Natale di Roma
Amare considerazioni di uno storico
Il passo ritmato, non cadenzato, ma affatto privo di forza: un esercito attraversa la città. Ordinatamente separato fra legio e legio: L’Italica, la Fortis, la Victrix, la Partica, la Britannica…. ce n’è per tutti, anche per i sudditi della Console Merkel, che, in tunica bordata di beige, si danno da fare a dare spiegazioni, una volta all’arrivo dell’esercito al Circo Massimo, ai turisti del loro idioma.
Armi, cavalli, scintillii di metalli, strusciare di cuoiame e di teli, ondeggiare di insegne: … come eravamo. Faceva tremare il mondo, Roma, per la Civiltà. Antica da tempo quasi immemorabile, dal XIV° sec. prima di un Uomo che non la sentì mai nemica, anche se i suoi conterranei cercarono di usarlo contro di lei.
Una bambina paleolitica, sotto il Campidoglio, lo dimostra, rivelando che la Città da allora ha visto ogni genere di storie, e forse, riapparsa nel corso di un restauro della zona, vuole richiamare la sua gente allo spirito di nazione che dall’ultimo dopoguerra si è spento, incatenato alla ricchezza di un continente pernicioso. Che dire? Così come si cancellò Meucci, come si disse che la pizza era un’invenzione araba, come ci si bendò passando per le prime autostrade della civiltà, i primi stabilimenti di acque curative e no, alzando le spalle di fronte all’arte, e alla scienza della comunicazione. Fare l’elenco è compito arduo, gli argomenti sono numerosi e toccano tutti i settori della vita. Roma era fondata, anche in guerra, sulla Dea Fides, parola che si è perduta.
L’Urbe chiamò a sè tutte le città e le terre italiche, senza ridursi ad ultima di fronte a tutte per la Sanità, l’Ordine, l’Organizzazione, la Sicurezza, il Lavoro.
Ogni “cliente” non aveva bisogno di rubare o di elemosinare: qualsiasi Censore, Pretore o altro lo impiegava, il servo diligente diventava civis e poteva fare carriera dove voleva, protetto dal nome donatogli dal suo ex padrone. Ma poi venne una sorta di sindacalisti che si finsero seguaci di un Dio, o che finsero un dio, e Roma divenne debole e fu invasa e sconfitta, così come, dalla fine degli anni ’70, i denari di despoti rossi hanno fatto, rendendola in agonia, ferma all’elogio di Rutilio Namaziano. Una Roma di carta, di memoria, di sconforto.
Capitale di una Nazione ridotta, di conseguenza, come lei.
Ma che importa, c’è Internet, che, usato senza fine, fa schiavi tutti anche con i social, senza un “dominus” che dichiari libero, e rende schizofrenici i rapporti umani, ma culla e vizia pigrizia e malavoglia, isolando tutti in un informe sè, burattini di Istituzioni finanziarie sorelle.
Roma tradita, raggirata anche da un’elezione che vede probabilmente al governo chi ha perduto per scelta e volontà dei cittadini, e che ride beffardo, che sputa su di loro dopo averli rovinati, rovesciando ancora la loro decisione, aspettando bavoso di cancellare del tutto terra, città, civiltà.
Lo storico è solo, volutamente o no incompreso. Ma chiama tutti i concittadini alla riscossa, in nome della Fides che non muore.
Marilù Giannone