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Orfeo e l’orfismo

Canta canta ma verrà il tempo in cui smetterai per sempre.

Orfeo (in greco antico: Ὀρφεύς Orphéus, pronuncia or.pheùus in latino Orpheus) è un personaggio della mitologia greca, fondatore e figura chiave dell’orfismo. E allo stesso tempo l’artista per eccellenza ma anche lo sciamano, capace di incantare animali alberi o pietre a compiere il suo volere per compiere il suo viaggio tra la vita e la morte. Nel suo mito convivono amore e arte in un perfetto connubio con l’elemento misterico.

Orfeo è la figura centrale dell’Orfismo, una tradizione religiosa che, per prima nel mondo occidentale, introduce la nozione di dualità fra corpo mortale e anima immortale.

Origini del mito

Figlio della Musa Calliope e del sovrano tracio Aegro (o forse dello stesso Apollo) , appartiene alla generazione precedente degli eroi che parteciparono alla guerra di Troia, tra i quali ci sarebbe stato il cugino Reso. Egli, con la potenza incantatrice della sua lira e del suo canto, placava le bestie feroci e animava le rocce e gli elementi della natura.

Orfeo fonde in sé gli elementi di Apollo e Dionisio come figura apollinea è il figlio o il pupillo del dio Apollo, che ne protegge le spoglie, è un eroe culturale, benefattore del genere umano, promotore delle arti umane e maestro delle arti divine; in quanto figura dionisiaca, egli gode di un rapporto simpatetico con il mondo naturale, di intima comprensione del ciclo di decadimento e rigenerazione della natura, è dotato di una conoscenza intuitiva e nella vicenda stessa vi sono evidenti analogie con la figura di Dioniso per il riscatto dagli Inferi secondo il diagramma Orfeo per Euridice e Dionisio per Semele (la madre). Orfeo domina la natura selvaggia e può addirittura sconfiggere la morte temporaneamente (anche se alla fine viene sconfitto perdendo la persona che doveva salvare, a differenza di Dioniso).

Imprese e morte di un mito

Secondo la mitologia classica, Orfeo prese parte alla spedizione degli Argonauti: durante la spedizione Orfeo diede innumerevoli prove della forza invincibile della sua arte, salvando la truppa in molte occasioni; con la lira poteva far salpare la nave quando era in difficoltà coi venti, poteva dare coraggio a chi lo aveva perduto, addormentare draghi o battere il potere ammaliante delle sirene con la loro stessa moneta.

La sua fama è legata però soprattutto alla tragica vicenda d’amore che lo vide separato dalla driade Euridice, che era sua moglie. Come Virgilio narra nelle Georgiche, Aristeo, uno dei tanti figli di Apollo, amava perdutamente Euridice e, sebbene il suo amore non fosse corrisposto, continuava a rivolgerle le sue attenzioni fino a che un giorno ella, per sfuggirgli, mise il piede su un serpente, che la uccise col suo morso. Orfeo, lacerato dal dolore, scese allora negli inferi per riportarla nel mondo dei vivi. Raggiunto lo Stige fu fermato da Caronte: Orfeo, per oltrepassare il fiume, incantò il traghettatore con la sua musica. Sempre con la musica placò anche Cerbero come guardiano dell’Ade.

Una volta raggiunta la sala del trono degli Inferi, Orfeo incontrò Ade(Plutone) e Persefone(Proserpina).

Ovidio racconta nel decimo libro delle Metamorfosi come Orfeo per addolcirli, diede voce alla lira e al canto. Il discorso di Orfeo fece leva sulla commozione, richiamando alla gioventù perduta di Euridice e l’enfasi sulla forza di un amore impossibile da dimenticare e sullo straziante dolore che la morte dell’amata gli ha provocato. Orfeo assicurò anche che, quando fosse venuta la sua ora, Euridice sarebbe tornata nell’Ade come tutti. A questo punto Orfeo rimase immobile, pronto a non muoversi finché non fosse stato accontentato tanto che accettarono sia le due divinità che le loro diavolesse Erinni a che lui riportasse in terra la sua amata.

Essi posero però la condizione che Orfeo avrebbe dovuto precedere Euridice per tutto il cammino fino all’uscita dell’Ade senza voltarsi mai all’indietro. Esattamente sulla soglia degli Inferi, temendo che lei non lo stesse più seguendo, Orfeo non riuscì più a resistere al dubbio e si voltò per assicurarsi che la moglie lo stesse seguendo. Avendo rotto la promessa, Euridice viene riportata all’istante nell’Oltretomba.

