Ma cos’è esattamente l’Effetto Matilda e quali implicazioni ha? E soprattutto, qual è la storia della donna che gli ha dato il nome? “Effetto Matilda” è un’espressione coniata nel 1993 dalla storica Margaret W. Rossiter, per descrivere un diffuso pregiudizio sociale che impediva e ancora impedisce il riconoscimento dei risultati alle donne scienziate, il cui lavoro è spesso sottovalutato o erroneamente attribuito ai loro colleghi maschi.

La scelta del nome è un tributo alla suffragetta americana, abolizionista e libera pensatrice Matilda Joslyn Gage, uno dei tanti esempi di donne di tutte le discipline che hanno ricevuto meno credito e riconoscimento di quanto sarebbe spettato loro, se solo il loro contributo fosse stato analizzato in modo obiettivo. Il famoso romanziere L. Frank Baum, autore de Il meraviglioso mago di Oz, la descrisse come “la donna più talentuosa ed istruita del suo tempo”. Nata a Cicero, Illinois, Matilda è cresciuta in una casa che apparteneva alla rete clandestina di sostegno agli schiavi. Nonostante la sua salute fragile e la situazione economica precaria, fin da giovanissima Matilda si è dedicata anima e corpo alla difesa dei diritti delle donne attraverso i suoi articoli femministi, che sono stati pubblicati su numerosi giornali. Ogni edizione dei suoi saggi era preceduta da una frase attribuita al collega scrittore britannico Edward Bulwer-Lytton, “La penna è più potente della spada”. Senza dubbio, Matilda era determinata a condurre una battaglia di idee progressiste attraverso la scrittura. Presidente dell’Associazione nazionale per il suffragio femminile dal 1875 al 1876, ha servito per due decenni come Presidente e Vicepresidente del Comitato Esecutivo.

È interessante notare come alcuni media che hanno recentemente riflettuto su questo tema, per analizzare in profondità questo tipo di discriminazione, siano partite da premesse come “cosa sarebbe successo se Einstein fosse nato donna”, ma in verità, come in molti altri casi, questa ipotesi rappresenta una realtà. Einstein è nata donna: il suo nome era Mileva Marić e ogni volta che ricordiamo la sua storia, il dibattito sul suo possibile e taciuto contributo alla formulazione della teoria della relatività del venerato Albert Einstein si accende di nuovo. Mileva era, come tante altre donne, una brillante fisica rimasta all’ombra del marito e che ha dovuto fare i conti con le disuguaglianze e i pregiudizi subiti dalle scienziate nel suo secolo. A proposito, per chi è interessato a saperne di più su di lei, qui raccontiamo la sua storia.

Ma la matematica e fisica serba prima moglie del noto scienziato è solo uno degli esempi più noti, e la prova di questa dinamica discriminante è proprio la mancata notorietà di queste importanti figure femminili. Benché tutti sembriamo conoscere la succosa storia di Marie Curie, che fu la prima a vincere due premi Nobel, ci sono state innumerevoli donne nel corso della storia che, a causa dell’“Effetto Matilda” che descriviamo oggi, hanno attraversato il proprio tempo senza essere riconosciute come meritavano. Oggi ne ricorderemo solo alcune: come per esempio colei che ha scoperto la fissione nucleare, la fisica austriaca Lise Meitner, considerata “la madre della bomba atomica”, stranamente sconosciuta al di fuori dei circoli scientifici. Altrettanto ignota ai più è la matematica tedesca Emmy Noether, nonostante sia stata una pioniera delle scienze matematiche e il suo lavoro abbia avuto un notevole impatto sulla statistica moderna, sulla robotica o sulla biologia.

E anche tuttora, più di un secolo dopo l’esistenza di figure geniali come Meitner e Noether, continua a succedere qualcosa di simile, tanto che giornalisti non specializzati devono fare uno sforzo per trovare fonti che riportino i risultati delle grandi scienziate contemporanee: avete sentito parlare di Katie Bouman, la scienziata che ha scattato la prima fotografia di un buco nero? O dell’astrofisica turca Burçin Mutlu-Pakdil, che ha recentemente scoperto un nuovo tipo di galassia? Molte persone scopriranno ora, per la prima volta, queste persone così importanti per il progresso dell’astrofisica moderna. Purtroppo ancora oggi, per via di un’eredità culturale patriarcale, si pensa che certe occupazioni o determinati ambiti di lavoro siano “cose da uomini”, e il campo della scienza e della tecnologia continuano in un modo o nell’altro a subire in modo particolare l’influenza di questi pregiudizi obsoleti.

Insomma, raggiungere una maggiore parità nei settori della scienza e della tecnologia rappresenta ancora adesso una sfida e dovrebbe essere una priorità per la nostra società tutta. Dobbiamo sostenere le vocazioni scientifiche e tecnologiche tra le ragazze e offrire loro strumenti e riferimenti per ridurre gradualmente il divario tra uomini e donne in queste discipline.

Ecco perché oggi si celebra la Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza – una data stabilita dall’UNESCO e da UN Women, in collaborazione con istituzioni e partner della società civile: per promuovere l’accesso delle donne a questi campi di ricerca e professionali, e per raggiungere la piena ed equa partecipazione alla scienza per le donne e le ragazze, oltre che per promuovere la parità di genere e l’emancipazione di ragazze e donne in generale. Nonostante al momento le donne rappresentino meno del 30% dei ricercatori scientifici nel mondo, secondo i dati UNESCO, le cose stanno cambiando poco a poco: bisogna continuare a impegnarsi per creare maggiore consapevolezza e reali opportunità per donne e ragazze e per far crescere quel numero nei prossimi anni, fino a raggiungere un più giusto e realistico 50%.