Nostalgia del XXVIII Ottobre
NOSTALGIA della MARCIA su ROMA ?
Sì al Museo di Predappio che studi e racconti davvero il Fascismo !
__________________ di FRANCO D’EMILIO
A quasi un mese dalla ricorrenza della Marcia su Roma ecco che la memoria di quel fatidico 28 ottobre 1922 riaccende il contrasto tra fascismo e antifascismo con espressioni, spesso, di reciproca acuta ostilità, spinta anche da un moto di nostalgia: da una parte, nostalgia di chi rimpiange il Ventennio, dall’altra nostalgia di chi rimpiange che la resistenza non si sia tradotta in una efficace, duratura “bonifica” della società, della politica italiana dalla persistente presenza e professione di idee, comportamenti, legati al ricordo, se non addirittura al culto, del trascorso regime.
Così, in prossimità della data della Marcia su Roma, torna, ancora più esasperato, il tema della nostalgia e, soprattutto, dei nostalgici del fascismo, magari in visita a Predappio per un omaggio ai luoghi natali e alla tomba del Duce, esibendo simboli, pure nell’abbigliamento, e saluti di chiara celebrazione fascista, affollando negozi di souvenir storici, non sempre apprezzabili per il loro messaggio.
Ma perché questa nostalgia apologetica del fascismo? Quale la sua ragione?
La nostalgia è una condizione psicologica di tristezza, in modo particolare di rimpianto per la personale lontananza da persone o luoghi a noi cari o, e questo è il nostro caso, da avvenimenti trascorsi che vorremmo rivivere: in quest’ultima evenienza la nostalgia del fascismo si colloca nel rapporto tra l’identità individuale e quella collettiva ovvero tra cittadino e politica, quindi esprime una forma di opposizione ad una realtà politica presente, ritenuta mediocre, difficile a viversi: il nostalgico fascista, ormai, perlopiù, in un’età che esclude il suo coinvolgimento diretto nell’era in camicia nera, compie un “ritorno al passato” per celebrare, in realtà, se stesso attraverso l’esaltazione di un tempo trascorso che, pur controverso e difficile, a lui pare congeniale per soddisfare la sua identità, soffocata dalla società circostante.
Il nostalgico, non solo quello fascista, pensate a taluni irriducibili comunisti, è una persona che cerca un ruolo, la motivazione di un suo impegno e, perché no, visibilità nel proprio contesto sociale, dunque esprime una condizione antropologica che non va repressa, magari sanzionata con maldestre leggi “fianesche”, ma va sollecitata al confronto delle sue ragioni con quelle opposte.
Questo confronto non vi è mai stato, nessuno mai lo ha sollecitato, a troppi è convenuto e, tuttora, conviene che persista quel clima di aspra separazione culturale e politica, residua conseguenza della tragica guerra civile tra fascismo e antifascismo. Questo confronto non vi è stato perché sul Ventennio ha taciuto e, in parte, ancora tace la scuola con i suoi programmi tanto frettolosi, incompleti sulla più recente nostra storia contemporanea, soprattutto ispirati alla manichea distinzione che il fascismo sia stato solo male assoluto e l’antifascismo il bene, alla fine trionfante.
Questo confronto non vi è stato perché fino agli anni ’70 gli storici non hanno reso un racconto, un’analisi del regime fascista che fosse davvero imparziale, oggettiva, il che non vuol dire ridurre o mutare il giudizio storico, ma significa principalmente renderlo più motivato: accanto ai peccati gravi del fascismo perché sottacerne, qui sta il coraggio dello storico, i meriti? Quella fascista fu, sì, una dittatura pesante, liberticida, ma fu una dittatura moderna, fortemente innovativa sul piano economico, sociale, culturale ed educativo, superfluo, in proposito, indicare qui tutti i provvedimenti del regime. Questo confronto, ancora, non vi è stato perché altrimenti, soprattutto a sinistra, si sarebbe dovuto riconoscere come l’identità nazionale sia trascorsa, mutando e crescendo, attraverso le vicende del Ventennio, come il modello di omologazione degli uomini e delle coscienze, imposto dal fascismo, abbia comunque offerto un modello concreto, pur se discutibile, di riscatto per tanti italiani, prima in condizioni sociali molto svantaggiate.
Ecco perché, dopo tutte queste considerazioni, non può accogliersi tanta contrarietà al possibile Museo del Fascismo a Predappio che studi e approfondisca il racconto di un periodo tanto discusso e controverso della nostra storia.
Diversamente, avremo solo ancora nostalgia e nostalgici del passato per la complice omertà della storia, delle istituzioni, degli italiani liberi che preferiscono tacere.
Forlì, 27 settembre 2017