganesimo.

L’editto di Tessalonica rendeva dunque obbligatorio, per tutti i funzionari dell’Impero, di diventare cristiani facendosi battezzare, pena la decadenza dalla loro funzione e soprattutto dal potere ad essa associato. Ogni cittadino romano, se avesse voluto avere un ruolo riconosciuto nell’Impero, sarebbe stato spinto a cristianizzarsi. Anche i Goti, che popolavano vaste aree dell’Impero, erano divenuti prevalentemente cristiani da diversi decenni. Inoltre, nel 392, Teodosio emanò altri due editti, finalizzati a proibire i sacrifici e il culto pagano. Di fatto furono proscritte le religioni pagane e distrutti i templi greci poi in gran parte trasformati in chiese. I seguaci del paganesimo furono attaccati e assassinati in tutto il territorio imperiale; i libri greci vennero bruciati a migliaia e nell’anno in cui Teodosio bandì le religioni pagane, fu distrutto il tempio di Serapide di Alessandria che conservava ancora l’unica grande raccolta esistente di opere greche.

Di fatto l’editto di Teodosio, oltre che sancire la fine di tutte le religioni non cristiane dell’impero, ha provocato la fine della chiesa delle origini e la nascita di una chiesa completamente diversa bisognosa di gestire nuove e insperate ricchezze e potere politico. Questo ha provocato un cambiamento sostanziale nella chiesa delle origini. Essa si è dovuta dare rapidamente una struttura gerarchica e autoritaria per tenere insieme l’antico contenuto dottrinale cristiano e le nuove istanze politiche ed economiche. Nasce così il clericalismo ecclesiale. Anche l’iniziazione e l’ingresso nella chiesa subì un profondo cambiamento. Nelle prime comunità cristiane, a partire dagli apostoli che avevano direttamente conosciuto Cristo e via via nei primi tre secoli, i cristiani entravano nella chiesa attraverso un catecumenato. Il rito di iniziazione doveva provare il desiderio di una profonda conversione di vita. Viceversa dopo l’editto di Teodosio, sono entrati numerosissimi nuovi battezzati spinti non da una chiamata spirituale ma da convenienza economica. La chiesa delle origini, quella dei primi tre secoli dell’era cristiana, era costituita da gruppi di comunità nate prevalentemente negli aggregati urbani, a seguito della predicazione di apostoli itineranti nell’impero.

Queste piccole comunità erano costrette a svilupparsi nella clandestinità ed erano perseguitate dal potere romano. Dovevano affrontare violenze e spesso cruenti martiri che ne certificavano la grande fede e convinzione, vivendo nascoste nelle case (chiese domestiche) o nei sotterranei (catacombe usate anche come cimiteri) dove celebravano i riti dello spezzare il pane e della lettura dei vangeli o delle epistole dei primi apostoli cristiani. Tutti vivevano in povertà sperimentando anche una forma di comunione dei beni, come illustrato dagli Atti degli Apostoli di Luca (At 4, 32-35).

Dopo l’Editto di Tessalonica del 380 i Cristiani si sono improvvisamente trovati a gestire un importante potere politico e i loro capi, i vescovi, ad amministrare un immenso potere economico: gli vennero consegnate le basiliche ex pagane, terreni e ricchezze insieme alla gestione di un incalcolabile numero di cittadini romani (ma anche barbari) che si erano battezzati e quindi erano diventati cristiani ma senza alcuna convinzione o consapevolezza. Le comunità cristiane trovarono quindi al loro interno anche personaggi che di cristiano avevano ben poco, essendo persone provenienti dal paganesimo politeista e spinti “ope legis” a farsi battezzare. I capi delle chiese locali, cioè i vescovi, andavano perdendo sempre più i connotati di capi spirituali e religiosi assumendo invece quelli di amministratori del potere temporale e politico. A tale scopo si è passati da una gestione di tipo laicale a una basata su una casta specializzata clericale.

La chiesa primitiva era laica e tutti i ministeri non rivestivano alcun carattere clericale. Nelle prime comunità che si riunivano nelle domus, le chiese domestiche, erano i capifamiglia a spezzare il pane incarnando laicamente la figura sacerdotale del Cristo. Dopo l’editto di Teodosio ci fu una trasformazione da ministeri laicali a clericali. I laici sono rimasti esclusi, sono rimasti in stato di subalternità, sono stati sottratti loro quasi tutti ministeri. Da allora non vi è contributo laicale alle tre principali funzioni di ogni battezzato di essere re, profeta e sacerdote. Non alle decisioni (munus regale), non all’amministrazione dei sacramenti (munus sacerdotale) nè al magistero (munus profetico). Tutto ciò è avvenuto gradualmente, col passare dei secoli e l’intera struttura della chiesa alla fine è stata clericalizzata.

Oggi viviamo in una fase di transizione ove il processo di declericalizzazione è stato timidamente avviato con il Concilio Vaticano II. Ma la chiesa clericalista è ben lungi dall’accogliere con entusiasmo le riforme necessarie per cambiare le strutture dottrinali, giuridiche e liturgiche. Finché i battezzati e le battezzate non prenderanno coscienza di questo, non potranno riportare la chiesa alla sua originaria dimensione di laicità che era il tratto caratteristico dei primi secoli del cristianesimo.

Nicola Sparvieri

Foto © Capitolium

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