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Nostra Signora della Santa Morte

Oltre 10 milioni di persone nel mondo venerano la Santa Muerte, divinità Messicana di origine Azteca.

 

Santa Morte o meglio Santa Muerte, Nuestra Señora de la Santa Muerte, chiamata con vezzeggiativi come Niña Blanca (bimba bianca) o la Flaquita (la magrolina). Una divinità Messicana ancora venerata, per la precisione una rivisitazione dalla dea Azteca Mictecacihuatl con elementi di Santeria, del Palo Mayombe Africano degli Yoruba già modificato dall’originale perché proveniente dai vicini Caraibi e altri elementi pagani degli Aztechi e Mexicas. Immaginata con le sembianze di uno scheletro, da un lato riprende la raffigurazione medievale della madonna con vesti lunghe e dall’altro come la morte nell’ideale europeo munita di falce, come mietitore di anime.

Fenomeno sviluppato inizialmente in Messico, poi propagato negli USA ed in America Latina fino sconfinare in tutto il mondo, attualmente conta un numero di oltre 10 milioni di fedeli. Era stata una fede clandestina repressa dalla chiesa, fin quando negli anni ’60 apparve, secondo la leggenda, a un popolano di Veracruz che diresse il culto. Divenne famosa a livello locale a Città del Messico, nel difficile quartiere di Tepito, quando iniziò a essere esposta a grandezza naturale da una ristoratrice alla fine degli anni ’90. L’immagine di un scheletro di donna vestita da morta era matrialcamente ereditata da parecchi locali, a dimostrare di come un culto di derivazione azteca sia sopravvissuto in clandestinità per centinaia di anni.

Nei barrio popolari di Zocalo e Tepito ci sono altari per strada con la Santa Muerte vestita in ogni modo, contornati da sigari, sigarette, marijuana, tequila e tanto cibo. In Via Alfareria 12, una via di Tepito, è presente il più celebre tempio dedicato alla santa. Sono in vendita statue della dèa, rappresentata con la falce, con una bilancia accompagnata da un gufo, alata, con clessidra, con arco e frecce, nella raffigurazione della pietà di Michelangelo, in cinta e in moto. Anche se sono i colori che assumono importanza, ogni colore indica un potere di protezione: nero per la protezione dai pericoli, rosso per l’amore, verde per problemi legali, dorata o gialla per l’economia, ed una variante con i sette colori insieme detta, appunto, dei 7 poteri. Ogni inizio del mese nel suo santuario principale viene svolto un rito per ingraziarsela.

I media hanno screditato molto la figura definendola la dea dei narcotrafficanti e della polizia corrotta, ma almeno in Messico non è così. Proprio per questo appellativo le offerte alla Niña sono svolte pubblicamente. Tali informazioni sono circolate dopo le perquisizione dei signori dei cartelli della droga, molti dei quali possedevano statue.
Così la Santa Muerte ha iniziato negli ultimi decenni la sua diffusione soprattutto dopo la fine della crescita economica degli anni ’60 e ’70, quando lo stato crollò in una crisi che si credeva senza alcuna speranza di uscita. La chiesa cattolica ha operato molte iniziative per contrastarla, definendolo un culto di matrice satanico. Malgrado tutto non è riuscita a fermarla. Il Messico è un paese molto fervente dal punto di vista religioso, i Messicani si definiscono cattolici, però credono che la religione li difenda solo spiritualmente, la Santa Muerte invece li difende dal resto e così venerano la morte, come la definirono i primi decreti cattolici che l’abolivano. La morte come l’inevitabilità che regge giustizia, concede soldi e protezioni a uno dei popoli più poveri del mondo.
I divieti cattolici in Messico non si limitano solo alla Santa Muerte. La Flaquita è quella con più devoti nel mondo, ma nello stato centroamericano Jesus Malverde, una sorta di mariachi è il più venerato, con lui anche altri santi non riconosciuti come San Judas Tadeo, La Madonna di Guadalupe e addirittura il bandito che prese parte nella rivoluzione messicana Pancho Villa. Tutti santi resi tali dal popolo, tutti benefattori dei diseredati, contro la violenza e la povertà.

Ciò che avviene in Messico non è un fenomeno solo locale, se si dovesse fare un resoconto sembra che la chiesa, che in passato ha tentato di reprimere con la forza ciò che non era cristiano, ha fallito. Tra poco aprirà un tempio a Thor in Islanda, nei paesi Baltici stanno riprendendo i culti pre cristiani. Ogni paese latinoamericano ha santi popolari venerati quanto quelli cattolici, Maria Lionza in Venezuela, l’Ekeko in Perù, i vari Orishas del Candomblè Brasiliano e i vari Exus e Pomba Giras della Quimbanda Brasiliana e gli innumerevoli Loa Haitiani. Sono tutti culti popolari passati, che sopravvissero, alcuni  con sincretizzazoni fino ai giorni d’oggi. Certo per la loro diffusione e riscoperta i tempi migliori sono quelli attuali: l’instabilità economica e una maggiore libertà d’espressione includono a rivalorizzare le credenze del passato, anche se il retaggio culturale di queste persone rimane sempre cristiano.

om Enrico Paniccia

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