Skip to main content

Norma Cossetto, una vittima fra mille altre

Lo sceneggiatore di un ottimo film, già commentato dalla presente testata, “La Storia d’Italia” , Antonello Belluco, riporta alla memoria con un’altra opera una giovane donna istriana, Norma Cossetto.

Norma potrebbe essere figlia, sorella, amica a chiunque legga, per età ed attitudini: studentessa ventenne, innamorata della vita, con un sogno per il futuro. Una vita leggera spezzata bestialmente dalla brutalità comunista che l’ha torturata ed uccisa nella sua terra italiana perchè l’Istria faceva gola ai delinquenti stranieri. Già il Fascismo era tramontato, in quel 1943, già l’8 settembre era passato, nessuna ragione di guerra portava quei passi di sterco sulle Alpi Istriane, semmai la guerra ammetta torture e morte ad una studentessa indifesa e lontana da ragioni politiche. Pura maligna voglia di distruzione.

Belluco ha , anche questa volta, riportato punto per punto la verità e l’orrore di quel fatto: sequestrata come altri mille e mille giovani, uomini e donne, dagli stalinisti di Tito, incapaci, da sinistri assassini, di lottare a viso aperto, ma perfetti per sfogare vigliaccamente l’animalesca consistenza su chi è inerme, Norma è stata lungamente torturata, violentata e buttata nelle foibe ancora viva, legata ad altri giovani e vecchi con un fil di ferro, per il solo fatto di essere come questi italiana: e questo particolare, se il pensiero fugge l’orrore per trovare una causa, ritorna a metterglielo di fronte, con la ripetizione assurda del vocabolo di Nazione: “..italiano…italiano…” l’ennesima e mai spenta invidia per l’Italia e le doti dei suoi cittadini.

Ma ciò che fa venire i brividi è il silenzio schifoso durato sessanta anni su questo ed altri innumeri misfatti: fino a poco tempo fa di foibe non si doveva parlare, e neanche i testi scolastici avevano una parola in proposito. Il sorriso di Nilde Iotti, la smorfietta di Togliatti, le carni sfatte e vili di chi fa esempio alla parola prete parlavano di pace, di arcobaleni ancheggianti, di martirio: quale? quello che gli aguzzini stessi ai comandi perseguivano indifferenti e mistificatori.

Non c’è nulla che possa nè scusarli, nè ammettere che essi erano esseri umani, niente che possa rammentarli con indifferenza: è a loro che bisogna applicare la damnatio e depennarli dal novero di viventi.

Resta solo la figura, emblema di italiana e di martire, di Norma Cossetto, alla quale va l’ ammirazione oltre la medaglia d’oro, perchè sia punto di riferimento per tutti, anche di un Papa così pronto a piangere per far politica intenzionata. Resta una cittadina più che illustre, spazzata via da chi non vuole che l’Italia sia viva e forte, adesso tornata alla luce della consapevolezza.

Che si gridi di lei, degli altri innocenti che ancora, irriconoscibili, dormono nei pozzi delle foibe: Norma è una medaglia splendente della bandiera, è l’evidenza che da tempi paleolitici l’Italia fiorisce in Istria, assurge a testimone di vera civiltà, immortale anche se ferita, eterna nella sua bellezza e nel disfacimento dell’altrui cartamoneta. Togliete alle moderne statue del Governo quei buffi ed inutili musi di pseudodonne, quelle che femminilizzano istituzioni e vanno a nascondersi di fronte ad uno stupro, togliete le erme di comodo, i busti di interessate comari: esempio e rappresentante della vera e florida Italia è lei, Norma, con il suo dolore, con il suo trionfo nella terra e nel cuore d’Italia.

Marilù Giannone