Orfeo vide scomparire Euridice e si disperò, sapendo che non l’avrebbe mai più rivista. Decise allora di non desiderare più nessuna donna dopo la sua Euridice. Tornato sulla terra, espresse il dolore fino ai limiti delle possibilità artistiche, incantando nuovamente le fiere e animando gli alberi. Pianse per sette mesi ininterrottamente, secondo Virgilio, mentre Ovidio riduce il numero a sette giorni. le donne dei Ciconi videro che la fedeltà del Trace nei confronti della moglie morta non si piegava; allora, in preda all’ira e ai culti bacchici cui erano devote, lo fecero a pezzi e ne sparsero i resti per la campagna. La sua testa, insieme alla sua lira, vengono gettate nel fiume Evros.

La testa di Orfeo cadde proprio sulla lira galleggiante, continuando a cantare soavemente. Zeus, toccato da questo evento commovente, prende lo strumento e lo pone in cielo, formando una costellazione. Secondo quanto afferma Virgilio nel sesto libro dell’Eneide, l’anima di Orfeo venne accolta nei Campi Elisi.

Orfismo come movimento religioso misterico di Apollo.

L’orfismo è un movimento religioso misterico, sorto in Grecia, all’incirca nel sesto secolo a.C. , la figura di Orfeo dovrebbe essere quella del fondatore.

La figura di Orfeo dovette essere inoltre collegata a quella di un antico “missionario” greco in terra tracia che vi perse la vita nel tentativo di trasferire il culto di Apollo. Due elementi fondanti delle dottrine orfiche:

  1. la credenza nella divinità e quindi  nell’immortalità dell’anima, la quale è “caduta” a causa della originale dei Titani che hanno divorato una prima incarnazione del dio Dionisio (da cui ad esempio la credenza di non mangiare carne in questo culto).
  2. Da questa prima considerazione nasce la considerazione che, al fine di evitare la perdita di tale immortalità o finire nella continua rinascita in stati di sofferenza, vi sia la necessità di condurre un’intera vita di purezza per ottenere l’accesso ad una vita ultraterrena felice.

Orfismo secondo Eric R. Dodds

Nell’Orfismo si riscontra per la prima volta un inequivocabile riferimento a un'”anima” (ψυχή, psyché), contrapposta al corpo (σῶμα sōma) e di natura divina.

Dodds pone l’analisi di alcuni personaggi, degli ἰατρόμαντες (“iatromanti”), veggenti e guide religiose, che, come Abari, giunsero dal Nord in Grecia trasferendo il culto di Apollo Iperboreo; o anche di alcuni Greci come Aristea

Altri miti, altre fonti.

Secondo altre fonti quando Dionisio invase la Tracia Orfeo si rifiutò di onorarlo muovendo invece i suoi fedeli ad altri misteri condannando soprattutto i sacrifici umani. Dionisio allora chiesero alle Menadi, sacerdotesse tra le mogli dei traci, di far vendetta e uccisero Orfeo nel recinto sacro di Delo in Macedonia.

Le muse piangenti raccolsero le membra di Orfeo e le seppellirono a Libetra, ai piedi del monte Olimpo; gli altri dei giudicarono le Menadi colpevoli e solo il fatto che Dionisio le trasformò in alberi le salvò dalla vendetta divina. Da allora le mogli dei Traci vennero tatuate per evitare per punirle ed evitare future uccisioni di sacerdoti.

La costellazione della Lira in entrambi i casi è un modo in cui l’opera di Orfeo viene ricordata dagli dei olimpici.

Evoluzione del mito.

Il mito di Orfeo nasce forse come mito di fertilità, come è possibile desumere dagli elementi del riscatto della Kore e dello σπαραγμος (sparagmòs) al greco antico “corpo fatto a pezzi” che subisce il corpo di Orfeo, elementi che indicano il riportare la vita sulla terra dopo l’inverno.

Nel discorso di Fedro, contenuto nell’opera Simposio, Platone inserisce Orfeo nella schiera dei sofisti, poiché utilizza la parola per persuadere, non per esprimere verità; egli agisce nel campo della doxa, non dell’ episteme. Inoltre, non può essere annoverato tra la schiera dei veri amanti poiché il suo eros è falso come il suo logos. La sua stessa morte ha carattere antieroico poiché ha voluto sovvertire le leggi divine penetrando vivo nell’Ade, non osando morire per amore.

Apollonio Rodio inserisce il personaggio di Orfeo nelle Argonautiche, presentato anche qui come un eroe culturale, fondatore di una setta religiosa. Il ruolo attribuito a Orfeo esprime la visione che del poeta hanno gli alessandrini: attraverso la propria arte, intesa come abile manipolazione della parola, il poeta è in grado di dare ordine alla materia e alla realtà; a tal proposito è emblematico l’episodio nel quale Orfeo riesce a sedare una lite scoppiata tra gli argonauti cantando una personale cosmogonia.

foto   national geographic storica                                           ©Francesco Spuntarelli